La ricerca della verità ermetica
È bene che in poche parole io renda più chiaro il concetto fondamentale di metodo della nostra SCHOLA e lo spieghi nel suo valore scientifico.
I
Errori del metodo oggettivo
In fatto di studi psichici l’opinione generale è che i fenomeni di qualunque ordine e grado emanati dalle potestà dei centri nervosi in individui malati secondo la scienza profana, o in individui sensibili e atti a servire da mezzo o medio a entità spirituali e non materializzate, secondo i psicologi spiritualisti, debbano potersi controllare obiettivamente in sessioni garantite dalla più severa scrupolosità e onestà dei componenti.
Un uomo annunzia di poter muovere senza contatto un cappello o che, caduto in trance, può fare apparire una mano; ed ecco dieci persone, o curiose o scettiche, ognuna col proposito di voler arricchire la sapienza umana di una prova inconfutabile dell’esistenza degli spiriti o degli imbrogli si riunisce per provare.
Che cosa fanno i giudici osservatori?
Invitano a ora determinata il preteso medio in una casa che offra le massime garanzie di non farsi menare pel naso dall’astuzia di un avventuriero e cominciano col provocarne lo stato speciale di nevrosi che precede le manifestazioni vere o credute tali e quindi a esaminare se i fenomeni che si presentano debbano accettarsi come prodotti senza malizia.
Ordinariamente i giudici si dividono in un’assemblea stessa in due campi: i creduli, che vanno col preconcetto che la scienza profana ha torto nel non accettare per vere le cose annunziate, e gli increduli che hanno un altro preconcetto: che i fenomeni non esistono che per la difficoltà di scoprirne il trucco in certi casi più clamorosi.
I creduli, a loro volta, si suddividono in una parte che crede nei fenomeni di origine nervosa, semplicemente meccanici, animati dall’intelligenza dell’ammalato di istero-epilessia caratteristica, e in un’altra parte che aspetta la comunicazione dei viventi con gli spiriti dei morti, cioè con le anime che non hanno più un corpo fisico.
Ormai da trent’anni la letterature speciale si è consolidata con enorme produzione di verbali, di polemiche, di riviste, di libri e vi figurano i nomi illustri di tutto il mondo civile.
Tutti sanno la storia di Eusapia Paladino, ne sono istruiti anche i meno curiosi di questi studi; ma dopo che la povera donna è stata per trent’anni sballottata da tutte le mani della scienza psichica internazionale, il consenso unanime, inconfutabile sul vero valore delle apparizioni e delle potestà dell’Eusapia manca. Io credo di sì, l’altro è nel dubbio, il terzo è negativo, il quarto dice che non è vero neanche che Eusapia esiste... A che sono serviti i verbali e il resto?
La prima e più semplice idea che spunta nella testa di un lettore di verbali, indifferente a che la cosa sia vera o no, indifferente a che la scienza profana sia convinta di aver torto o che si consolidi nella sua incredulità, è l’aforisma di Cagliostro: per conoscere la cosa, bisogna essere la cosa che si vuol conoscere, il quale è un aforisma ermetico dell’autoispezione che oggi fa parte della psicologia sperimentale. Chi meglio dell’Eusapia Paladino può sapere se nella sua vita si è corbellata di mezzo mondo o se sul serio ha fatto e fa l’acrobatismo fluidico? (1)
Dunque lo studio obiettivo di fenomeni tali che coinvolgano la psiche o l’anima di una media non ha portato gli effetti voluti e il controllo tanto aspettato si è risolto in apprezzamenti diversi per molteplici ragioni:
1 – La neutralità del giudice, come ho esposto nella Porta Ermetica, manca quasi sempre nell’esame della fenomenologia isterica dei medii: a) perché i fenomeni di origine nervosa scaturiscono da centri di una potenza fuori la comune e irradianti un movimento magnetico che, positivo di fronte ad alcuni dei membri del giurì, è negativo verso altri per omogeneità o per volontà; quindi non vi è seduta in cui un medium da sperimentare non conquisti alcuni dei componenti e non respinga altri; i primi sono parte integrante del fenomeno o dei fenomeni, come i secondi sono l’ostacolo o la resistenza ai fenomeni stessi; b) perché l’irradiazione nervosa dei centri esaltati del medio per le due proprietà positive e negative che sviluppa nella sua azione, diventa comunicativa nei due sensi, per lo meno alla parte più impressionabile degli spettatori; e nell’un senso o nell’altro genera uno stato comunicativo in essi tanto da alterare il successo probabile e beneficio della doppia corrente creata automaticamente.
2 – La medianità di un soggetto, o quel che comunemente si chiama così, non è uno stato psichico o nervoso che si ottiene a volontà, specialmente dalle persone ignoranti delle leggi occulte dell’anima materiale degli uomini, tal quale come i fenomeni celesti che gli astronomi non provocano, ma osservano quando vi possono assistere.
Gli osservatori e studiosi col metodo oggettivo devono provocare a ora voluta uno stato di essere del medium che sta allo stato spontaneo come l’artificio sta alla natura. I fenomeni che ne risultano e il loro esame sono in rapporto alla verità come la provocazione sta alla spontaneità. (2)
3 – L’ambiente in cui i fenomeni di una medianità qualunque si esplicano è parte del fenomeno stesso e, negli esperimenti premeditati, i medii ne subiscono l’influenza positivamente o negativamente. (3)
4 – L’influenza morale degli spettatori sul soggetto di produzione è tale che il carattere suggestivo di ciò che si va a manifestare è un fattore principalissimo del fenomeno o del trucco nei movimenti spontanei o automatici.
II
Differenza tra ascetismo ed ermetismo nell’ascenso soggettivo
Fin da quando scrissi gli Elementi di Magia Naturale e Divina, io insistei nella pregiudiziale che il metodo sperimentale delle scienze fisiche non è atto a dare un risultato pratico nello studio dei fenomeni dell’anima umana. Gli errori sono identici a quelli che si produrrebbero se i fenomeni del campo delle scienze naturali si dovessero controllare coi ragionamenti sentimentali dei novellieri o con i versi e le strofette dei poeti. La psicologia sperimentale oggi ha fatto dei progressi rapidi, ma conservando i nei della sua origine di filosofia dei fenomeni naturali coi metodi dell’esperienza di laboratorio, quando la materia da studiare è di origine tanto mutevole che le classifiche, i pareri, i ragionamenti non esplicano spesso neanche le condizioni transitorie morbose dei soggetti e delle cause dei disordini degli isterici e degli epilettoidi e se ne conosce per quanto se ne può attribuire all’eredità e alle occasioni o pretesti fisici e morali.
Escludendo quindi come enormemente imperfetto questo metodo obiettivo il quale non verrà mai a conclusioni certe sulla effettività e la realizzazione dei poteri integrativi dell’uomo, resta il metodo soggettivo da esperimentare fin dove possiamo arrivare, integrando i nostri poteri animici per ottenere dei risultati certi in un campo inverosimile per comune degli uomini.
Questo metodo di autoispezione, o metodo di investigazione soggettivo, fu il metodo degli antichi filosofi e della iniziazione sacerdotale.
E su questo devo fermarmi un poco per determinare bene ed esattamente ciò che voglio dire e non generare confusioni e cavilli che, come calze elastiche, si adattano a tutte le gambe.
Il metodo soggettivo, scientificamente ed ermeticamente inteso, non è la via per diventare u asceta o un credente; i religiosi, gli uomini che hanno fede in Maometto o in Cristo, che si preparano secondo il metodo prescelto alla conquista dell’eternità, non seguono un metodo di introspezione soggettiva perché il carattere dell’uomo di fede è di seguire l’esempio per conseguire il premio nell’eternità; invece il metodo di investigazione scientifica soggettiva è di avere coscienza di ogni passo in avanti e la cognizione esatta dei mezzi più omogenei alla provocazione di uno stato sentito che è fuori del comune. (4)
Il religioso nel senso preciso della fede deve attribuire tutto ciò che può ottenere alla elargizione per grazia di Dio o di un Nume. Lo spirito di santità religiosa subordina la propria unità pensante alla volontà esteriore del padrone di tutte le cose; gli israeliti su questo argomento sono come i cristiani e i maomettani.
Geremia predicava allora come i santi cristiani del medio evo: Maledetto sia l’uomo che ha fede in sé – Benedetto sia l’uomo che pone ogni speranza in Dio. Basta leggere i salmi penitenziali, gli stessi che si recitano nei breviari romani, per capire psicologicamente come l’uomo di fede sia diverso dall’uomo di scienza.
Nei salmi il religioso si dichiara: io sono un vaso immondo. Le mie piaghe sono fetide, io sono il disprezzo. Nel salmo XLIII dice: non avrò fede nel mio arco e la mia spada non mi salverà, ma tu, o Geova, che sei il mio padrone. I maomettani riferiscono tutto ad Allah: ciò che Allah ha scritto è e sarà; che vale affrettarsi?
Ora la via dell’ascenso religioso, via isiaca e passiva, non ha da fare col nostro metodo soggettivo, esame di sé e in sé per reintegrare i poteri possibili all’uomo; né è da sperare con questo metodo, come vogliono gli Imitatori di Cristo alla Tommaso da Kempis, che il maestro spunti in noi, perché in noi non spunta niente altro che la ragione e l’intelletto umano, quando non siamo uomini di fede. Gli Imitatori di Cristo, se hanno fede e vera fede, si iniziano all’ascenso religioso.
Sdoppiando la propria individualità, la più elevata della quale parla a nome di Cristo o di Maestro, l’altra ascolta e si umilia. È la via del paradiso in tutte le religioni di oriente e dell’occidente, quando non è la via del manicomio o della delinquenza per esaltazione isterica.
Il metodo soggettivo non ha niente di comune con le religioni vecchie e nuove.
L’uomo è quello che è. L’uomo non è un angelo, né un pappagallo. L’uomo ha tanto valore come unità propria per quanto ha conosciuto e sa, anche se apparentemente obliato, per quanto il suo Ermes penetra le cause naturali e ne facilita le applicazioni.
L’anima umana è un’unità storica. Ogni unità ha il suo valore storico. Si svolge e si eternizza nel conflitto di due forze: la volontà assoluta di evolvere e la necessità esteriore che determina i bisogni e le restrizioni. In astratto tutti gli uomini in essenza sono uguali; in realtà differiscono per storia, per meriti e per colpe. Mamo Rosar Amru dice di più: che le anime non sono tutte uguali per la loro origine, alcune sono terrestri, altre sono di origine celeste, cioè sono e furono Numi provenienti da altre regioni planetarie.
Forse il pontefice Amru esagerava per creare un po’ di rispetto alla aristocrazia sacerdotale, ma oggi la nostra origine è... nei libri dello stato civile e, in nome dell’uguaglianza, attendiamo il suffragio universale.
Per volontà, pazienza, studio tutto l’uomo storico che è in noi si manifesta, valga ciò che valga. Non è detto che se nel nostro sacco abbiamo un personaggio molto scemo per il solo fatto che si seguono le pratiche dell’ermetismo debba venir fuori un Bacone o un Olao Magno. Quindi il criterio che basta volere per vedere affacciato il Maestro in sé è un concetto mistico della Imitazione di Cristo di cui ho parlato con rispetto e ammirazione sempre, e i mistici questo affacciarsi del Cristo in noi chiamano iniziarsi.
Chi è che dà questa iniziazione? Siamo sul pianeta terrestre ed è chiaro che questa iniziazione la danno gli uomini, più o meno come gli altri, ma che hanno peritato nelle vite anteriori o nella presente di sapere quello che gli altri non sanno.
III
Il metodo scientifico soggettivo e il suo vizio
E ora ritorniamo al metodo.
Compiono dodici mesi del Commentarium e a mo’ di bilancio tiro le somme: tutto ciò che ho detto si riduce a dare le basi di una preparazione soggettiva che andrà allargandosi man mano che si procede innanzi.
Ma come ho notato i difetti e la manchevolezza degli esperimenti oggettivi coi metodi noti e comuni, devo notare delle deviazioni a cui spontaneamente si prestano i giovani che tentano di seguirmi.
Ho detto che la preparazione allo studio ermetico deve consistere nel rieducare se stesso, spogliandosi di tutto l’intonaco e della falsità che l’educazione ordinaria ci ha dato; in altri termini: a vivere, non a mostrare semplicemente le virtù che sono il decoro della società civile. Sentire e praticare il bene, più che mostrarlo senza sentirlo. Sentire e praticare la carità, più che fingerla.
Mettersi in armonia con se stesso, cioè avere la coscienza di ciò che siamo e non ubriacarsi con l’acqua di fonte.
Essere temperante nei desideri, nella pratica della vita, nella soddisfazione dei bisogni del corpo.
Non esagerare mai: nel bene anche le esagerazioni sono anacronismi. Essere e non parere.
Possedere il senso e il sentimento della giustizia senza restrizioni e praticarla.
Non nuocere mai.
Liberarsi delle passioni, cioè bene usare di ogni cosa nei limiti del giusto, senza rendersi schiavi delle necessità create da noi stessi.
E non proseguo, perché ho ripetuto a sazietà che la preparazione all’ermetismo classico è una feconda rigenerazione di se stesso, senza sbigottimento, senza menzogna, orgogliosi di vivere praticamente la morale assoluta nella sua idealità filosofica, senza sdrucciolare né nella convenzione plebea di salvare le forme esteriori, né nel misticismo di salvare l’anima.
Il non mentire mai a se stessi è un aforisma che bisogna vivere; mostrarsi ciò che si è, dopo avere la coscienza di essere.
Mangiare solo cibi vegetali, non bere che acqua pura, dormire su di un tavolaccio, essere astinenti da qualunque sensualità, credere che ogni dolore che ci arriva sia l’espiazione di una colpa, chiedere perdono a Dio e ai santi venti volte al giorno sono cose ammirevoli se vuoi diventare un asceta, se vuoi imitare i santi delle religioni a base di penitenza.
Questo su cui ho insistito è tutto diverso
Mangia tutto e sii parco.
Bevi con grande moderazione di tutto per soddisfare i tuoi bisogni. Dormi come puoi e sii solerte. Astieniti e usa a volontà per essere signore dei tuoi atti. Se soffri, dirai che la causa è in te e la ricercherai fino a trovarla. Correggiti, raddrizzati, cancella in te le macchie di brutture. Se nella società sei uno spostato, troverai con la ragione il tuo posto, farai giustizia a te stesso. Se hai una famiglia, donna e figlioli, sii in maniche di camicia e nella vita intima esempio pratico della morale che predichi e mostri in pubblico.
In termini prosaici, l’asceta sopprime le ragioni della sensualità fisica sotto tutte le forme, il miste che aspira ad aprire la Porta Ermetica deve possedere l’assoluta padronanza sui sensi: usarne e astenersi secondo la coscienza più equilibrata.
Quando un miste era ammesso nell’angiporto del tempio dei misteri, preso da entusiasmo credeva che andasse a vedere la verità senza velo. Il maestro (un uomo, non un Cristo) gli faceva stendere la mano in un tabernacolo velato e gli diceva di prendere la verità. L’iniziando, tremando, la ritraeva stringendo una pera.
Prima meraviglia: era valsa la pena dell’attesa per prendere un frutto? Il sacerdote gli diceva semplicemente: è questo il primo arcano che non svelerai mai al volgo. E un’altra persona velata, che poteva essere una donna, ammoniva: il frutto della terra è divino.
Ora il miste, che cercava la natura e la visione degli dei, si fermava sbalordito innanzi all’arcano della prima verità in prosa: hai voluto vedere la divinità e hai trovato la realtà della legge di natura che dà il frutto se semini e aspetti.
Le forme simboliche sono bellissime, ma difficili a essere penetrate e la Natura, l’immensa Madre, si esprime con simboli: Ermete li penetra e te ne dà la legge e il senso vero. (5)
Ma la secolo XX non basta Educhiamo i figlioli nelle torture della classe. I giovani vengono su con l’enorme peso di cercare e conquistare in fretta. E molti di questi giovani, che si sono avviati allo studio dell’ermetismo e hanno fatto fiasco, ho conosciuto. Li amo lo stesso. Sono immaturi. Cercano nel mondo e nell’universo quello che non c’è, per una via che non esiste, con mezzi che sono inadatti allo scopo di aprire loro gli occhi.
La filosofia, la scienza di osservazione analitica, la dialettica da giornali, l’erudizione abborracciata nei cataloghi dei librai, la maniera di concepire l’esistenza attraverso il prisma delle idee seducenti rapinate ai poeti delle religioni, la psicologia morbosa di un cristianesimo di consuetudine che ci intenerisce o ci incrudelisce innanzi alle miserie della brutalità, vietano ai giovani di ricordarsi le idee semplici e osservare i fatti semplici come la natura ce li appresta e si creano le investigazioni psicologiche più assurde nelle visioni più elementarmente semplici. Basta fare una statistica di tutte le opere di letteratura fondate sull’adulterio per vedere di che razza di psicologia fa mercato la penna dei più famosi scribi. Le consuetudini permettono che le verità semplici e crude siano da presentarsi con sottigliezze letterarie con fiori e ciondoli, e dove il buon senso direbbe che tutto è una porcaia, l’educazione dei giovani contemporanei va ad analizzare l’anima nei fatti più sozzi della specie. (6)
Ecco perché l’autocreazione di una mente equilibrata e di una volontà che comanda i sensi senza restrizione è la più difficile delle prove e delle preparazioni.
Ho cominciato con lo stabilire un principio: se vuoi sapere la verità, se la vuoi conquistare e possedere, comincia col non credere che in te stesso. Faccio Geremia alla rovescia, perché non scrivo opera religiosa ma di scienza. Ma prima di ogni cosa, rigènerati moralmente, ritorna vergine alla sincerità con te stesso e con gli altri, come se il serpente della malizia consuetudinaria non ti avesse mai morso.
L’onesto e il disonesto nel mondo son provati alla pietra di paragone della sincerità con noi stessi. Se serbi la necessità di mentire ciò che senti e credi giusto sei un delinquente. Se sei onesto con te stesso, rifletti che la tua incolumità mentale in fatto di scienza sperimentale degli arcani deve risultare dal non credere in ciò che l’isterismo umano, sotto mille aspetti, ha vomitato sulla semplice terra che, arata e seminata, dà il frutto.
Il dogmatismo negli enunciati sulle evoluzioni spirituali che hanno creato la moda dei moderni capiscuola del misticismo in Europa e in America è una peste bubbonica del senso comune equilibrato.
Io stesso che ti annuncio una verità concreta, e non la provo, devo essere discusso da te come un mattoide; ma io t’insegno a non credere, a ragionare nell’equilibri della tua coscienza sincera, a ritornare alla semplicità della natura delle cose, a giudicare con serenità di ogni cosa nel metodo soggettivo, perché la verità che tu constaterai diventi carne e sangue di te stesso e dirai agli altri: se siete pazzi, diventate ragionevoli in voi e per voi.
Per conoscere la verità di una cosa, bisogna diventare la cosa stessa. Se vuoi sapere come pensa il cavallo, occorre che tu lo diventi.
Se vuoi sapere se Eusapia Paladino fa sul serio o gioca dei trucchi, bisogna che tu diventi Eusapia Paladino in persona.
E, ti domando, sei sicuro che Eusapia conosca nella sua coscienza integrata se fa sul serio o no, quando trucca e quando fa davvero?
Quindi l’aforisma ermetico sul metodo soggettivo non è vero che per l’ermetista il quale ha raggiunto il suo equilibrio: ed ecco il vizio del metodo soggettivo che equivale a tutti i difetti del metodo sperimentale oggettivo, se la preparazione equilibrante e purificante della sincerità non predispone lo sperimentatore che tenta la prova in sé.
IV
La coscienza dell’essere
L’uomo, contrariamente a tutte le convenzionali affermazioni della filosofia comune, non ha integra la coscienza dei propri sentimenti e dei propri atti in tutte le ore della sua esistenza; qualcuno direbbe di più: che l’uomo non ha mai la coscienza completa di se stesso.
Il perché non è luogo questo di discutere o affermare, ma le scienze occulte che fanno capo alla cabala confermano come una legge controllabile dell’esperienza psichica che il fatto della non coscienza completa negli uomini non è mai stato messo in dubbio da chi si è occupato di questi studi.
Infatti, quello che modernamente si chiama nell’uomo corpo astrale fu detto e indicato da simboli che si potrebbero tradurre “uomo lunare” o “corpo lunare” (7) : un essere o parte dell’essere umano che stabilisce il limite tra la coscienza presente e l’entità storica reincarnata; in questo limite l’uomo storico interiore manifesta la sua tendenza sotto la manifestazione istintiva, e l’uomo moderno esteriore ripone le conquiste di conoscenza esperimentale nuova. Questa zona intermedia corrisponderebbe in molti punti a un deposito della memoria più recente e a un laboratorio sintetico per trasformare le sensazioni esteriori e i giudizi dell’uomo contemporaneo a materiali di erudizione che vanno ad assimilarsi all’entità storica occulta. (8)
Ho adoperato la parola memoria non a caso. Lo stato di non coscienza è stato di oblio: il sonno nell’uomo ordinario è come l’anestesia delle sensazioni patologiche o semplicemente normali; i sogni, di cui già parecchi studiosi si occupano dal punto di vista della psicologia e della fisiologia, dovranno essere esaminati alla luce dell’influenza interiore dell’entità storica sull’elaborazione delle immagini reali più recentemente in possesso della nostra psiche. (9)
Quante parole curiose e strane per esprimere idee che non voglio nascondere, ma rendere chiare! Psiche, memoria, coscienza, istinto, uomo lunare sono tante cose diverse secondo la diversa cultura analitica dell’uomo che mi legge; eppure l’idea semplice di un microcosmo (piccolo mondo) umano dà il concetto esatto della realtà delle coscienze nell’Essere:
Rapporti analogici:
Idee semplici:
Gli studi psichici, veramente tali della psiche umana, faranno dei progressi enormi dopo l’attuale bamboleggiare delle ricerche. Nonpertanto, gli studi coscienziosamente scientifici oggi ci presentano i casi patologici dell’incoscienza negli stati di nevrosi che cadono sotto la competenza della medicina. La neuropatologia è attualmente in condizione di darsi conto di molti squilibri nella manifestazione della coscienza dei malati di nevrosi. Ma malati di nevrosi, nevropatici cioè nelle forme più manifeste, sono relativamente pochi di fronte al grandissimo numero di coloro che non raggiungono il limite massimo in cui la medicina li dichiara veramente infermi.
Eppure la nevrosi, o il gruppo di fenomeni che è compreso in questa indicazione determinativa, parzialmente in maggiore o minore proporzione, per maggiore o minor periodo, è lo stato patologico di tutti gli essere umani in cui il vero tipo normale è un’astrazione della realtà possibile.
La definizione del pazzo non è assoluta, ma molto relativa alla difesa della società umana. Le streghe bruciate nell’evo medio oggi sarebbero soggetti di laboratorio e di manicomio, i profeti apocalittici starebbero nella stessa categoria delle sante isteriche e dei santi energumeni che hanno insanguinato la terra. Gli antichi proverbi e l’umorismo bonario dei nostri paurosi antenati hanno sempre definito il mondo come un manicomio e la vita sociale come una commedia.
Tutte le epoche, socialmente parlando, diedero cause speciali ai disordini nervosi della grande massa dei popoli e qua e là queste cause divennero diverse per ragioni relative ai climi, alle condizioni politiche, ai morbi che emanano dalla folla e colpiscono l’uomo moralmente prima di renderlo veramente un malato fisicamente. I periodi storici in cui si sono determinate nuove religioni sono pieni di follie contagiose che trovano terreno adatto alla loro propaggine nelle condizioni morali dei proseliti nuovi.
Il misticismo monoteista del popolo ebreo si è tramandato da secoli e si è propagato col cristianesimo, adattandosi a razze e popoli di storie diverse. Il minuscolo popolo d’Israele, abitando un paese povero su di una via di passaggio tra imperi in conflitto, fu un popolo infermo fin dalla sua origine storica. Schiavitù, persecuzioni, esilio, ciò è stilisticamente inciso in tutte le fonti delle sue tradizioni: sentimento del debole che domanda vendetta contro tutto il mondo a un dio immaginato appunto come vendicativo e terribile nei castighi: fisionomia di deboli, come tutti i deboli degenerati, piena di ambizioni e di privilegi, fino a stimarsi l’unico popolo di sacerdoti tra i popoli e l’unico popolo veramente protetto e difeso dall’unico Dio.
Da dieci a quindici secoli innanzi all’era volgare nelle coscienze e nell’incoscienza di questo popolo – che fu mistico ed è tale per eredità e per isolamento perché impedisce che la razza si rinnovi e si rifonda nelle altre – si stabilì il carattere essenzialmente storico di questa gente, a cui pone capo il cristianesimo di tutte le chiese.
Tutte le vicende storiche di questo piccolo popolo, che ha conquistato purtroppo il mondo, sono un disordine della sua psiche collettiva, in cui il lamento o l’intemperanza dell’anatema scaglia maledizioni sino alla fine dei secoli... che sarà il suo trionfo.
Il popolo che storicamente appare alla critica più equilibrato, meno folle di temperamento, è il romano; e nella letteratura, nell’arte, nella lingua, nella politica, nell’amministrazione della giustizia, nel carattere stesso della sua religione, questo popolo nella sua storia, nei periodi più grandiosi e più terribili di essa, non presenta figure di squilibrio folle neanche innanzi alla esplicazione dell’eroismo che è una forma di follia generosa, ma pur sempre follia. L’introduzione dei culti orientali a Roma, e poi la pestilenza della pazzia giudaica, dettero l’esempio del contagio della follia ragionante che mutò faccia, distrusse l’opera del genio di Roma gentile e restituì per diciassette secoli l’occidente ai barbari.
L’Islam nacque con un sogno da manicomio, la nullità dell’opera umana se non come strumento di Allah: una parafrasi del giudaismo di prima epoca si propagò in base allo stesso preconcetto di forma giudaica differentemente dall’ebraismo, con la violenza e la stasi paziente dell’attesa, senza rinunzia alla lotta.
La Riforma fu ugualmente una follia mistica e l’isterismo religioso che desolò per tanti anni l’Europa ebbe fondamento nell’esagerazione della fede nel libero giudizio sull’interpretazione dei libri fondamentali del cristianesimo.
Le rivoluzioni politiche, dalla francese del secolo diciannovesimo alla portoghese contemporanea, le guerre civili - dalle lotte contro tirannie locali alle epopee per la rivendicazione delle indipendenze nazionali - le lotte di classe contemporanee del socialismo, la miseria sociale con gli ingranaggi peculiari della vita contemporanea, tutte determinano stati di nevrosi latenti o palesi nella storia che ne segna i fasti e le sconfitte ideali.
Dov’è l’equilibrio della coscienza nella sua integrità filosofica se l’uomo non si rigenera, sottraendosi ai due fattori di squilibrio che sono l’ambiente e la minima resistenza alla lotta contro la necessità del vivere?
Dati i fattori potenziali, la manifestazione della nevrosi in ogni singolo individuo della massa è di ordine talmente comune che la follia debitamente minacciosa per la società che vuol difendercene deve raggiungere il limite della delinquenza omicida o del perturbamento fondamentale dell’ordine accettato dalle leggi.
Spigolate e investigate sulle fisionomia delle genti che sono in nostro contatto, dalle più ordinate alle meno agiate che lottano per il pane o per le ambizioni, e lo stato di coscienza realmente intatto, immacolato, sereno è un’araba fenice che si fa attendere parecchio.
Scendete all’analisi: le idee fisse, i turbamenti e le agitazioni verbali, le fobie, le anestesie, i turbamenti sensori, alimentativi, viscerali, le autosuggestioni di carattere specifico dell’ambiente, l’emozionalità morbosa... tutti capitoli diversi della neuropatologia moderna, si trovano caratterizzati in tanti soggetti che, a rigor di termini, non sono malati. La delinquenza, le definizioni del delitto, del reato, della passione, della crudeltà studiate da un punto di vista strettamente scientifico finiranno con mutare definizione e il concetto del manicomio criminale per i folli contro il diritto di vivere e di libertà dovrà sostituire le carceri e l’ergastolo.
È desolante il breve quadro, ma è così.
Innanzi alla massima proposta della preparazione ermetica di acquistare o conquistare la coscienza di se stesso, ogni giovane di recente uscito dal liceo si sente superiore alla opinione che ne può avere l’umile sottoscritto, il quale non scrive un paradosso quando confessa che, a sua opinione, avere, possedere, sentire la coscienza propria e integrarla al punto di sottrarsi all’ambiente immediato e ai pregiudizi storici è opera che passa i limiti delle nature comuni, delle nature e dei caratteri stereotipati sui modelli di classe che determinano l’ambiente sociale col quale siamo continuamente in relazione di dipendenza. Il famoso guardiano della soglia della verità integra dovrebbe essere la paura di sentirsi oltre tutte le menzogne del convenzionalismo morale in cui la filosofia o l’indagine ermetica deve falciare senza pietà per assurgere alla purità della visione reale.
V
La superbia delle bestie
Predicando il non credere io stabilisco il punto di origine dell’integrazione della nostra coscienza sottraendola:
La tua coscienza per diventare tersa come cristallo, pura come acqua di sorgente, forte e resistente come l’oro battuto solamente con la libertà di esame può intravedere la semplicità e l’armonia delle cose semplici, di cui è formato l’Uni-verso in noi e fuor di noi.
Sulla coscienza di ogni uomo pesa il fardello della superstizione storica di nazione, di famiglia, di razza. Ciò che preme la coscienza di un cinese è analogo, secondo il valore storico, a quello che pressa l’europeo occidentale, di cui la tradizione sentimentale è diversa.
Uno per uno, ogni sentimento è una visione storica della verità e quindi un pregiudizio: il cristianesimo ci ha inchiodati a pregiudizi convenzionali nell’anima senza pietà, senza misericordia, quello stesso cristianesimo che dovrebbe essere pio e misericordioso. Il sentimento dell’amor proprio, della dignità, dell’onore; quello dell’amore legittimo e del colpevole; il sentimento della paura del soffrire, della morte, della povertà, dell’interesse, della conservazione, del diritto sui figli, della possessione, del diritto a superare il proprio simile sono in natura o nell’artificio così come nelle coscienze meglio forbite si affacciano?
Io non te lo dirò; non farò un’analisi verbale a paradossi per condurti sull’orlo dell’idea anarchica, ma confessa che di tutti questi vincoli tu sei schiavo come il più imbecille degli schiavi dei mercati turchi. Un cerchio, mille cerchi concentrici di ferro ti inviluppano come un baco da seta; il viluppo non è seta, è ferro; è un solco di ferro infocato che ottenebra la visione reale delle cose che stanno in te e intorno a te. Tu vedi come videro i tuoi antenati che sono in te e vedrai diversamente quando i margini delle tue scottature antiche avranno nuovi strati di carne vegetante.
Perché ti chiami libero? sii umile. Umile non perché col sentimento religioso semitico non sei che un grano di arena innanzi alla magnipotenza di Dio, ma perché tu immagini di avere delle cose una coscienza che non possiedi neanche rudimentalmente. Tu sei superbo per artificio di logica comune, ma il sentimento della realtà è una logica che non possiedi, perché gli attributi e le qualità delle sensazioni sono occultate dalla eredità convenzionale. Il diritto alla libertà di esame che ogni bestia crede di possedere è fuori la visione effettiva del tuo artificio logico, e la verbosità, se ne discorri, mette in conflitto parole e argomenti falsi che solo il silenzio arriva a dissipare. La libertà è conquistata dalla negazione, come le dimostrazioni dell’assurdo.
I mistici di tutte le categorie e di tutti i culti predicano che i sensi sono bugiardi: se la sensazione organica è la fonte di paragone di ogni idea concreta questa pretesa balorda dei mistici entra nel campo delle affermazioni dogmatiche dei nevropatici. Non i sensi sono bugiardi, ma le sensazioni che vengono elaborate nei centri coscienti dell’uomo già non libero di giudizio. Quanco i mistici tirano in ballo le parole di Paolo di Tarso o quelle di Clemente d’Alessandria vien desiderio di domandare se la coscienza e i centri nervosi di tali superuomini erano veramente integri, oppure se i seguaci loro, dopo diciannove secoli, se li immaginano e li personificano intellettualmente come non furono. (10) Alle parole di Paolo si attribuisce valore filosofico che forse l’autore non ebbe mai, come lo ebbero in realtà le dubbie figure cabalistiche, personificazione del profetismo ebreo.
Ecco perché io insisto per la immunizzazione psichica contro l’idea comune dell’adorazione feticista dei primi seminatori e propagatori della conquista dei cieli intesa alla lettera o, allargata in proporzione sbalorditiva, intesa in uno spirito che è molto artificiosamente diverso dai sognatori si teologie spurie e legittime.
Il senso fisico per l’uomo è l’unico controllo del reale; perciò le impressioni sensorie assumono il loro valore secondo lo stato di coscienza e la neutralità psichica del sensitivo. (11)
Solamente con questo significato bisogna intendere l’inganno dei sensi fisici sulla concezione assoluta della verità. I martiri, nella loro esaltazione isterica, arrivano a convertire il dolore nel senso del piacere e basta questo solo esempio dei così detti santi per persuadersi che ogni esaltazione della coscienza provoca un’interpretazione differente nei differenti individui di coscienza diversa.
Lo stato di coscienza effettiva e reale è superiore a ogni altro stato passionale, perché le passioni sono patologiche e morbose e i passionali devono considerarsi come dei malati di follia transitoria.
VI
L’ombra della coscienza
Il laboratorio di riserva degli stati impulsivi
Nell’esplicazione della vita tutti gli esseri umani, le donne in maggior numero, non posseggono in permanenza la coscienza vigilante in tutti gli atti della loro manifestazione esterna. La neuropatia studia i casi tipici più complessi, le forme classiche, cioè, della non coscienza, della non presenza a se stessi in periodi più brevi o più lunghi. E questi casi classici sono appariscenti nei malati di epilessia e di isterismo o di istero-epilessia, stati o condizioni patologiche che non hanno ancora perfettamente svelato la loro origine agli studiosi più pazienti; ma non vi è uomo o donna che non abbia, sotto apparenze larvate o a intervalli brevissimi o lunghi, delle manifestazioni analoghe agli stati classici della istero-epilessia. L’esempio di uomini grandi per la manifestazione del loro ingegno positivo, che sono afflitti da momenti di distrazione, dice che in realtà non sono che dei malati momentanei di incoscienza; il tic che è classico dei psicastenici nelle forme gravi, nelle forme blande è comunissimo. Le amnesie, in molti soggetti della vita sociale, si manifestano innocentemente con la facilità di perdere piccole o grandi cose, perdite che in sostanza sono amnesie, spesso corrette automaticamente dalla coscienza interiore, quando lo stesso uomo che ha perduto, per esempio, la chiave di casa la ritrova dirigendosi, senza darsene conto, verso il luogo dove l’ha dimenticata.
Molto comune è lo stato di dubbio che la psicologia corrente attribuisce alla non determinazione del carattere. Le fobie sono comunissime, spesso di apparenza istintiva, ma realmente e quasi sempre provengono dalla non coscienza del vero valore della cosa che si fugge. (12)
La vita esteriore molto agitata negli spasimi della lotta della vita sociale, si dice, è in sostanza una predisposizione ai disordini psichici e alla manifestazione della nevrosi anche blanda in tutti gli uomini preoccupati moralmente e intellettualmente. La esagerazione del lavoro intellettuale e del metodico, le pertinaci e volontarie investigazioni su di un soggetto unico di lavoro nell’arte, nella scienza, nelle industrie e nel commercio non sono che fattori attivissimi di degenerazione mentale e quindi dello stato di coscienza turbante, perché tutto il mondo sensitivo esteriore ci si presenta attraverso il velo dell’idea fissa che non è tale da portarci in una casa di matti, ma che ottenebra tutti i centri di percezione sensoria. (13)
Si osserva da taluni, che fanno la poesia della scienza, che la vita solitaria, la metodica nella completa campagna è meno predisponente agli eccessi che causano i turbamenti della psiche e della coscienza; è un’esagerazione anch’essa. I contadini sono tutti affetti dalla fobia della città e della folla (agorafobia) quando vengono fuori dalla solitudine in contatto di una società diversa dalla limitatissima in cui vivono. La vita metodica, poi, determina tale un limite di libertà e di volontà che i caratteri della psicastenia, della rinunzia a ogni cosa nuova, si affacciano inesorabili e costringono l’esistenza in un guscio d’uovo, per quale anche un lieve mutamento meteorico che influisce sulle abitudini è un disastro. (14)
Dunque le manifestazioni palesi dello stato morboso della coscienza individuale sono tutt’altro che rare; in maggiore o minore intensità viziati siamo un po’ tutti. La delinquenza non è che la esagerazione di uno stato di coscienza morboso che stabilisce il potere energetico di violare il diritto.
Analizzo le possibilità sperimentali.
Tutte le forme mentali (parlo di forme, non di idee) che si presentano allo studio di un ricercatore soggettivo, cioè di un uomo che si dà ragione di ciò che sia la coscienza in sé e che vuol provare e controllare i fenomeni in se stesso, possono essere - in tesi generale – o creazioni illusive di noi stessi o forme proiettate da altra sorgente. Esempio: io vedo nell’oscurità più completa una faccia umana bianca e palpitante come viva e vera. O che la visione illusiva sia una creazione fantastica (fantasma) della mia mente, o che l’apparizione abbia un’origine diversa, è innegabile scientificamente che l’equilibrio nervoso consuetudinario, umano, costante in me per un attimo è stato interrotto, diversamente io non avrei visto. Ora bisogna stabilire se nel momento della visione io avevo la coscienza dell’equilibrio mantenuto o interrotto.
Le visioni mentali e fantastiche senza coscienza sono giudicate scientificamente morbose, isteriche ed epilettoidi. È vero o è falso?
Gli istero-epilettici che conservano la memoria della visione dicono che essa è reale non solamente, ma vi mettono accanto tutta la loro volontà di creature morbose con una sincerità patologica che solo una forte suggestione può disperdere e molte volte anche questo mezzo è inefficace.
La maggior parte, direi la quasi totalità dei medii, si trovano in queste condizioni di incoscienza della menzogna o della creazione reale, in tutte le manifestazioni che decantano e obliano. Quindi voler sapere da questi medii se fanno sul serio o mentono – anche entrando per dieci minuti nella loro pelle – è tempo perduto, perché o ignorano o si illudono.
La medianità, come ordinariamente si intende, è uno stato di psicopatia o di infermità psichica che è ricce di menzogne, spesso sincere, menzogne del malato che non ha coscienza di mentire, e mentisce. Con linguaggio arcaico improntato agli antichi demonologi, lo stato di medianità isterica incosciente, non capace di padroneggiarsi, è la Lilith o la Astarte lunare declinante dei magi. (15)
Molti uomini di apparenza psichica normale appena ottenuta una forma mentale così detta medianica, se non sono saldamente preparati all’equilibrio, entrano nella categoria di questi innocui folli che vedono anche ciò che non possono vedere e danno vita, forza, nome e sangue a quelle simili nature o forme vampiriche inerti che esaminai lungamente negli Elementi di Magia Naturale e Divina.
È il pericolo del metodo soggettivo; se mi si fraintende, se le indicazioni che io do sono fuorviate o allacciate all’orgoglio dei giovani che si credono pronti a tutto e si stancano con facilità, gli sperimentatori si incamminano per la via sinistra della dolce china verso la irragionevolezza patologica.
Se negli uomini maggiormente quotati di ragionevolezza e di sincerità nella società umana, anche in lievissima misura, un carattere morboso di istero-epilessia latente si affaccia comunque e dovunque, che cosa avverrà per l’individuo che intende esaminare soggettivamente i fenomeni psichici in sé, se il suo concetto fondamentale di autoispezione vuol cominciare dallo stimolare nella sua medianità un potere medianico comunque definito dai libri dello spiritismo o delle religioni fatte per le masse?
Le medianità (adopero impropriamente la parola nel senso comune) sono stati di disordine interiore, dove predomina per riflesso la non coscienza sulla coscienza esteriore periferica e sulle manifestazioni morbose, la cui origine è obliata dal medio che attinge dalla fonte individuale quello che attribuisce altrui.
Se l’introspezione, lo studio del sé interiore, si vuole iniziare a base di tentativi medianici è il rovescio di quel che dico io. Io premetto di non credere, e i tentativi medianici sono spinte nel labirinto buio della coscienza ombrata; io dico: educare e rifare la propria coscienza spogliandola da ogni influenza di cui è schiava: superstizione storica, ambiente, consuetudine, nettezza di visione, imitazione servile dei tipi noti. Non fare, diversamente, che lo stato di coscienza si converta nella credulità verso i prodotti fittizi della propria immaginazione.
Vi sono autori di libri sulla magia e di scritti di riviste sull’ermetismo che arrivano a definire il mago come un autosuggestionato, un medio involontario, un operatore di miracoli per fede, ma tale affermazione è precisamente l’opposto di ciò che deve essere un mago o un artista ermetico.
L’ermetismo non si schiude che alle coscienze già spogliate da tutti i fattori ottenebranti, rette da una morale pura, non velate da nessuna passione, neanche dalla preconcezione della propria infallibilità. Tutta la chiave maestra del concetto educativo della propria personalità è appunto in questa purificazione della coscienza dalla nebbia della convenzione umana.
Allora solamente il noviziato ermetico accenna a dare i suoi frutti, quando la coscienza è libera di valutare una doppia corrente:
Ridotta alla percezione vera e reale la coscienza della prima corrente, quella che ci prepara le più inaspettate sorprese è la seconda. Il vero personaggio storico che è in ogni uomo non dimentica e non tace neanche negli esseri più idioti; rappresentando la coscienza oscura di ognuno che viene sulla terra, l’entità antica si presenta in tutte le crisi violentemente, con manifestazioni impulsive, e nella vita pacifica quotidiana con manifestazioni strettamente e tacitamente istintive.
Il desiderio di molti di conoscere la propria storia antica, ovvero la storia e la struttura della personalità riumanizzata, non può avere risposta, nei casi ordinari, che nell’esame degli impulsi e degli istinti.
Solamente quando la purificazione della coscienza propria è un fatto compiuto, il laboratorio di riserva o seconda volontà comincia, sulla coscienza moderna, a riprodurre le immagini stereotipate delle vite vissute fino, in taluni, a raggiungere la possanza e l’onniveggenza di un demone che tutto sa, tutto conosce, tutto preannunzia, tutto può.
È questo il Cristo interiore o il dio padre cui si rivolgono i mistici? Sì, ma in un senso molto differente dalla integrazione ermetica.
Il mistico e l’asceta hanno carattere diverso e forma mentale diversa, secondo che si ispirano al Cristo, al Maometto o al Budda.
L’entità storica che li anima nella mentalità, in luogo di riflettersi in una coscienza netta, si proietta su di un riflettore che tutte le manifestazioni ritrae col colore prescelto dal soggetto che prega o invoca. Se l’entità storica è un luterano convinto e l’asceta un cattolico ossequiente è l’asceta che riveste di cattolicesimo il luterano e lo fa parlare da cattolico, e se nei momenti di distrazione isterica il luterano fa capolino con una bestemmia, l’asceta gli affibbia nome e qualità diaboliche e, per una volta tanto, si confessa e si mette in penitenza.
Ma se il luterano è più cocciuto? se le manifestazioni anticattoliche si ripetono, diventano ostinatamente prepotenti? La teologia vi vede l’ossessione..., ossessione diabolica che fa parte degli studi delle manifestazioni isteriche nei casi più tipici, i quali teologicamente non sono che invasioni del principio maligno, il povero diavolo che è il gerente responsabile degli errori e dei conflitti delle coscienze mistiche coi personaggi storici non corrispondenti.
VII
La volontà ermetica
Starei volentieri senza scrivere questo capitolo per non aprire sul capo di parecchi la doccia gelata che calma i bollori. Ermes non è Marte. Coscienza impura ed esaltazione della volontà imperativa non fanno nessun miracolo. Se non ti metti nello stato di coscienza pura non capirai che cosa sia il mercurio volente. La volontà ermetica è il diritto di creazione di ogni forma, quindi un potere creativo che ha la sua origine nello stato della coscienza integrata.
La volontà non è il desiderio, né l’appetenza di una cosa a raggiungere. Non è l’idea fissa di una cosa a realizzare. Non è uno sforzo permanente, come se in un minuto il dardo dovesse scappare dal nostro capo congestionato fino al pericolo di un colpo apoplettico. Non è l’incaponirsi a proiettare fuori di sé un’idea che deve diventare realtà, malgrado ogni ostacolo. Non è la cocciutaggine... Non è niente di quanto a prima vista si può credere.
Marte è dio della guerra. Mercurio, callidus, astuto, penetrante è dolce, giocondo, lepido. La volontà ermetica è creatrice, la marziale di lotta è distruttrice.
L’ermetismo non riconosce volontà magica che non sia, come l’Ermes, creatrice con dolcezza, né è possibile la creazione con la violenza; Tanto meno è possibile senza uno stato di integrità di coscienza libera da ogni servitù. La volontà marziale irruente non genera; la virilità è un fulcro che trucida.
Ares è Marte come l’Aziy, che è il formidabile. Virgilio lo chiama Gravidus pater, il padre dei combattimenti. La volontà ermetica può armarlo per distruggere, essa basta a creare.
La volontà marziale converte i giovani iniziandi in guerrieri eraclei che pretendono esercitare il potere creatore coi mezzi distruttivi. La volontà, intesa come forza o energia della immaginativa, è propria delle coscienze schiave delle passioni di pervenire. Non serve a nulla.
Senza fare delle chiacchiere che non comprenderebbe nessun lettore, per sommi capi annoto:
VIII
La visione del semplice
La verità è in noi, fuori di noi, nell’Universo.
Tutto ciò che è è verità.
Ogni pensiero (cogitatio) libero da influenze turbanti di preconcetti, di ambizioni, di ambiente è una realizzazione e quindi una verità.
L’uomo può integrare i suoi poteri purificando la sua coscienza e non per altra via si perviene alla percezione vera della natura, che è la Verità Eterna.
Il cristianesimo dice che ai fanciulli è riservato il regno dei cieli religiosi, perché la fede è delle anime purgate.
L’ermetismo, che ricerca la verità assoluta come finalità della conoscenza perfetta, dice: non credere e purificati da ogni convenzione transitoria per ritrovare in te prima, fuori di te dopo, la visione semplice della Natura che è verità eterna e quindi scienza assoluta.
I riti magici della purificazione, dalle abluzioni ai digiuni lunari, sono invocazioni ermetiche dello stato di purità.
La visione del nostro essere interiore e della Natura assume una fisionomia diversa innanzi allo sguardo di colui che raggiunge il termine di sottrarsi alle influenze di ogni sorta: vede con semplicità dove tutta una massa ritrova l’intrigo della lotta e, dove la lotta sia legge, troverà la semplice legge della lotta per l’esistenza.
Nella semplicità vede che l’Amore, nella sua integrazione completa, regge l’Universo e che l’Universo è amore anche dove il contrasto della lotta genera, rinnova, riproduce, fissa in ogni essere vivente, dal cristallo alla pianta, dall’infusorio all’uomo, il diritto di partecipare alla vita della Verità Assoluta.
Nelle idee semplici troverà: che l’odio, la necessità, il dolore sono spiriti della falsa concezione della vita, poiché l’innocenza, che è purità di coscienza libera, non concepisce nessuno dei tre termini (odio, dolore, necessità); che predicare l’idealismo morboso, che fa desiderare e sognare quello che non è in natura, è deviare dalla Verità; che una è la legge, una l’esistenza di tutte le cose, una è la matrice di ogni forma sensibile e che, fuori di quest’unica verità, non esiste che la follia ragionante, la quale ha trovato che l’uomo imperfetto tutto debba sperare per grazia, e che la vita eterna degli spiriti si svolga fuori la potestà della materia che è l’unica legge, l’unica essenza, l’unica matrice di ciò che fu, che è, che sarà in eterno sulla terra e in tutti gli astri del firmamento.
Lo Spirito unico di quest’unica cosa si chiama con le stesse lettere che formano il nome dell’Urbe, nei cui reconditi meandri Virgilio, che Dante prende a guida, fu iniziato.
La faccia vera del Dio Vero e Universale, giustizia e bene, appare così in ogni opera della creazione perfetta che uscì dalla sua volontà.
IX
Le mie intenzioni
I miei scritti vanno per le mani di poche persone.
Se ho tredici lettori di cui uno mi comprenda sono contento.
Io non ho avuto mai l’ambizione, tanto meno l’ho ora, di fondare una religione scientifica e di sedermi in cattedra come un papasso.
Io sono ciò che fui, sarò ciò che sono: un uomo; e invito tutti quelli che si stimano uomini a diventare tali nella purezza e nella possessione e nella libertà di vedere ciò che è, non ciò che l’ignoranza, il fanatismo, le crisi isteriche di energumeni e mentecatti passati e presenti hanno scaraventato sulla massa umana, felice nella sua essenza, infelice per colpa non sua. Il mio non è un apostolato, il mio non è un abito di apostolo, perché so che fra i tredici lettori un apostolo del mio stampo, che insegna a non credere, farebbe sorridere Io voglio salvare le anime più pronte delle tredici dalle correnti nuove dell’idealismo nevrastenico che nega alla materia la sua divinità e dalla scienza di laboratorio che alla materia nega lo spirito. Non più. Mi contento fare il redentore del buon senso italico, e quando i predicatori e i dispensatori di luce dicono peste di quel che scrivo, io sorrido ammirando i parti poetici di tante menti che provvedono alla protezione degli animali domestici divertendosi al tiro al piccione e usando delle polveri insetticide nei vecchi materassi. Così non offendo chicchessia e tiro per la via che credo più giusta.
Debbo però avvertire che la conquista ermetica nel suo valore reale è essenzialmente aristocratica e dà operatori di bene e non filosofi parolai. L’iniziazione vera che dà i poteri della realizzazione fuori e lontano dal suo generatore, quando lo stato di integrazione della prima coscienza dà l’intuizione della Verità Unica, è l’uomo che la concede all’uomo, perché, come ho scritto fin negli Elementi di Magia Naturale e Divina, nella materia il grande Arcano degli Iniziati è fisico; ciò contrasta con tutte le utopie dei mistici; è fisico non solo, ma è semplice. Quelli che ne furono veramente in possesso e ne hanno scritto, spesso camuffandosi da mistici, lo hanno spiegato per gli eletti, non per i profani.
Chi sono gli eletti? Un altro popolo di Israele? Un altro gruppo meldechisechiano che accaparra il sacerdozio? Sono le persone, uomini o donne, che già seppero tutto o parte dell’arcano. Ritornando pellegrini nuovi in questa vecchia terra hanno bisogno delle pietre miliari che ricordino la via già percorsa e sono le uniche persone che leggono in questi libri e in questi simboli iniziatici. Non perdete tempo, o voi che non siete preparati e non ne avete il diritto, a capire quello che non è ancora per voi. Parlo dell’iniziazione completa; per conseguirla, preparatevi come vi ho spiegato e capirete a quale uscio dobbiate picchiare.
Ho anche detto – e lo ricordo nuovamente, esplicitamente – che il cristianesimo cattolico romano è il più completo conservatore di simboli e di pratiche magiche che perpetuano il Grande Arcano dei magi e dei pontefici, e questi simboli non si conservano nella teologia che uccise la scienza e la libertà del pensiero, non nelle pratiche religiose, ma nelle forme culturali e nella liturgia.
Ho ricordato tante volte la messa, il Sacrificio simbolico incruento. Se alla parola sacrificio date il significato di fatto o opera sacra, e se considerate tutto ciò che il sacerdote compie sull’altare, avrete una percezione non dell’Arcano, che non potete intendere, ma degli elementi che trasmutano il celebrante in consacratore e poi in Cristo risorto ai cieli. È tutto un rituale dell’iniziazione latina che dette all’occidente, come ricordo della sua potenza divina, il nome occulto della città sacra, non mistica, sacra nel senso profondo che aveva la conoscenza dell’Uomo, prima assai che la peste di origine orientale spostasse la visione della Verità Eterna.
X
La missione
Esplicata la necessità di rendere la coscienza libera per la conquista ermetica e il pericolo del metodo soggettivo, confessate le mie intenzioni che sono spoglie da qualsiasi ambizione, ho bisogno di ricordare, a chi vuol essere discepolo della buona idea, l’indole della missione nuova. È legittimo che ogni uomo pensi a sé, che rivolga il suo studio, il suo intelletto, le sue aspirazioni a riconquistare ciò che il tipico Adamo dei cabalisti, prevaricando, perdette.
Ma non bisogna dimenticare che l’umanità è una e che la solidarietà umana è un dovere imprescindibile di ognuno che aspiri alla corona regale della verità.
È idealismo? Non sorridere, o lettore, perché nel senso volgare non ho abbastanza isterismo per creare delle illusioni a me e agli altri.
È la realtà della vita che lo impone. L’uomo muore e rinasce. Raccoglie, rinascendo, il frutto che ha seminato; sulla terra i terrigeni sono sempre gli stessi; mentre nei cimiteri le ossa si convertono in carbonato di calce, i morti rivivono. Noi siamo sempre gli stessi, membri della stessa famiglia. Di comune abbiamo il sangue, la carne e le ossa che la terra ci restituisce; la pace, i dolori e le aspirazioni che sono prodotti della nostra giustizia, delle nostre colpe e della nostra esperienza antica.
La ragione, la comunità di origine, la convivenza ci obbligano a non rifiutare, a chi è più infelice di noi, la mano aperta che tutto dà, senza desiderio di compenso o di premio.
La missione ermetica si deve svolgere contro l’ignoranza e la superstizione in pro’ delle masse, che devono essere redente dalla scienza dell’uomo: quindi, un altare alla scienza umana contro l’ignoranza, un faro di luce contro l’oscurantismo dei degeneri evocatori di barbarie imbiancate a nuovo, sotto parvenze di idealismo morboso.
Operare umilmente e oscuramente il bene; pubblicamente e gloriosamente inculcare dovunque che la scienza umana darà a suo tempo il completo assetto alla nostra materia umana, farà la pace nei popoli e combatterà il dolore e la paura della morte.
Agli atei dirai che l’uomo è il sovrano dell’umanità e la sapienza dell’uomo la regina dell’universo.
Ai credenti spiegherai che Dio si manifesta nelle sue creature come l’albero per il suo frutto. A tutti insegnerai che la perfezione ermetica è una Medicina mirabile che gli dei e i numi dell’Olimpo sotto spoglie umane portarono sulla terra, tra gli uomini doloranti e feroci, per sanar loro le piaghe cruenti e renderli miti; che Mercurio ne distilla dalle rose fiorenti l’essenza, che Amore la dona ai mortali, se Venere raggiante sorride.
Se non sarai creduto, ritorna al tuo umile lavoro e fai il bene che è seme, il quale fruttifica anche tra le spine della vita che il cristianesimo ha poste, per ornamento di martirio, sul capo di chi predicò la pace.
Giuliano Kremmerz
(3) Per ambiente voglio dire il luogo, materialmente l’ambito nel quale si svolge o si manifesta una nevrosi medianica. Ora, tanto nei fenomeni della fede quanto in quelli della medianità, il luogo ha un’azione enorme sulla psiche dell’operante. Gli artisti che possono considerarsi tutti come ispirati o come nevropatici parziali o come blandi folli sentono straordinariamente l’influenza del luogo sulla loro potestà sognatrice. Le chiese, i templi, i luoghi sacri, i boschi dedicati alle occulte divinità hanno azione diretta sui religiosi. Così in magia e nell’ermetismo, così per lo spiritismo e l’isterismo.
(15) Quante case in cui i così detti spiriti hanno fatto sparire oggetti che, viceversa, in uno stato di incoscienza un isterico della famiglia nascondeva e sinceramente obliava?