Storia di Oro
(Da Le Favole Egizie e Greche – Dom Antonio Giuseppe Pernety)
Parecchi Autori hanno confuso Horo od Oro con Arpocrate [Ndr: Arpocrate, figura o statua di uomo che ha due dita di una mano sulla bocca e nasconde con l’altra ciò che il pudore non consente di mostrare. Questa statua si trovava in tutti i templi egizi e rappresentava il Dio del Silenzio]; ma io non discuterò qui delle ragioni che hanno potuto determinare tale confusione. L’idea più accreditata è che Oro era figlio d’Osiride e d’Iside e l’ultimo degli Dei d’Egitto, ma tale posto non gli veniva assegnato per riferimento al suo merito, sebbene quale procedura per il suo culto: ciò perché effettivamente appare l’ultimo fra gli Dei Chimici essendo l’oro Ermetico, quindi il risultato finale dell’Opera [alchemica]. E’ per questo Oro od Apollo che Osiride intraprese un così lungo viaggio e sopportò tante fatiche. Oro è il tesoro dei Filosofi, dei Sacerdoti e dei Re d’Egitto; il figlio filosofico nato da Iside e Osiride [Luna e Sole] o, se più piace, è Apollo nato da Giove e da Latona. (...)
L’agente [Osiride] e il paziente [Iside], nell’Opera alchemica, essendo omogenei, si riuniscono per produrre un terzo simile a essi e che procede dai due; il Sole e la Luna ne sono il padre e la madre così dice Ermete e lo stesso ripetono gli altri Filosofi venuti dopo di lui. Questi appellativi di Sole e Luna dati a parecchie cose originano un equivoco che dà l’occasione a tutte queste difficoltà: da questa sorgente sono pullulate tutte le qualifiche di padre, madre, figlio, figlia, avo, fratello, sorella, zio, sposo e sposa e tanti altri simili nomi, i quali concorrono a informare le volgari interpretazioni di pretesi incesti e adulteri tanto spesso ripetuti nelle antiche Favole. Bisognerebbe essere Filosofo Ermetico o Sacerdote Egizio per poter districare tutto ciò; ma Arpocrate raccomanda il segreto e non è da sperare che lo stesso possa essere violato con il più piccolo chiarimento. Ciò che si può concludere dalla buona fede e dall’ingenuità, anziché dalla indiscrezione di qualche Adepto, è che la materia dell’Opera è il principio radicale di tutto, ma che particolarmente è il principio attivo e formale dell’oro; ed è perciò che detta materia diventa oro Filosofico mediante le operazioni, imitate da quelle della Natura.
Questa materia si forma nelle viscere della terra e vi è portata dall’acqua delle piogge, le quali sono animate dallo spirito universale sparso nell’aria: questo spirito attira la sua fecondità dalle influenze del Sole e della Luna che, con tale mezzo, diventano il padre e la madre di detta materia. La terra è la matrice nella quale questa semenza è depositata e quindi ne è la sua nutrice. L’oro che se ne forma è il Sole terrestre. Questa materia o il soggetto dell’Opera alchemica è composta di due sostanze, l’una fissa, l’altra volatile: la prima ignea e attiva, la seconda umida e passiva, e alle quali si è dato il nome di Cielo e Terra; Saturno e Rea, Osiride e Iside, Giove e Giunone; e il principio igneo o fuoco di natura che vi è rinchiuso è stato chiamato Vulcano, Prometeo, Vesta, ecc. Per tal modo, Vulcano e Vesta, che simboleggiano il fuoco della parte umida e volatile, sono propriamente padre e madre di Saturno similmente come il cielo e la terra; poiché i nomi di questi Dei non si danno esclusivamente alla materia dell’Opera ancora cruda e indigesta considerata avanti la preparazione che le dà l’Artista di concerto con la Natura; ma tali nomi vengono anche impiegati durante la preparazione e le operazioni che ne seguono.
Tutte le volte che questa materia diventa nera, essa è il Saturno Filosofico, figlio di Vulcano e Vesta, che sono essi stessi figli del Sole, per le ragioni dette innanzi. Quando dopo il nero la materia diventa grigia è Giove; diventa bianca e in tal caso è Luna, Iside, Diana; e quando perviene al colore rosso è Apollo, Febo, il Sole, Osiride. Dunque Giove è figlio di Saturno e Iside o Osiride sono figli di Giove.
Ma dato che il colore grigio non è un colore principale dell’Opera, la maggior parte dei Filosofi non lo menzionano e passano di colpo dal nero al bianco, quindi Iside e Osiride vengono ravvicinati a Saturno e naturalmente diventano i suoi figli primogeniti, conformemente a quanto abbiamo sopra riportato. Iside e Osiride sono dunque fratello e sorella, sia che li si ritenga quali principi dell’Opera, sia che li si consideri come figli di Saturno o di Giove. Iside la si ritrova anche come madre d’Osiride poiché il color rosso nasce dal bianco. Ma si domanderà come sono sposo e sposa? Se si pone attenzione a tutto quanto abbiamo detto, si constaterà che lo sono sotto tutti i punti di vista dai quali li si voglia considerare, ma più apertamente lo sono nella produzione del Sole Filosofico chiamato Oro, Apollo, o zolfo dei Saggi e che è formato da due sostanze: fissa e volatile, riunite in un tutto fisso, chiamato Oro.
Quando si fa astrazione dalla preparazione o prima operazione (e questo è uso quasi costante presso i Filosofi che cominciano i loro trattati dell’Arte Sacerdotale o Ermetica dalla seconda operazione), dato che l’oro Filosofico è gia fatto e che bisogna impiegarlo quale base della seconda operazione, allora il Sole si trova primo Re d’Egitto, esso contiene il fuoco di natura nel suo seno: e questo fuoco agendo sulle materie produce la putrefazione e la negrezza; ed ecco nuovamente Vulcano figlio del Sole e Saturno figlio di Vulcano. Iside e Osiride verranno in seguito, poi infine Oro per la riunione di suo padre e di sua madre.
E’ quindi a questa seconda operazione che bisogna applicare questo modo di dire dei Filosofi: «occorre maritare la madre con il figlio» vale a dire che dopo la prima cozione lo si deve mischiare con la materia cruda dalla quale è sortito e cuocerlo nuovamente fino a quando siano riuniti e non facciano che uno. Durante questa operazione la materia cruda dissolve e putrefà la materia digerita: è la madre che uccide suo figlio e lo mette nel proprio ventre per rinascere e resuscitare. Durante questa dissoluzione i Titani uccidono Oro e sua madre indi lo riporta dalla morte a nuova vita. Allora il figlio, meno affezionato alla madre di quanto questa non lo era stato verso di lui, dicono i Filosofi, fa morire la madre e regna in sua vece. Ciò vale a dire: che il fisso o Oro, fissa il volatile o Iside che lo aveva volatilizzato; perché uccidere, legare, chiudere, inumare, congelare, coagulare o fissare sono termini sinonimi nel linguaggio dei Filosofi; così come: dare la vita, resuscitare, aprire, slegare e viaggiare significano la stessa cosa di volatilizzare.
Iside e Osiride sono reputati quindi a giusto titolo i principali Dei dell’Egitto con Oro che in effetti regna da ultimo poiché esso simboleggia il risultato di tutta l’Arte Sacerdotale. Ed è questo, forse, che è stato confuso con Arpocrate Dio del segreto, dato che l’oggetto di tale segreto non era altro che Oro, il quale era giusto chiamarlo anche il Sole o Apollo poiché è il Sole o l’Apollo dei Filosofi. Se gli Archeologi avessero studiato la Filosofia Ermetica, non si sarebbero trovati imbarazzati per trovare la ragione che spingeva gli Egizi a rappresentare Oro sotto la figura di un fanciullo e, spesso, in fasce. Essi avrebbero imparato che oro è il fanciullo Filosofico nato da Iside e da Osiride, o dalla donna bianca o dall’uomo rosso; ed è perciò che spesso lo si vede, sui monumenti, fra le braccia di Iside che lo allatta.
Queste spiegazioni serviranno da lume ai Mitologi per penetrare nell’oscurità delle Favole le quali fanno menzione di adulteri, d’incesti, fra padre e figlia come quello di Ciniro e Mirra; come si racconta anche di Edipo; il fratello con la sorella come per Giove e Giunone, ecc. E così pure i parricidi e matricidi non saranno più considerati se non quali allegorie intelligibili e svelate e mai più quali atti che fanno orrore all’umanità e che non dovrebbero affatto trovar posto nella storia.
I seguaci della Filosofia Ermetica vi troveranno come bisogna intendere i testi secondo gli Adepti. «Celebrate le nozze, mettete lo sposo e la sposa nel letto nuziale; spandete su di essi una celeste rugiada; la sposa concepirà un figlio che essa allatterà: questo figlio quando sarà divenuto grande, vincerà i suoi nemici e sarà coronato con un Diadema rosso». «Venite, figli della Saggezza, dice Ermete (nei sette capitoli) e rallegriamoci ormai, la morte è vinta, nostro figlio è diventato Re, indossa un abito rosso, la tinta del quale è stata fornita dal fuoco». «Un mostro disperde le mie membra (dice Belino nella Turba) dopo averle sbranate, ma mia madre le riunisce e le ricompone. Io sono la face dei miei e manifesto in cammino la luce di mio padre Saturno». «Confesso la verità, dice l’Autore del Grande Segreto, sono un grande peccatore, ho costume di corteggiare e sollazzarmi con mia madre che mi ha portato nel suo seno; io l’abbraccio con amore ed essa concepisce e moltiplica il numero dei miei figli, essa aumenta i miei simili, secondo ciò che dice Ermete; mio padre è il Sole e mia madre è la Luna». «Bisogna, dice Raimondo Lullo, (nel 4. codicillo), che la madre la quale aveva generato un figlio venga rinchiusa nel ventre di questo figlio e che ne sia perciò, a sua volta, generata».
Se Osiride si vanta di una eccellenza superiore a quella di tutti gli altri uomini, perché è stato generato da un padre senza seme, il figlio Filosofico possiede la stessa prerogativa e sua madre malgrado il suo concepimento e lo sgravo resta sempre vergine secondo la seguente testimonianza di d’Espagnet, nel suo can. 58: «Prendete una vergine alata, gravida della semenza spirituale del primo maschio e che, malgrado la propria gravidanza, conserva nullameno intatta la gloria della sua verginità».
Non la finirei più se volessi riprodurre tutti i testi dei Filosofi che hanno un evidente e palpabile rapporto con i dettagli della storia leggendaria d’Osiride, d’Iside e Oro. Ma questi riferiti sono sufficienti per coloro che vorranno prendersi la pena di confrontarli e di farne l’applicazione.
Dom Antonio Giuseppe Pernety