Io sono, io posso, io voglio
Un lavoro su di sé accurato, continuo, rigoroso e una continua osservazione delle proprie azioni e comportamenti ci deve rendere coscienti di ciò che è stato fissato in noi dall’educazione, dall’opinione pubblica, dalla cultura del nostro paese, da tutto ciò che la società che ci circonda ci ripete in continuazione.
Un lavoro altrettanto accurato sui propri pensieri e sulle proprie emozioni, ci deve rendere consapevoli di quanto gli uni e le altre siano mossi da stimoli esterni ed interni e da un continuo dialogo interiore, a sua volta continuamente sollecitato dall’esterno.
Questo esercizio di osservazione deve averci fatto percepire l’instabilità e la continua variabilità passiva di quella che è la nostra personalità esteriore, il nostro ego quotidiano.
Un successivo rigoroso lavoro su di sé, volto a eliminare ciò che appartiene a questo ego “posticcio”, passivo e condizionato, deve portare a uno stato di “neutralità” ermetica.
Assieme a questi accurati e continui esercizi di osservazione e purificazione, un’abitudine a rimanere in un profondo silenzio, non solo sonoro ma anche interiore, ci dovrebbe lentamente aver messo nelle condizioni di separare da questo ego agitato e passivo una parte interna, un essere interiore, che ci appare inizialmente come una individualità non più appartenente solo alla vita presente, ma riconducibile a quello che il Kremmerz definisce come Uomo Storico.
Al di là di questo nucleo, ancora ricoperto da tendenze inconsce profonde, dobbiamo cercare di percepire “la nostra anima solare involuta in un nembo di nebbia nera”, come scrive ancora il Kremmerz.
Ora, ponendoci in una condizione di silenzio, di centralità, di neutralità interiore, richiamiamo la sensazione di questo essere/nucleo profondo, percependolo come uno “stato di fondo” di ciò che siamo e separato da tutto ciò che coinvolge il nostro ego quotidiano; cerchiamo anche di andare oltre le sue connotazioni istintive, e impegniamoci piuttosto a sentire e percepire, senza parole o argomentazioni, la sua intima essenza.
Rimaniamo in profondo silenzio: cerchiamo di “sentire l’essenza”, la centralità, la continuità di questo nucleo.
Richiamiamolo più volte; inventiamoci un metodo per richiamarlo a piacere e impariamo a sentirlo come la base profonda e stabile della nostra vita quotidiana, costantemente agitata.
Ponendoci dunque in tale condizione, pronunciamo sottovoce le parole: “IO SONO”.
Colleghiamo intimamente lo stato sentito alle parole espresse.
Continuiamo più e più volte, in diverse circostanze della nostra vita, a porci in tale stato, percependolo come un punto fermo e sempre più cosciente di se stesso.
E ora cerchiamo di comprendere una fase successiva.
Esercitandoci nel modo sopra indicato, il nucleo/essere profondo che pronuncia l’ “IO SONO” acquisisce sempre più coscienza di se stesso.
Ora bisogna non solo sentire l’ “IO SONO” come un nucleo cosciente, ma bisogna iniziare a percepire che questa “entità” si presenta anche come un “nucleo di potenzialità”.
Quindi questa entità interna, profonda ed essenziale, non solo deve essere cosciente di se stessa, ma deve anche sentire di “potere”.
Deve dunque riuscire a percepirsi come un nucleo fermo, immobile, in silenzio, ma colmo di potenzialità non espresse.
Deve sentire di poter fare.
Ma per adesso nulla deve essere fatto se non passare dallo stato che dice “IO SONO”, allo stato che dice “IO POSSO”.
Va percepita nettamente questa potenzialità, quasi come una pressione che può esprimersi, ma che ancora non si esprime.
Richiamiamo più volte tale stato e diciamo sottovoce le parole: “IO POSSO”.
Colleghiamo intimamente lo stato sentito alle parole espresse.
Se faremo questo più volte, si potrà verificare che tale condizione, pur ancora non agendo, produce però uno stato magnetico profondo, quasi automatico, non cercato e non forzato, ma che si origina in modo automatico.
Si percepisce questo “IO POSSO” come una pressione che vuole esprimersi, quasi un senso di “calore in potenza”, che non aspetta altro che di “uscire fuori”, di esplicarsi in una delle sue infinite possibilità di espressione.
Richiamiamo più volte tali stati d’essere, prima la coscienza dell’ “IO SONO”, poi la coscienza dell’ “IO POSSO”; quest’ultima mai disgiunta dall’ “IO SONO”.
Nulla della vita comune e dell’ego deve essere presente in tali stati d’essere.
Dallo stato dell’ “IO POSSO” cerchiamo di passare allo stadio successivo.
L’ “IO POSSO” deve adesso esprimersi ed esplicarsi come Volontà, che può creare. L’essere cosciente e potenziale deve adesso dire “IO VOGLIO”.
Si fissi un’immagine ben precisa, netta, scevra da qualunque emozione legata all’ego, e la si renda vitale.
Si fissi, nell’attimo che vola, la parola che crea.
Questa capacità di esprimere un atto di Volontà Pura, inizialmente, non può che essere supportata da atti fisici, quali riti, aiuti immaginativi, simboli, profumi e altri appoggi.
Solo più avanti nel percorso, solo dopo continui atti di Volontà Pura espressa dallo stato dell’ “IO POSSO”, potrà cessare la necessità di supporti immaginativi e la Volontà potrà scaturire, libera da ogni vincolo egoico, con il solo atto enunciativo: “IO VOGLIO”.
In questo lavoro e sperimentazione mai dovrà essere espresso un “IO VOGLIO”, che non derivi dallo stato dell’ “IO POSSO”, a sua volta generato dall’ “IO SONO”.
Solo in tal modo l’atto di Volontà potrà non essere condizionato o reso vano da stati, emozioni e pensieri legati all’ego.
FDA