Lettera alle antenate
Mie vecchie amiche, antenate delle donne di oggi, sembra passato un tempo infinito da quei giorni sbiaditi nella memoria eterna. Dopo molto silenzio il mio canto si leva perché più non sa tacere, e mi perdoneranno coloro che non hanno interesse ad udire le mie parole, ma non a loro sono dirette.
Chi vibra a queste righe saprà che sto parlando al suo animo.
Ricordate il tramonto sui campi di grano e il suono dei gufi nella notte scura? Cercandovi tra la folla ho passato così tanti giorni col canto della sorellanza sulle labbra, col cuore colmo di nostalgia e di speranza che il vecchio cerchio si riaprisse in un cammino a spirale.
Ricordate ancora il calore dei vostri cuori, stretti gli uni agli altri nei reami senza tempo, dove ha radice il nostro Amore? O forse in questa esistenza dormite, sposate a qualche uomo che non sa sondare le vostre profondità… chiuse in un ufficio o in uno studio, col vostro animo che mai ha smesso di cantare – eppure non sapete riconoscere le parole di quella melodia – … no, io non lo credo. Avrete ricordato, come ho fatto io e come hanno fatto altre in ogni epoca, l’indefinito sentimento di gioia e nostalgia, il legame sacro che ci ha unite infinito tempo fa, oggi occultato nell’istinto delle passate rimembranze. E siamo qui oggi, a camminare ancora sulla terra verde dai grandi mari, separate le une dalle altre. Forse cercando gli sguardi perduti nel tempo o forse percorrendo la Via che ci ha unite con altri volti accanto.
Ci sono donne ovunque con frammenti del corpo di Iside, disperse dalla diaspora di secoli troppo lunghi, stremate dalla sottomissione. Ma alcune hanno conservato il loro Essere e la propria verità. Alcune ancora sono sveglie o in dormiveglia, e nella loro mente i riflessi dei tempi che furono splendono nelle immagini che non poterono essere dimenticate, perché affondano le radici negli astri, non sulla terra. E ciò che l’Essere occulto ha scritto, nessun uomo e nessuna imposizione potranno cancellare. È a queste che io mi rivolgo.
I Misteri sono stati occultati… ma “occultati” non vuol dire “perduti”: niente è perduto, mai.
Non dimenticate che noi non siamo uomini né dobbiamo emularli o superarli come adolescenti ribelli: noi siamo il corpo di Iside, di Diana, d’Istarte. Siamo la Donna Antica che nutre, che genera, che è Madre dei viventi, Sposa del grande Re e Anziana nelle sembianze della conoscenza antica.
È questa identità occulta che noi dobbiamo risvegliare per ritrovarci come Unità e adempiere ai nostri voti nei confronti della nostra anima e dei nostri compagni laboriosi.
Non so in che corpi alberghiate oggi, stelle radiose dagli occhi di miele… non so se chiome d’oro, d’argento, di rame o d’ebano contornino i vostri volti, né se amiate vezzeggiarvi di pietre e gioielli. Ma vi riconoscerei dal calore del vostro cuore e dalla grazia che emanano le vostre labbra.
Ho sempre pensato che la prossima rivoluzione non si combatterà con le armi ma con l’intelletto e col cuore, accendendo fiammelle da una Fiamma eterna che ha come sola opposizione l’egoismo dei poveri di spirito, che tuttavia possono avere forza soltanto finché tutti nutriamo la grande eggregore dell’individualismo, appoggiando i personalismi con la nostra omertà.
Ed in questo la colonna Femminile sarà utile in futuro, perché la madre non vuole vedere i suoi figli uccidersi fra loro: ogni perdita, ogni vita spezzata è per lei un dolore… e non è diverso ai suoi occhi il figlio vagabondo dall’illustre dottore: questo Mistero grande, solo una madre lo può conoscere.
Fisse come stelle nella ricerca, strette le une alle altre, ciò che ieri era nell’oblio oggi sarà riportato alla luce e domani opererà per il bene comune nel corpo delle nostre discendenti come messaggio di pace, perché l’umanità ha bisogno di una madre che la ami e non solo d’un padre che la disciplini. Con questa nota di speranza e di sogno chiudo il mio canto rivolto ai vostri cuori, Anziane e Sorelle.
Ma l’eco del canto io spero non si spenga, ma perduri e cresca come il seme nella terra fertile.
La Rosa e le Maree
Stat Rosa
pristina nomine. Nomina nuda tenemus.
In un giorno simile alla più silente delle notti scorre l’eco di parole mai condivise.
Forse in una fugace visione d’interno stanno semplicemente offrendosi allo sguardo, senza pretese, così come dovrebbe essere delle parole che nascono dal cuore.
Dov’è la verità, Sorella mia, Luna bella che col mio corpo sorgi e tramonti, tu che sei Luna per il Sole e Sole notturno per la Terra, tu che in occulto volto rigeneri te stessa divenendo ricettacolo perfetto per il misterioso seme che l’umano voglia far giungere all’orecchio del suo Nume?
Ricettacolo di forme e intermediaria tra Uomini e Dei, chi è partorito da Te non vede morte.
Nel respiro simile alla marea, che fluisce come tranquilla risacca attraverso gli argini della colonna vertebrale, accordi il corpo al ritmo celeste in segreta opera, nel Saturno imprimendo la natura delle correnti marine, specchio dei cieli, in ancestrale armonia che a precipizio dalla Prima Causa discende, finché non incontri resistenza.
In moto ondoso rigeneri la vita in perfette sinusoidi, così come l’acqua s’increspa in superficie dando l’illusione del movimento. Ma il saggio che conosce la natura delle onde, il fisico amante di Natura, sa che le liquide lamine d’argento comunicano il moto ma non si spostano dalla loro posizione, altrimenti le acque dei laghi si sposterebbero, prosciugandone intere parti a seconda del vento… l’astronomo penserà allora al moto illusorio delle stelle, e sorriderà della corrispondenza tra aria e acqua. Immobile - e pur si muove! - canterà l’antico genio, sprezzante del senso comune.
Così eccoti, identica a te stessa in ogni ciclo, come oceano e mare e fiume e fonte sono forme dello stesso principio suscettibile d’infiniti adattamenti.
E chi non comprende la tua immobilità è ben stretto nel giogo dei tuoi scherzi.
Come comprenderai la natura dell’Albero, se non chiedendo alle sue radici come si nutrono della linfa della terra? Natura è semplice e si offre all’occhio attento, al cuore spinto dal desiderio che voglia imitare la sua Opera.
Così le ali ai piedi devono sapere su cosa volare, e a poco valgono i voli pindarici di chi voglia bruciarsi le ali come Icaro. Coi piedi ancorati alla terra procediamo, non sentendo vertigine nel levare lo sguardo al cielo.
Dal Saturno osservare la Luna, e solo di lì risalire la scala che conduce alle stelle.
Una ciclica legge governa la terra, che trasforma il gelido inverno in primavera fiorente ed insegna che il seme deve morire nella terra per germogliare.
Rifletti sulle maree per comprendere l’Immobilità: al centro della croce vi è un Punto o, se si vuole, una Rosa dal profumo inebriante. I suoi petali, in processione di colori meravigliosi e vari, si schiudono allo sguardo che sappia farli fiorire. Trasportati lungo le braccia della croce miliardi di esseri soggiacciono alla legge del divenire in eterno ritorno, senza avvedersi che è sempre la stessa melodia a ripetersi, la sinfonia che caratterizza la natura profonda di ognuno e che accorda se stessa alla forma schematica del mutamento. Identici a noi stessi fluiamo come su una ruota, finché un barlume di coscienza non sveli la natura del circolo e siamo spinti a volerne fare qualcosa di migliore che abbandonarlo all’incoscienza e alla cieca fatalità.
Ed allora le porte si schiudono, quando Natura diventa amica e non più matrigna.
Quando nel circolo ci si pone centro, ecco apparire la soglia.
Stanchi di ripetersi, d’un tratto si fa strada il risveglio… e guardando la vita vissuta, un unico schema s’affaccia: è sempre lo stesso che si ripete. E tutto l’essere comprende qualcosa che non sa dire, a queste parole, ed è allora che l’annoiato studioso diviene filosofo.
Così, un giorno, qualcuno col segno dei quattro elementi sul capo e una fiamma nel mezzo sorgerà dalle acque e guardando in basso bisbiglierà la loro natura. E la tua gioia sarà grande.
Qualche Sorella può comprendere bene questo enigma col suo corpo, se sa armonizzarlo al ritmo celeste e di lì investigare.
Tu, che provi dolore fisico nell’andirivieni di una marea incerta e capricciosa, entra in te stessa e chiuditi nel profondo, in quieto silenzio, ad ogni fase della luna.
Inspira, spingi, espira e contrai – come le partorienti – e ad ogni inspirazione senti la corrente scendere fredda alla sinistra della colonna vertebrale, fermarsi alla base mentre spingi coi tuoi muscoli interni, risalire calda alla destra della colonna mentre espiri e rigenerarsi alla sommità quando contrai. Senza sforzo respira col ventre e non col petto, gentilmente: gonfiando, bloccando, sgonfiando e ritenendo. Così ad ogni fase della luna, quattro volte al mese per nove cicli, a partire dalla fase lunare che segue più vicina il tuo ciclo nero, scegliendo tra la Nuova e la Piena ed escludendo come inizio i Quarti.
Vedrai il corpo armonizzarsi alla marea e smettere di soffrire, se in questo non ti fermerai all’evidenza dell’esercizio fisico ma cercherai di comprendere quale virtù stai imitando.
Medita sulla natura del tuo corpo e di lì comprendi la natura delle acque per porti centro della corrente; per comprendere l’Albero, bisogna chiedere alle sue radici come si nutrano della linfa della terra, né hai da cercare altrove per scoprire dove affonderà le radici la tua Rosa celeste quando apparirà al di sopra delle quattro Maree, nella loro misteriosa ed immobile convergenza.
Alterius non sit qui suus esse potest.
Così nella fase calante un autunno dell’anima si affaccia come il frutto che, dopo esser stato seme e poi fiore, nutrito dalla linfa del suo amato albero, sente che è giunto il momento di lasciarlo. Ed il suo canto nel cuore si fa solitario, in un addio amoroso che profuma come l’aria del tramonto.
Nulla chiede dalla vita, sereno per quanto ha ottenuto, nulla più cerca se non comprendere ciò che ha, profondamente e intimamente: in dolce melodia si chiude in se stesso e si prepara alla morte.
Comprendi la natura calante della marea, in cui ogni cosa fa ritorno all’invisibile fonte di vita e canta l’addio a ciò che conosceva?
È questo il tempo delle dolci nostalgie, della serena vecchiaia, del dolce canto che celebra il creato prima di partire. La gioia argentina muta in saggezza, il fuoco arde costante preparandosi al distacco, l’anima si commuove guardando il mondo come se non dovesse più vederlo, nel canto dell’albero e del frutto, giunti all’epilogo della loro unione. Non c’è dolore in quanto ti dico, ma muta la natura del fuoco – non la sua intensità – e si fa dolce, dolcissimo, quasi lo strazio di un dio che abbandoni le vesti dell’uomo per volare alla sua libertà: ringrazia le spoglie mortali che furono la sua casa e ne comprende il valore; ringrazia il passato e l’abbandona, traendo le ultime importanti conclusioni prima di abbandonarlo per sempre. Così va usata la marea calante: in dolce abbandono e sereno ringraziamento, morte dolcissima è un gesto d’Amore.
In un destino ineluttabile il frutto mormora, prima di cadere dal ramo, “vento sottile delle terre dell’ovest, una sola cosa ti chiedo prima che giunga l’ora del distacco dall’amato che mi nutrì e che ora devo lasciare: posami ai piedi del mio albero… fa’ che nell’ultimo respiro possa restituire il succo che fuoriuscirà da me alle sue radici, in un eterno ciclo”.
Ed il vento, mormorando in silenzio la risposta al frutto che diparte, promette: “anche l’albero sentirà il tuo distacco, e la linfa che sempre ti ha alimentato colerà silenziosa alla tua dipartita, come volesse ancora nutrirti.”
Senza attaccamento è facile risorgere.
Questa, oltre alla fase della senilità e della saggezza, è la fase che, nel corpo della donna, corrisponde all’autunno e alla marea silenziosa e morente che segue la fertilità.
Bada bene a non perdere il tuo Centro, prima che la marea diventi invisibile e ricominci l’inverno del corpo: perché vedrai che, se tutto funziona a dovere come ti ho spiegato precedentemente, ne vedrai gli effetti sulla regolarità del tuo corpo e sul tuo umore.
Quanto al fondamento di questi piccoli suggerimenti sulla possibilità di armonizzare il proprio ciclo alla Luna, devi sapere che in antichità – e tutt’ora ne abbiamo testimonianza dalle tribù degli indiani Nootka e altre che fino a poco tempo fa hanno vissuto seguendo i cicli naturali – i cicli lunari delle donne tendevano ad armonizzarsi naturalmente gli uni agli altri. Avrai potuto constatare, se hai vissuto a stretto contatto con un’amica o una sorella, che l’avere gli stessi ritmi e una profonda unione psichica porta il corpo di entrambe ad adattarsi reciprocamente, in armonia che discende direttamente dall’unione delle loro anime, così come i fiori della stessa specie sbocciano insieme. Ebbene, nei tempi antichi le donne erano solite riunirsi in una casa comune durante il periodo mestruale, l’accesso alla quale era vietato agli uomini. Parte dei Misteri femminili era considerata la festa sacra dell’iniziazione all’età adulta, che avveniva con la comparsa del primo sangue, e che permetteva alla giovane donna di iniziare a studiare le maree del suo corpo, analogamente alle fasi della Luna. Ella studiava il sorgere e il tramontare del suo potere generativo. Ella respirava con la sua stessa marea, accordandola al grande diapason che splendeva nel cielo. Nelle capanne femminili entravano in stati profondi di meditazione, riflessione e condivisione; sedendo su balle di muschio offrivano il loro flusso alla terra, che porta la luce lunare in manifestazione. Qualche spiritoso obietterà che quest’ultima parte è ovviamente dettata dall’assenza di assorbenti, eppure il significato profondo non sta in questo, ma nell’unione femminile che si estendeva fino ai loro corpi: evidentemente la vita nelle tribù si svolgeva secondo ritmi comuni e con grande affinità psichica dei suoi componenti. Nella nostra società, invece, l’individualismo e l’indipendenza profonda di ognuno ha fatto sì che questo naturale legame sia andato perduto, che i fiori della stessa specie non sboccino nella stessa stagione. Ecco quindi analogicamente il motivo, all’interno della rituaria, di orari prestabiliti e uguali per tutti, del compiere gli stessi gesti e recitare le stesse parole per un fine comune: tutto questo esprime la necessità di formare una catena psichica che sia davvero tale, per formare la comunicazione intima tra gli esseri che della Catena fanno parte.
Lunghi anni di buio e di silenzio hanno cancellato l’antica sapienza femminile. Non è tanto una questione sociale, che ai tempi odierni non ci riguarda: è una questione esoterica che invece dovrebbe toccarci molto da vicino. Da poco tempo, in realtà, la donna si sta riappropriando della libertà che le spetta in quanto essere umano: pensiamo solo a quando è stato introdotto il diritto di voto col movimento delle suffragette. Pensiamo anche che solo successivamente all’introduzione del diritto di voto, qualche timido Padre della Chiesa iniziò a parlare dell’anima della donna, mentre per due millenni questa fu considerata un essere senz’anima, mero oggetto di procreazione, serva del focolare domestico e tentazione al peccato. Ancora oggi, queste sono voci isolate all’interno della compagine ecclesiastica, che riduce il problema dell’anima della donna ad un imbarazzante silenzio.
Tutto questo tienilo bene a mente, perché ti sarà molto utile nei tempi che verranno: se vuoi sentire la Fratellanza, investiga attentamente i modi in cui si manifesta. Ricerca assolutamente il legame coi Fratelli, comunque a prescindere dal loro sesso, e tieni presente che se insisto molto su questo lato femminile è perché nella società profana le donne sono state da un lato lasciate a se stesse per lunghi secoli, da un altro lato sono abituate a provare invidia e a sentirsi in competizione con le altre femmine, cosa che può esistere in una società animale, ma non in una associazione di volontà umane basata sulle Leggi dello Spirito.
E ci tengo a mettere in luce il fatto che nessuna di queste riflessioni vuole sfociare in alcun modo nel femminismo, nell’autocommiserazione o nella polemica sterile, né mi sento di aizzare le donne contro gli uomini perché, come ho detto precedentemente, credo nella collaborazione dei sessi e nella necessità di entrambi gli aspetti; se analizzeremo certi concetti, sarà soltanto per riportare alla luce i Misteri che ci riguardano e che possono essere utili al nostro percorso, con neutralità e buon senso accompagnate dalla lanterna dell’utilità pratica di questi studi.
Quindi, se al più presto comprenderai ciò di cui ti ho parlato e lo sperimenterai profondamente, scoprirai il senso della Sorellanza e della Fratellanza. Questo io te lo auguro di tutto cuore.
Iehuiah
Accademia Kremmerziana Patavina