ANGELI E DEMONI DELL’AMORE
(Riduzione e adattamento a cura della redazione)
Sotto un vecchio ritratto di Giuseppe Balsamo si leggeva: Pour savoir ce qu’il est il faudrait être lui même. Per sapere cosa sia l’amore, bisogna amare. Vana ogni definizione di questo sentimento indefinibile, su cui si ricama tutta la storia dei vivi e dei morti: vana ogni filosofia e ogni arte che se ne occupa come per chiuderlo in una precisa e concreta disposizione o sofferenza dell’anima.
L’amore, per un medico, è il desiderio sensuale del maschio per la femmina e viceversa: per l’antropologo è la memoria che si perpetua nell’istinto animale dell’atto di procreazione da cui tutti siamo originati: per il poeta è una cantica del poema del Creatore; per l’asceta il desiderio del bene; e così via.
Per la scienza occulta, l’amore è il sacrificio istintivo, sotto le forme più varie, dell’io nell’unità sintetica della natura; e, poiché questa sintesi della Natura tutti i popoli la personificano in Dio, il sentimento di amore, comunque esplicato o sentito, è divino.
Di qui, chi voglia rintracciare le concezioni religiose di tutti i tempi, manifestate nei culti di tutte le nazioni del mondo, deve incedere nell’esame di quanto le are o i tabernacoli e i misteri antichi nascosero ai profani. Come non vi è atto della vita terrena, dalla legge chimica che determina l’amore nei corpi non organizzati alla riproduzione fisica della bestia che è l’amore animale, che non abbia e non riceva l’impressione del sacrificio dell’unità per l’unità dell’universo, così non vi è nessuna religione classica che non abbia fondamento negli amorevoli istinti delle cose generate per il loro generatore, della natura materia per la natura Dio.
La civiltà moderna ha dirozzato gli antichi selvaggi costumi degli aborigeni: l’uomo fisicamente e spiritualmente è in via di evoluzione e non completamente evoluto, né modificato essenzialmente. Lo stato selvaggio e la civiltà progredita agiscono sull’uomo col peso dei bisogni e delle necessità, in rapporto ai tempi, modificati dalle condizioni dei popoli e delle loro unità costituite. Il trasformatore di ogni essere è l’amore per il proprio simile, che la stolta filosofia profana, i cui maestri non videro oltre la materia, non ammise che sotto la parvenza di una idea innata della conservazione della specie. L’amore senza sacrificio di se stesso o parte di sé, è un non senso. Chi dice di amare senza donare il suo io all’amante, non ama, Chi si immola alla persona amata compie il più grande atto di amore. La gelosia, sentimento restrittivo dell’amore al possesso, non è testimone d’amore, perché desidera il contrario dell’amore: immola, cioè al proprio desiderio la libertà di affetto della persona che si ama. Quindi la parvenza di una idea innata della conservazione della specie è un falsa e materialista credenza in un’idea che non è innata niente affatto per perpetuare questa magnifica razza di bipedi non alati.
Strumento di civiltà è amore. Dove amore non esiste, l’eccezione alla civiltà è manifesta. Il Vico, nella sua Scienza Nuova, ne ha discorso profondamente, accennando alla boria delle nazioni – e tutta la storia delle glorie umane deve ricercarsi nel successivo svolgersi di questo sentimento spirituale nella vita delle famiglie, delle nazioni e dei popoli.
Il titolo di questo scritto è bello e io ne devo scrivere aridamente, perché non si confonda la scienza dell’amore con l’arte che canta l’amore. Ne scrivo l’anatomia per gli uomini e le donne che vogliano approfondirne lo studio e progredire nella conoscenza della verità scientifica della vita umana, per scrutare, in tempo più lontano, nella legge che regola il sentimento dell’amore divino.
Con questa analisi dell’amore io comincio a fare intendere ai miei lettori ciò che altre persone e delle più note hanno fatto prima di me. Dante Alighieri, che non è stato inteso neanche a metà dai suoi commentatori grammatici, ne ha fatta la disanima a più riprese, pur cantandolo come uno qualunque dei poeti posteriori che ne scrisse per divertire qualche Beatrice di carne e tendini, fremente di baci sensuali. Dante, come i neoplatonici suoi precursori e contemporanei, era un iniziato alle alte verità della magia divina, un occultista, come si direbbe oggi, ma di quelli che potevano essere salutati poeti alla maniera antica, quando l’iniziazione orfica aveva perpetuato nel mondo occidentale il segreto di cantare per il volgo, sotto sembianze allegoriche e forme piane, le verità più segrete del santuario iniziatico.
Il volgo, cioè l’uomo intellettualmente bambino, si ferma al significato letterale delle parole scritte o cantate; tal quale come un fanciullo che, contento delle apparenze delle cose, non scruta il contenuto o la ragione di esse. L’uomo progredito, padrone della filosofia umana, la quale è relativa e non assoluta, cerca penetrarvi il valore allegorico, il quale è sempre in relazione alle conoscenze umane ed ai fatti noti. Ma l’iniziato ai segreti del verbo divino, cioè alle verità che vengono da un mondo dove non si accede che evolevendo naturalmente e intellettualmente, nei classici poeti antichi e filosofi vi legge anagogicamente gli arcani celesti e naturali più nascosti. Il linguaggio dei poeti antichi era sacro – e la scienza di interpretazione dei libri classici veramente per la forma e il loro contenuto, appartiene all’altissima del tempio iniziatico. Virgilio e Omero scrissero nell’identico modo delle cose sacre antiche: tutta l’epopea troiana e la venuta nei lidi del Lazio della gente Enea, è una storia sacra della filosofia occulta, di cui scrivendone oggi, non si troverebbero certo più di dieci lettori atte a intenderla.
Francesco Perez, uno dei pochi commentatori moderni che abbia rasentato il senso occulto della Beatrice di dante, scrive beatrice col b minuscolo, perché egli dice che «la beatrice deve allegoricamente significar la tal cosa di cui l’uomo sano di mente dir possa che, rispetto all’amore per essa, quello della filosofia sia vile e malvagio desiderio. Né ciò solo: essa deve essere tal cosa PER LA QUALE SOLTANTO LA SPECIE UMANA SUPERA TUTTO CIÓ CHE CONTIENE IL GLOBO TERRESTRE».
O donna di virtù sola per cui
L’umana specie eccede ogni contento
Da quel ciel che ha minor li cerchi sui.
Ora per quanto l’illustre siciliano possa riferirsi all’allegoria della beatrice, nascondente la Sapienza degli Eletti, il volgo dei filosofanti non passa più in là della profana interpretazione dell’Intelligenza aristotelica e platonica, né penetra nel sublime dell’interpretazione della essenza di questa intelligenza che non è la ingannevole ragione umana, sulla quale lo sperimentalismo sensista erige tutto il suo castello di carta pesta nelle disamine riflettenti i problemi dello spirito dell’uomo.
In Vita Nova, Dante scrive:
Amor e cor gentil sono una cosa
Sì come il saggio in suo dittato pone,
E così senza l’un l’altro esser non sa
Come alma razional senza ragione.
La gentilezza del cor, intesa nel valore anagogico occulto, bisogna intenderla alla latina, gentile per tendere verso le genti, altruista come si scriverebbe oggi – ora né gentilezza alcuna né altruismo hanno altro significato se non quello di sacrificio di parte del nostro io, se non tutto, alla felicità altrui.
I due estremi, amore e altruismo, trovano il loro opposto nell’odio e nell’egoismo.
L’amore e l’altruismo definiscono i limiti delle potestà divine del mago; l’odio e l’egoismo caratterizzano tutto ciò che è stregoneria. Nell’amore vi è trasfuso tutto il bene, come nell’egoismo tutto il male; perciò l’amore che implica un qualunque sacrificio per gli altri è divino, e quello che è spinto dalle basse idealità del possesso è satanico; il primo è protetto dagli angeli, il secondo dai demoni. (...)
L’occulta filosofia dà all’amore due sedi: nel cervello e nel cuore.
Nel cervello, fantasioso e calcolatore, entusiasta o ubriaco, l’amore è impuro, è passionale, è demoniaco.
Nel cuore, sereno, obbediente, paziente, è un sentimento di abdicazione e di dedizione angelico.
In fisiologia si conoscono i rapporti che legano il cervello agli organi della impurità sessuale. L’amore impuro vi germoglia come un desiderio di vanità: è la Lilith e il Samael distruttori che consigliano e pungono il vanitoso a cogliere un fiore, per lascivia di potere, per calpestarlo come una sozzura; e ogni atto di questo amore è una viltà, in cui il cuore non aumenta i suoi palpiti che nel momento in cui l’orgoglio bestiale è soddisfatto.
Ma l’amore del cuore, in cui il cervello non ha versata la nebbia offuscante della sensualità, è un atto divino da cui c’è da aspettarsi ogni bene. nasce come una effusione delle anime tra due nature che spiritualmente si completano. Si annunzia come un vago sentimento di benessere; cresce e aumenta d’intensità come un tacito consenso tra due creature in una fede comune.
Il primo è una passione, il secondo è un ideale.
Giuliano Kremmerz