La porta ermetica

LA PORTA ERMETICA
di
Giuliano Kremmerz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ermetica
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DEDICA

Dedico a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante, medichessa, astrologa, divina — seduttrice ed ammaliatrice sempre — sei passata e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi, la fede ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccacci in Mugello.
Non so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porti, ma questo libro ti arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti con crema di frutta, dirai:
— Toh! parla un morto della tragedia storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi, immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!
E leggerai e vedrai le due figure che vi ho insinuate.
La prima è il character adeptorum... una cosa che capiscono tutti al tempo che corre, nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l'occultismo nei manuali della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe domandare al primo dei filosofi iniziati che ci vengono a predicare il verbo credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato dell'antica esposizione metafisica... e per saperne l'interpretazione giusta e moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci fa difetto.
Sol voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo é scritto: Non formido mori, voto melioris ovilis: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita futura, che in lingua maccheronica, salvo complicazioni internazionali, vorrebbe dire che all'adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita futura e che, quindi, non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l'ovile. È quindi ancora, aggiungo io, vano per l'adepto di studiare questa morte che non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e si completano due a due.
Crux abit in lucem Lux deerit soli
Crux agit arte ducem Dux erit umbra solis
oppure
Lux deerit soli Crux abit in lucem
Dux erit umbra solis Crux agit arte ducem
e nel mezzo di un cerchio intcriore:
Ergo sibi simili constantia cardine quadrant
versetto che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell'Ergo, ma per tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più critica è la seconda tavola:  Cavea sibyllarum.
Cavea vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la scena: non ti pare un serpente che non abbia capo né coda?
L'autore annota: cavea sibyllarum, idest cavea verginum fatìcanarum, cioè delle vergini indovine. Vergini? ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge: idest faemina vel puella, cioè donna o fanciulla cujus pectus Numen recipit, il petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il seno, il cuore, l'anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono Dei sententias sonantes, cioè le sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria? La conosci bene, non dir di no — e sai che ha tante porte grandi e questa piccola e bassa. L'ho scelta perché certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli futuri — quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe, vale a dire quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con asparagi scientifici all'insalata — gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu sorridi, o amica diletta, tu ridi...
Siimi serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai dall'albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il male, che l'umanità, avanzando, raccoglie e digerisce. Conserva per te la melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei Cantici, e dalla voce regale... perché hai testa di donna e corpo flessuoso di serpente tentatore: non ridere... lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante che veglia, ci spia, ci fa da delatore?... oh il perfido eunuco!

Giuliano Kremmerz

 

 

 

 

 

I.

Invitato da un amico, volontario romito in una ridente casetta, circondata di rosai, per dimenticare nel silenzio e nel profumo una gioventù tempestosa in cui la tragedia della sua anima si compì, accettai l'ospitalità per alcuni giorni.
Il grazioso edificio che mi accolse è bianco come neve, in cima ad una collinetta ammantata di perenne verde. Si chiama Villa della Speranza e questo nome, inciso su due piccole leggende di marmo dal fondatore di quella casa, oggi è mezzo coperto dal musco e dall'edera antica.
Vi si accede per tre vie: una di oriente si perde in boscaglie e macchie di pini e palmizi; quella di occidente, più agevole, tra balze e colline coronate dalla lontana visione delle Alpi Marittime; l'altra più moderna, comoda, ombreggiata, la congiunge alla cittadina elegante e pulita di S. Remo. So che Remo fu ucciso da Romolo, ma non so perché l'abbiano santificato; in ogni modo, il nome della leggendaria vittima della prepotenza del primo re di Roma mi parve un buon augurio per quello che si svolse dopo.
Poiché dopo qualche giorno di quiete in quell'asilo, per la via di oriente arrivò un nuovo ospite, un signore che, dissero, aveva viaggiato l'Asia, visitata l'India misteriosa, tentato il Tibet e confabulato a lungo coi discepoli di Confucio. Uomo poco ciarliero, parve un compagno adorabile. Scarsamente curioso, fumava tutto il giorno come tizzone.
Un secondo amico arrivò in seguito. Un altro nomade impenitente: un italiano che aveva percorso la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Inghilterra e poi l'America del Nord, e poi, di ritorno, la Spagna, l'Egitto, la Grecia. Mi parve costui più malinconico del primo. Aveva le valigie cariche di libri e leggeva e rileggeva come assetato di imparare e di erudirsi.
Terzo giunse, in un cocchio dalla ferrovia, un romano, ben pulito, ben raso, vestito di nero come in procinto di accompagnare un morto al cimitero. Aveva l'aria di un uomo supremamente annoiato e sbadigliava come un soffietto di organo.
Il desinare del mio amico, padron di casa magnifico, ci riuniva a tavola: desinari quasi luculliani mangiati in un quasi silenzio da trappisti. Non si sapeva di che cosa discorrere. S'era in cinque e tutti uomini — e il più impacciato di tutti mi pareva l'anfitrione che, signorilmente, servendoci il caffè, il nero e rio caffè, parlò cosi:
— Amico d'ognun di voi, vivo solitario da parecchi anni; l'abitudine di star solo mi fa abborrire le lunghe chiacchierate, ma preparandomi ad accogliere nella modesta casa della Speranza quattro amici come voi, non credevo di aver ospiti quattro affiliati del silenzio. La ragione di tale parsimonia di parole è nella scarsa conoscenza che ognun di voi ha degli altri. Non si direbbe che siete intinti della stessa pece. Permettete che io vi faccia conoscer meglio. Caio Buddi da venti anni ricerca i veri dell'oriente religioso, ha viaggiato, ha interrogato, ha visto, legge il sanscrito come io leggo la cabala dei sogni. Mevio Mefisto ricerca anche egli il segreto di Faust, è in possesso dei libri più rari della medieva Germania, ha rovistato Londra, ha pescato le cose più curiose nei librai antiquari di Parigi, ha consultato tutte le sibille e gli stregoni e i bramani delle quarte pagine. Sempronio Cristiano conosce tutto il nuovo e vecchio mondo dell'esegesi biblica, tutte le polemiche filosofiche del Cristo, tutte le versioni evangeliche... e sbadiglia per questo, come un cane che abbaia senza voce. Infine tu, vecchio camerata, che hai fatto della propaganda di magia in fine del secolo XIX, coraggio di apostolo in ritardo... ed in Italia dove nessun uomo crede negli apostoli ideali.
Ospite grazioso, le tue sagge dipinture sciolsero la lingua ai commensali di ogni giorno, meglio che dieci bottiglie del tuo nebiolo angelico, e messo in campo l'argomento della verità che si nasconde a chi la cerca, le confessioni piovvero.
Tempo perso per ognuno dei tre. Erano tre sconfitti, tre reduci di una disfatta intellettuale cui avevano prestato il loro ingegno e tutte le forze della loro cultura varia. Erano tutti stanchi e ritornavano dalla eroica campagna alla vita della mediocrità apparente, pur con l'anima rivolta alla sfinge muta che non risponde ancora l'ultima parola arcana.
A questi tre nella sera del plenilunio parlai cosi:
— «O benemeriti della cultura religiosa e superstiziosa dei popoli, il vostro lamentevole dire non trova indifferente chi vi ascolta, e quantunque il mio prezioso ospite mi abbia presentato come un apostolo delle cose morte, io sono il più grande amico della verità viva. Tutti e tre avete sbagliato strada, perché tutti e tre partite da un preconcetto che fuorvia, cioè che l'uomo sia diverso oggi da quello che fu ieri ed anzi peggiore, e che l'oriente e l'occidente non si rassomigliano come gocce di acqua.
«Al secolo XX, innanzi alla libera investigazione della scienza positiva, voi cercate di evocare o l'India di Budda, o il fumoso medioevo della tregenda o la teologia dell'isterismo cristiano cattolico. Questo è un mondo morto che non ha parola viva se la scienza non lo sfronda dalle soperchierie delle favole, delle allucinazioni, dei sogni.
«Mutate via e troverete la verità. Io sono lo spirito del tempo e parlo della ricerca della verità nella scienza umana con la liberalità che il criterio moderno consiglia. Una volta si aveva orrore di concedere al popolo i diritti politici, come le caste sacerdotali, possedendo o no la conoscenza del misterioso secreto che cangia l'uomo in un semideo, proibivano ai profani di inve­stigare. Oggi che il potere politico è nelle mani dei popoli più avanzati, ogni problema può essere esaminato da chi con disegno prettamente umano cerca di arrivare alla conoscenza della verità assoluta. Però io biasimo apertamente coloro che facendo professione di scienza positiva, con criteri ristretti alla mentalità della vita sensista ordinaria, vogliono analizzare un mondo che altri sensi svelano e non comuni, come detesto i mistici, i poeti, gli empirici dello spiritualismo che si accingono a creare castelli di carte da giuoco. E dico che col buon senso italico, con quel buon senso mediocre che tutti posseggono, la via giusta, spoglia di ogni settario proponimento, deve essere additata ai ricercatori del vero, Filosofi parolai, e scienziati di limitati sensi indagativi, devono far posto ad una scuola razionale di cultura che indicherà la via alla massa perché segni il limite in cui il filosofo deve fondersi allo scienziato e camminare alla conquista della verità pro salute populi ».
I tre oppressi mi guardarono come un uccello di forme strane. Capivano e aspettavano che continuassi. Ma l'ospite, il meno sapiente, soggiunse:
— E tu finora non hai fatto propaganda di magìa?
— Sì, ma esplicandola come concezione antica in rapporto alle conoscenze modernamente diffuse, e anche perché non potevo battezzare con un nome diverso, un nome che non esiste, una scienza o un gruppo di scienze che mirano alla integrazione dei grandi poteri umani nell'età moderna. Questa Scuola Integrale Italica la fondo stasera nella tua Villa della Speranza, tra un bicchiere di grignolino e un risotto ligure... tanto Budda mangiava e Cristo beveva e Mefistofele v'aggiungeva anche qualche altro intingolo.
E cosi s'inaugurò un ristretto circolo di amici ai quali esposi le mie idee concretamente, senza fronzoli e declamazioni e pretese letterarie che non ho. Parlavo a persone che avevano già letto, investigato, ricercato molto e che mi potevano intendere senza troppe sfumature d'arte oratoria, quindi risparmio la tonalità di Zaratustra, perfettamente fuor di luogo.

 

II.

La magia, la divinazione, l’astrologia, l'alchimia perché si chiamarono occulte?
Le spiegazioni sono tre: occulte, perché si servirono nelle loro realizzazioni di tutte le forze umane e fisiche ignorate dagli uomini pubblicamente ritenuti per rappresentanti di ogni sapienza nota; occulte, perché in occidente si trovavano in conflitto con la religione, padrona dei poteri civili, che condannava ogni manifestazione di miracoli, fuori la chiesa, come eretica; occulte, perché coloro che erano in possesso di verità che gli altri ignoravano, sètte o uomini isolati, ne potevano usare ed abusare senza controllo.
Deve perdurare l'aggettivo occulto come l'attributo di queste scienze?
Ragionevolmente sì nel primo significato, perché esistono manifestazioni che la scienza officialmente insegnata non spiega o non riconosce.
Vero è che si discute di psichismo, di poteri psichici, di investigazioni psichiche, ma le forze, in procinto di essere studiate, non sono note ancora e definite (1).
Negli altri due significati non esistono scienze occulte, perché per stampare o parlare di esse non abbiamo a temere che un tribunale ecclesiastico ci condanni, come condannò Galileo, Gior­dano Bruno, Campanella, Borri e Cagliostro.
Le forze che non si conoscono chiamiamole latinamente latenti o nascoste.
Magia, che sarebbe prettamente classica, suona male a molti orecchi che aborrono l'antico, specie perché della parola se ne è abusato. Sostituiamola con due parole che la spiegano, chiamiamola scienza integrale.
Integrare significa rendere intiera o perfetta.
Integrazione è il metodo complementare per rendere la scienza, che officialmente si insegna nelle università, completa con lo studio e la conoscenza delle forze latenti nella natura e nell'uomo.
Quindi scienza integrale della natura obiettiva, magia naturale, e scienza integrale umana, che è la magia divina, perché risveglia ed esercita e sviluppa in noi gli attributi che l'ignoranza ha finora attribuito agli dii.

Esplicitamente il programma dei fatti è nello sforzo per migliorare noi e gli altri nella conoscenza della individualità latente in noi; applicare le conquiste alla vita reale, a beneficio dei meno provvisti, combattendo il male sotto qualunque forma di ignoranza e di prepotenza.
Chi si sente di apporre la propria firma a questo programma ideale deve considerarsi liberamente un compagno nostro, in nome della Luce che dà la scienza contro ogni superstizione religiosa e settaria, affinché questa terra sulla quale ritorneremo senza che le trombe dell'Apocalisse suonino il risveglio dei morti, trovi un popolo grande di fratelli che ci vendichi dei dolori che le pazzie delle forme religiose hanno seminato a larga mano nei secoli, e le furie sacerdotali, vere delinquenze di teocrazie malvagie, hanno incollato alla storia dell'anima istintiva che in ognuno di noi perpetua il ricordo atavico.
Non so se saremo pochi o molti. Io ho desiderato sempre i pochi di buona volontà ai molti di tiepida fede nella cosa che intraprendono a studiare o praticare.
La parola e l'esempio dei pochi trasformerà, come la polvere di proiezione degli alchimisti, centomila volte il numero. Così si propagò il Pitagorismo nella Magna Grecia, un precursore del cristianesimo ideale, non cattolico e non protestante. La nostra scuola prettamente investigativa non deve essere presa per filosofia nel senso parolaio e propiziare ai novelli teologi un campo di chiacchiere nuove da mietere con la falce di Saturno.

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(1) Psiche, psichismo, oggi adoperate largamente, sono parole di un valore incerto, approssimativo, come le parole anima, animismo, incosciente.

 

III.

Questo animale misterioso, orgoglioso di sapienza e di intelligenza, che domina sulla terra tutta la scala degli esseri dotati di movimenti, non ancora ha squarciato il velo che copre le sue origini e nasconde la fine del suo viaggio. Fino a quando la soluzione dell'enimma non sarà di dominio pubblico, vi saranno chiese, pagode, sinagoghe e moschee. Se una direzione nuova, fuori le linee delle vecchie, cancrenose carcasse dei templi, incammina le masse sottratte all'analfabetismo verso l'ideale della fratellanza e dell'amore come la più sicura e naturale soluzione di bene sociale, un gran passo sarà fatto.
Però non si creda un fuor d'opera ozioso lo studio della sapienza sacerdotale degli antichissimi. Gli antichi ci furono inferiori in moltissime cose, ma la scienza dell'anima umana presso i loro sacerdozi raggiunse il secreto della divinità. Quelli che non conobbero il telegrafo senza fili, il radium, il dirigibile, l'automobile e l'areoplano, scrutarono a fondo l'anima dell'asservito alla tirannia delle caste e l'anima delle folle.
Le teocrazie non si occuparono che dell'uomo e apparentemente degli iddii. L'uomo era l'unico nemico del potere divino, e le religioni di stato vollero sempre il dominio della scaltrezza sulla ferocia delle masse. E fu vera scienza quella che notomizzò il pericolo permanente al dominio dei pochi — scienza oggi nel mondo ancor bambina, perché il cristianesimo cattolico e i relativi governi da poco tempo hanno rinunziato alla esclusività industriale di occuparsi dell'anima umana. Non ancora è spuntato lo storico dei delitti della fede religiosa contro il benessere della società ostacolata in ogni passo verso la conoscenza dell'anima.
Non sono gli uomini che compiono le grandi rivoluzioni: è l'ingiustizia delle lunghe prepotenze che le maturano. Il cristianesimo nacque rivoluzionario e continuò tiranno della mente umana, ed è condannato o a ritornare alle origini semplici della fede, o a trasformarsi, o a perire. Le cristallizzazioni appartengono al mondo minerale e non a quello delle idee umane.
Il cristianesimo politico, e ignorante della scienza dell'anima umana di cui volle e pretende ancora conservare il privilegio, produsse quel convenzionale medioevo in cui si sommerse l'antico, e dette origine al rifiorire della cultura magica contro la chiesa di Paolo e di Pietro; magia ebraizzata come indice di protesta a un gruppo di ebrei scismatici che avevano dato un figlio al terribile Jeve, e diabolica in opposizione alle divinità nuove. Cosi, come il cristianesimo primitivo assorbe i poteri teocratici, le forme, le pompe, i riti della teocrazia, la magia e la stregoneria perpetuano, in geroglifici strani e paurosi, gli oscuri enunciati della scienza dell'anima, nei ruderi delle superstiti conoscenze dei templi antichi.
Questa magia di scuola, che dette uomini come Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo, Pico della Mirandola, Bacone, Berigardo di Pisa, Giovanni Battista Van-Helmont, Alberto Magno, Olao, Avicenna, Tritemio, Paracelso... non deve essere confusa con la magia della patologia isterica che portava al rogo i pretesi affiliati dei saturnali dell'Astarotte.
Da quella prima magia di scuola scaturisce il grande fiume delle conoscenze moderne in ogni campo d'investigazione: la fisica, la chimica, la scienza delle forze psichiche e dei poteri fantomatici degli uomini, l'ipnotismo e la suggestione come strumenti terapeutici, e sorgeranno ancora: una esatta conoscenza delle potestà latenti nell'organismo umano, complemento alle scienze biologiche, e forse l'intuizione dell'ultima evoluzione della specie.

IV.

Tracciare un programma di studi e soprattutto il programma di una scuola in brevi pagine non è cosa agevole. Ma la brevità non mi sarà ascritta a colpa. La Scienza Integrale, ridotte la magia pratica e le mirabolanti istorie e disquisizioni di tutti coloro che oggi fanno le teologie poetiche in tutti i temi musicali, alla possibilità della scienza accertata, non deve illuderci come una panacea facile di miracoli, né farci obliare il fine delle ricerche.
Scopo dell'integrazione è l'uomo. Non perdetelo di vista mai. Lasciate per ora i diavoli e i santi e gli arcangeli dove si trovano. Ogni vostra esperienza deve essere fatta sull'uomo: non su di un uomo, ma su di voi stessi che appartenete alla orgogliosa rappresentanza dell'Olimpo in terra.
Laboratorio economico, lo portate costantemente dove vi piace. Mettervi in un grande equilibrio fisico e intellettuale, con un regime di vita sobria, senza sforzi che vi conducano nella schiera dei nobili asceti, osservare in silenzio, nel sacro silenzio che separa l'adepto dalla vanità della parola, non è cosa supremamente difficile. In voi si propizia cosi lo sviluppo della intelligenza ermetica, cioè il potere sottile e penetrativo della mente umana che ci avvicina alla realtà insita nelle cose che colpiscono i nostri sensi umani. Per intenderci di che voglio parlarvi, vi dirò pedestremente il significato di questa conquista. Se studiate un problema di algebra e non riuscite a trovarne la soluzione, né sperate di riuscirvi e si affaccia, fuori ogni premeditazione di logica ricerca, improvvisa una determinazione del vostro intelletto, che vi dà la via vera, che voi troverete vera, quella che in voi si è prodotta è una luce intellettuale che viene dalla parte più nobile di voi stessi, che pare per la sua sottilità una ispirazione a voi estranea: questa è intelligenza o luce ermetica.
Nello scolaro risolve la breve questione della vita del liceo; nell'artista dà la penetrazione delle forme e il senso dell'arte; nello scienziato la illimitata conquista della ricerca.
Ermete è il nome greco del latino Mercurio. Nebo, Ermes, Mercurio, Lucifero, Spirito Santo sono sinonimi dello stesso stato di essere della intelligenza umana le cui leggi secrete ancora agli uomini sono occluse. Tutte le forme più divine sono possibili se con allenamento graduale questa lucente stella del nostro mondo mentale si scovre dalle nuvole che tutte le nostre imperfezioni disquilibranti fanno più dense. Può arrivare allo stato di genio, come nella forma del demone di Socrate; di Nume, come in Apollonio di Tiana; di Dio Padre, come nel tipo solare del Cristo.
È questa intelligenza che da luce si converte in forza e dà le forme di magia oggettivante, dal magnetismo alle proiezioni di forze psichiche, alle forme di medianità diverse, attraverso i fenomeni delle quali vigila un'intelligenza inafferrabile, che l'uno ritiene spirito di morti, l'altro demone e un terzo angelo.
La scienza delle religioni vi ricorda che si risveglia nel silenzio e nella purità dell'innocente questo dio proteiforme in voi. È vero o no? non giurate nella parola dell'uomo e lasciate che la lotta per afferrarlo e definirlo sia impegnata tra voi e lui. Ma ricordatevi che anche il cristianesimo nacque infante, cioè non parlante, da cui il simbolo del bambino che regge il mondo.

 

V.

Se studio un problema di geometria o percepisco una ragione riposta che armonizza due cose apparentemente contrarie, sono il senno penetrativo di Ermes.
Sono sempre io e sempre uno.
Ora una cosa sola è provata dalla esperienza: quando l'uomo è sano di corpo, senza appetiti, senza desideri, in pace con se stesso, in pace con i suoi simili e con le cose che lo circondano, è nella pienezza del suo potere giudicante. La neutralità dell'uomo di fronte allo spettacolo del mondo obiettivo lo avvicina alla verità immutabile delle immagini sensazionali che lo colpiscono, perché le appariscenze neutre delle cose del mondo sono concepite attive o negative secondo lo stato neutro, attivo o passivo dello spettatore.
Che cosa voglio intendere per neutralità? aiutatemi con la vostra penetrazione ermetica a spiegarmi: le cose non soggette a mutare l'aspetto loro, perché considerate senz'anima e senza passioni, sono costanti per natura loro (neutre) nell'apparenza che colpisce i nostri sensi. Se a questa immobilità ipotetica della loro struttura, l'uomo contrappone uno stato di concezione o percezione sensitiva senza desideri, cioè senza turbamento di quegli stessi sensi che devono dargli l'idea delle cose, le vede e le sente come sono, cioè il più neutralmente possibile, cioè il più vero che sia concesso a lui. Un chimico che attentamente analizza un corpo, con le regole e gli apparecchi propri alla sua bisogna, è uno spettatore neutro in cui l'ermete della sua mente trova facile la manifestazione dei suoi poteri adatti. Un matematico che studia e svolge una formula o un calcolo è neutro innanzi all'aspetto delle linee o dei caratteri che egli ha tracciati.
Appena la neutralità dell'osservatore è scossa, comincia uno stato di interesse o partecipazione al risultato voluto e qualunque manifestazione intellettiva sgorga maculata dal desiderio e falsa. Questo si osserva in migliaia di esempi nella terapeutica in medicina, quando il medico per le sue cognizioni ha già le sue idee fatte sul percorso della malattia.
Nello spiritismo, di cui tutti più o meno siete un po' infarinati, nel maggior numero dei casi la medianità scrivente non riesce che ad accumular chiacchiere, poiché i pretesi medi non sono neutri e, con o senza stato ipnotico o di trance, mescolano novantanove parti di piombo della loro mentalità cosciente o incosciente a un centesimo di oro ermetico (2).
Spesso poeti, improvvisatori, romanzieri, sono i più perfetti medi, appunto perché conservano la loro neutralità: credendo di far cosa di arte dilettevole, non si preoccupano di ciò che scrivono o cantano e lasciano parlare integralmente l'ermete loro.
L'aspetto delle cose che colpiscono i nostri sensi, benché costante alla fotografia, nella riproduzione delle tinte varia col variar della luce. In noi, che abbiamo naturalmente un meccanismo di riproduzione superiore al semplice obiettivo fotografico, l'aspetto delle cose varia non solo per differenze luminose, ma per lo stato morale in cui ci troviamo quando le cose prendiamo in esame.
Ciò dimostra che la visione del mondo, in cui si può leggere il bene e il male, ha tanti aspetti soggettivi diversi per quanti sono gli uomini e per quanti possono essere nello stesso uomo gli stati e le sfumature passionali.
Sani di corpo o malati, sonnolenti o allegri, addolorati o beati, le cose che ci circondano ci parlano differentemente.
A intendere l'aspetto vero delle cose occorre lo stato di neutralità perfetta che ci è dato dal perfetto equilibrio di noi stessi.

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(2) Nel Mondo Secreto 1898-99 parlai a lungo delle simili nature, pretese manifestazioni spiritiche, che si formano nella coscienza del medium per mancanza di neutralità.

 

VI.

Le religioni ebbero origine dall'idea di legare le masse travagliate dalle passioni bestiali ai tipi divini, per il governo loro e per modificarle alla vita sociale. Ebbero origini teocratiche o formarono dopo la loro nascita delle teocrazie. Le due grandi religioni vive, teocratiche o no, il cristianesimo e il buddismo, ci trasportarono ad un eccesso antiscientifico: lo spiritualismo, l'uomo-spirito, che la logica umana ripudia.
Comprendo che l'uomo-spirito è una idea seducente e una nobile fantasia; ma con questo non escludo che sia una eresia scientifica della scienza sacra.
Ogni eccesso è disquilibrio delle facoltà.
Stabiliamo alcune idee fondamentali, per prepararci.
Che cosa è l'uomo? Un vestito di carne e una mente che ragiona, osserva e concepisce le idee.
Non entriamo in tutto quello che han detto filosofi e religiosi.
La chiesa ci dice anima e corpo.
Lo spiritismo afferma esistere un corpo, un perispirito, uno spìrito.
La teosofia buddica ci divide in sette parti.
Noi ci sentiamo uno. Bisogna compiere uno sforzo atletico per arrivare a sentire in noi un quid diverso dal corpo, che chiamiamo mente.
In latino, mens. M accorciativo di meus ed ens participio di esse. Mente, dunque, per i nostri padri dovette significare il mio ente, la mia entità pensante, entità coscienza.
La psiche e il logos dei Greci non si spiegano cosi.
Scientificamente: un corpo organizzato, vivente, con funzioni autonutritive e di ricambio e un cervello che è ritenuto il laboratorio delle idee. Le idee sarebbero trasportate dal mondo oggettivo a noi per mezzo dei cinque sensi. Il cervello, centro delle sensibilità, prende le idee dai veicoli sensorii e le elabora e le ritiene.
Tutto sommato noi siamo materia grigia cerebrale; perché se non avessimo cervello, non avremmo la coscienza di noi stessi. Quindi la nostra individualità morale e intellettiva, partorita dal cervello, è la mente:  dea Minerva dal cerebro di Giove.
Questa bella Dea è il risultato specifico delle idee che arrivano al cervello per mezzo delle sensazioni? o è indipendente da queste e sopravvive al corpo fisico?
Alcuni dicono di sì; altri lo negano.
Non credete a nessuno. Non esiste scienza che non debba stare ad un controllo di esperienza. Possiamo dire: noi sappiamo quando la nostra esperienza personale ci rassicura. Né è il caso di credere anche a chi lo avesse provato sull'individualità propria, perché voi potreste avere una mente che sopravvive e io no, o viceversa.
Alcuni citano le religioni: fonti sospette. I preti in buona fede possono aver sognato, ed in mala fede avranno voluto accaparrarsi una cerimonia funebre per tenerci gabbati.
Bisogna leggere profondamente un sol libro, il proprio.
Queste affermazioni non dovete accettarle dalla mano di nessuno, né metterle come base di scienza. Ne discorrerete dopo che avrete studiato e praticato.
Per ora consideratevi come una unità.
Dite:  Uno è il Mondo Universo e Uno sono io.
Se io mi assorbo in un pensiero, sono mente; se io mangio e digerisco, sono uomo. Ma siccome l'una funzione non è mai indipendente dalle altre, io sono uno.
L'uomo aspirante alla sua integrazione deve ragionevolmente sviluppare tutte le sue unità, non i soli piedi o il solo stomaco o il solo naso. E questo è il nodo della questione sul quale richiamo la vostra perspicacia: l'iniziatura ad una scienza reintegrativa non è a confondersi con le teosofie e le religioni che vogliono mutare l'uomo in un angelo che suona il liuto innanzi al trono divino; ma più modestamente aspira a che la bestia intelligente uomo si sviluppi fino alla purezza dei suoi poteri, sovrano del suo destino e libero e giusto padrone delle forze latenti e note che natura gli ha dato.
Se un sistema di medicina volesse ridurre tutto l'organismo umano al solo eccessivo sviluppo della sensibilità nervosa non creerebbe la sanità del corpo.
Così l'ipotesi religiosa ha dato per risultato tanti soggetti da manicomio che poi furono santificati per ammirazione delle nevropatie di tutte le forme nella storia della fede. Comprendo che vi furono dei matti generosi e veramente eroici per la loro azione sociale in tempi difficili, ma ve ne furono mille altri, delinquenti raffinati dalla teologia, che fanno disonore non solamente al paradiso, ma all'umanità.
Giuliano l'Apostata, che fu iniziato ai veri, non concepiva perché il paganesimo integro ed esuberante della iniziatura romana dovesse sostituirsi con una eresia antimagica, che preparava alla morte e non alla vita e che si chiamava cristianesimo appunto per un simbolo di morte.
La mente umana deve disporre del corpo fisico e non lasciarsi soggiogare da esso, senza riparo e per fatalità, e il primo potere che sviluppa la mentalità è quello di comandare alle forze che prevaricano di arrestarsi.
Questo, lo stato della civiltà sociale odierno, già lo dà ai migliori educati, poiché educazione pratica è quella di non lasciarsi trascinare dalla prepotenza degli istinti.
Ma voi, uomini di vita e di acume, non crederete che chi appare cosi, sia così.
Oggi l'educazione più che di reale predominio della mente sul corpo è di ipocrisia, che nasconde abilmente l'intemperanza degli uomini che più appaiono fortemente armati alla lotta.
Invece, per l'uomo che vuol evolvete dallo stato animale allo stato integrale, il potere inibitorio della mente sui sensi deve essere reale, non apparente.
Colui il quale, viceversa, si fa dominatore dei sensi per spegnerne le funzioni fino al punto che il giorno in cui se ne vuol servire li trova atrofici, è semplicemente un nevrastenico infelicissimo.
Da qui vedete quale abisso separa le due cose, magia e religione.
L'asceta e l'iniziato si spogliano entrambi della necessità di amare.
Il primo si rende incapace, il secondo volontariamente astemio.

 

VII.

Niente formule. Amici miei, la scienza è anche temperanza di parole.
Vuoi condurti bene? sii temperante di pensieri, sobrio nelle azioni. Considera il tuo simile come carne della tua carne: carità viene da caro che è carne. Domina i tuoi sensi e non fare che prendano il sopravvento sulla tua ragione. Usa delle cose in ragione della tua potenza di usarne. Non arrivare alla sazietà di nessuna cosa che desideri. Non preferire di parere e non essere: sii per te. Non ambire ciò che è degli altri per vanità e per utilità tua. Ambisci e pretendi se hai la coscienza che farai meglio e sarai utile agli altri. Ripudia tutto ciò che ti pone al di sopra delle mediocrità in mezzo alle quali vivi, perché gli altri non t'invidino come una ingiustizia vivente. Non considerare il lavoro come una pena, ma come il tuo contributo alla vita dei tuoi simili in società... leggete i Versi di Oro di Pitagora e troverete il galantuomo evoluto dei tempi nostri. Quindi non domando eccessi, se tutto si riduce qui.
La pace sia con voi.
Perché la pace alberghi in voi, occorre che fisicamente siate sani e temperanti nella vostra mente e adattabili o adatti all'ambiente in cui vivete. L'ambiente della nostra vita di pace non tutti possono scegliere; la lotta per l'esistenza, gli errori volontari, le necessità imposteci dalla grande società in cui si vive, spesso ci opprimono. Non avendo saputo o potuto scegliere l'ambiente di pace, non potendo e non sapendo rinunziarvi perché i nostri errori dobbiamo espiarli ad uno ad uno, bisogna agire su di esso per modificarlo con la pazienza, con l'esempio, con la tenacia.
Il più attivo mezzo per rendere innocuo un ambiente in cui vivete a disagio è di staccarvene mentalmente. Qualunque cosa voi possediate vi possono togliere o avvelenare o ferire: anche i vostri pensieri, se non vegliate. Staccandovene mentalmente, come di cosa che non deve né può offendervi e sentendovi dotati della missione di tollerare quelli che a voi sono inferiori e molesti o obbligarli per volontà a non toccare la vostra quiete, voi avete vinto e avete prodotto un bene.
I maghi della tradizione, quando vogliono conservare la loro integrità contro gli spiriti e le creature del male, si chiudono in un cerchio che tracciano con una spada. Circondate le vostre persone di cerchi ideali, con un ramoscello di olivo, e dite:  gli ingiusti non arriveranno a intaccare il mio equilibrio.
Se voi, invece di essere come ora siete, sarete arrivati ai primi passi della pratica di questa arte nostra sublime, saprete che Ermete vi dirà la parola che calma i cani che abbaiano e rompono il sonno alle persone giuste o vi darà il potere di non sentirli latrare.
Nella vita fisica, usate di tutto e astenetevi di tutto a volontà. Niente eccessi. Nella vita morale, sopportate gli animali molesti che vi circondano e le noie quotidiane. Se siete pazienti, imparerete a mettere una museruola alle prime e riparo alle seconde.
Non siate mai ingiusti e, dimenticando che siete nutriti di cristianesimo che ci ha fatto giustificare tante menzogne, imparate ad essere sempre sinceri con voi. Chi dice la verità a se stesso, sentirà la verità dagli altri. Ricordatevi che il nostro laboratorio è in noi e dobbiamo vedervi chiaro come alla luce del sole.
Essere sinceri con se stessi è cosa difficile.
Se arriviamo a spogliarci delle passioni, ci avviciniamo alla verità.
Con le passioni che ci tormentano è inutile pensarci.
Con un regime sobrio di vita, senza eccessi, il corpo si fortifica. Se siete ammalati, digiunate. Rivolgete questo regime alle passioni e ai desiderii.
Le passioni (da passio) sono sofferenze per desiderii non conseguiti o non soddisfatti abbastanza. Desiderate sobriamente e, quando il desiderio eccede, astenetevi.
Questa ginnastica vi rende padroni di voi. Cosi potrete acquistare l'abito della sincerità e dire a voi stessi: io sono un uomo debole e devo correggermi — o io sono un pigro e devo essere solerte — o io mi sento un satiro e voglio diventare un uomo.
Quest'ultimo esempio vi indichi che ciò che più ci allontana dalla integrazione dei poteri umani, il peccato peggiore, è il desiderio della voluttà, la cupidigia del possesso sessuale. È la cosa che fa scendere l'uomo civile al livello dei mandrilli.
Dunque, mi domanderete, bisogna essere della scuola di S. Antonio Abate e casti come anacoreti per pervenire?
No, miei cari amici, bisogna non prostituirsi mai, perché l'uomo e la donna si prostituiscono e scendono dal piedistallo umano quando si danno per la carne. È come il vizio della gola. Il bisogno di vivere ci deve provvedere il cibo che ci appetisce, ma, senza il bisogno già soddisfatto, se mangiamo per sentire il sapore delle vivande, siamo dei maiali con l'apparenza umana. Analogicamente è la prostituzione dell'uomo, nel quale non è l'appetito prettamente fisico che lo deve determinare ad una soddisfazione degli istinti; mai un desiderio impuro turbi la vostra carne, e sempre impuro considerate ogni desiderio sessuale in cui la respirazione della materia più grave vi chiama al sacrificio della vostra dignità di uomo o di donna.
Considerate la cupidigia non come i cristiani cattolici, ma come gli uomini più evoluti.
Una delle cose più aristocratiche della vita umana è la propria donazione intera, in un attimo di oblio dell'universo, perché in quell'attimo tutto l'universo sfavilla e vibra in noi. È aristocratico e divino quando un amore vero, profondo, intenso, che è comprensione, è luce, è manifestazione di un mondo nascosto agli occhi delle bestie, ci domanda il sacrificio dell'atto nella sua nobiltà di pensiero e d'immagine. È la più sozza delle cose quando l'amore vero e immenso è assente e la lascivia dell'ozio e del sangue ci infanga.
Quindi intendetemi e separatevi dalle forme religiose che questo non hanno inteso mai; è prostituito il sacramento del matrimonio quando il prete benedice una coppia che si unisce senza amore; è rotto lo stesso sacramento in cui l'amore, che univa una coppia di sposi, ne ha disertato la casa; è benedetto da tutti i numi del cielo olimpico ogni aristocratico olocausto in cui l'uomo non oblia che è il dio vivente e vissuto.
La legge ebrea dice:  non fornicare.
La chiesa del cristo:  non fornicare.
Chi ve lo spiegherà in modo così chiaro e preciso come io ho fatto? Dunque intendetemi e intendete voi stessi.
E conchiudo:
Un uomo normale, non paranoico, non nevrastenico, sano di cuore, senza arteriosclerosi incipiente, di buona digestione, senza reumi, non scrofoloso, privo di qualunque origine di lue, resistente alle otto ore di lavoro, intellettuale relativamente alle funzioni sociali che compie nella vita, è un perfetto tipo di uomo-animale, civile o meno.
Per essere uomo aspirante alla integralità ideale, che è la conoscenza delle forze latenti in noi, delle leggi di armonia che ci legano alla natura universa e alle sue forze o ignorate o mal definite, uso cosciente delle forze e produzione di fenomeni intelligenti fuori e dentro di noi, padronanza di tutte le forme di manifestazioni dell'ermete o del lucifero che in noi si appalesa in forma normale e continua, bisogna che la mente domini in maniera assoluta l'animale e ne disponga a suo piacimento.
In questo bisogna assolutamente allontanarsi dalle forme religiose in cui l'entità mentale e morale dell'uomo mira a liberarsi della tirannia del corpo fisico, per realizzare una mostruosità ipotetica di un uomo-spirito senza corpo materiale pesante.

VIII

Questi presso a poco gli argomenti delle prime conversazioni. Poi piovvero i dubbi, le osservazioni, le brevi critiche. Chi ritorna dalle sconfitte intellettuali è pauroso di inciampare nella pania. E crede lei che con tanto poco si arrivi al miracolo? E io non credo più ai libri stampati e alle cose fatte per il gregge! Ma ci vorrebbe il maestro che c'insegnasse e ci dicesse pane il pane e latte il latte! E poi, che succederebbe dopo? Garantirebbe lei che ci troveremo in buona compagnia?
Pare poco, è vero, il tanto che ho detto. Pare poco agli uomini colti e pochissimo agli incolti, ma l'errore è nel considerare l'integrazione dei poteri umani, cioè la divinizzazione della bestia uomo, come un impiego nelle ferrovie dello Stato o nelle poste del Regno. Pretensioni buffe in bocca a persone che hanno studiato lo scibile noto; aspirazioni da cretini in chi non ha aperto mai un libro. O completate in voi il quadro reale della meta altissima che vi proponete, o non abbiate il desiderio di farvi ridere sul muso. Datevi piuttosto agli studi psichici nel senso comune sperimentale, assistete a delle sedute con dei medi, osservate bene, discutete, litigate magari sulla gamba di una sedia e sullo scoppiettio di una tavola, ma non parlate, non desiderate, non ambite parlare di magia, di integrazioni, di perfettibilità. Questa è cosa altissima tra le alte. È rappresentata nella sacra cabala dalla corona, corona di Salomone e di Zoroastro, che parecchi confondono con quella di cartone indorato che i comici pongono sul capo di Saulle nel recitare la tragedia dell'Alfieri.
La scuola che qui, in Italia, fondiamo come cosa essenzialmente latina, deve avere per minima misura il massimo buon senso. Gli altri non vi hanno dato niente, io vi darò una virtù grandissima come guida, cioè di ridurre le cose alle dimensioni normali e non desiderare l'impossibile, e non pretendere di diventare da sera a mattina un fenomeno da baraccone. La giusta padronanza di sé, l'equilibrio, il disinteresse, l'elevatezza dei sentimenti, il tacere, non vi fanno mutare da scimmie in dèi dell'Olimpo, cui tutto sia lecito, senza sapere che anche gli dèi non possono far tutto. Evocate con gli antichi rituali, se li sapete, un genio come quelli delle Mille e una notte; egli si presenterà col dirvi: tutto ti accordo che tu domandi, se è nel mio potere. Insegnamento questo che vale un tesoro: neanche i geni a cento ali e a mille occhi possono far tutto. Il Filalete, al capitolo X del suo Introitus, scrive: de sulphure quod est in Mercurio sophico; basta per capire che voi otterrete secondo quello che avrete nel sacco. Perché alcuni giovani bravissimi sono negati allo studio delle matematiche o delle lingue, e scelgono professioni che più si adattano alle loro facoltà? così non bisogna pretendere, non si può pretendere che tutti possano arrivare a porti lontanissimi. Il mare dell'ignoto è immenso: v'è chi viaggia nei veloci transatlantici, chi sulle navi a vele contentandosi delle raffiche, chi sui battelli da pesca, chi sulle zattere. Pievano Arlotto direbbe: Il Signore dà secondo le forze vostre. Io dirò:  Otterrete secondo il vostro valore.
Poiché soprattutto importa che l'Ermete si manifesti, la Luce dell'Ermete vi porterà alla integrazione, perché comincerete a vedere il mondo esteriore ed interiore in un modo e con sentimento diverso da quello che voi stessi vedevate ieri, ed io ho detto che la nostra dev'essere Scuola Integrale, non setta, non chiesa, non sinagoga, non pulpito. Scuola è metodo investigativo, è educazione, è allenamento indipendente e superiore a tutti i mondi favolosi della religione e delle confraternite da esse dipendenti. Imparare a vedere la vera faccia delle cose al raggio d'una luce nuova, come non la si concepisce dai filosofi ordinarii, non dagli indifferenti, non dai materialisti, fuori tutti i cieli fatti per le turbe, fuori il paradiso cristiano e il labirinto vedico, è un primo grande miracolo di trasmutazione. Scuola Italica che ricorda le astrazioni integrali di Pitagora coi valori dei numeri, astrazione di valori assoluti indipendenti da ogni forma mistica. Allora il maestro appare a voi, su di voi, in voi e innanzi a voi. È il Maestro Ignoto o Spirito Sconosciuto della teosofia martinista... e forse un po' gli alti maestri del Tibet della teosofia neo-buddica di moda.
La Scuola Integrale Ermetica, italica, deve avere il carattere della impersonalità e della non fede nella parola del docente. Io potrei dirvi come Ireneo quae scio scribo sed non vobis, posso dirvi che le cose le so e non le racconto a voi, perché crediate, ma vi insegno la via perché possiate arrivare alla conoscenza di esse senza il necessario bisogno di sentire quello che a voi non è provato. Provatevi a penetrare bene, ermeticamente, i simboli.

IX.

L'emblema dell'antico magismo era la stella caudata, come l'emblema dell'uomo evoluto era la stella a cinque punte (il pentagramma dei cabalisti).
La stella è il simbolo di luce sul fondo cupo del cielo dove la divinità e i fati si celano.
èl'astro in visione continua. È la cometa, vale a dire una apparizione ciclica della luce che, come nelle prime idee dei popoli, ha influenza sulle cose del mondo. La stella fissa e luminosa, senza coda, è la evoluzione compiuta di un uomo intelligente, integrato nei suoi poteri divini.
Immaginate le luci che sono sul fondo cupo della volta celeste da voi dipinta su di un foglio piano, aggiungetevi un disco molto grosso che rappresenti il sole, e un disco più piccolo la luna, ed avrete la concezione del magismo jeratico.
Cioè una forza maschia generante, luminosa e calda per sé, il sole, simbolo di tutta la forza attiva trasformante continuamente il creato: un utero che riceve la fecondazione solare, e impregnato e fecondato pone in gestazione il creabile, Luna: circondate questi due astri maggiori, che rappresentano l'attivo e il passivo della creazione, di tante stelle e in ogni stella vedrete una vita evoluta.

Come simbolo, la stella caudata comparisce a cicli, cioè a periodi di evoluzione. La scienza integrale e integralizzante fa la sua apparizione luminosa quando le ere determinano un rinnovamento. Questo è simbolo, non è astronomia, né astrologia.
èsemplice, e tutte le mitologie ne traggono origine con semplicità.
Un dio maschio che agisce su di un dio femmina. Gli eroi o semidei, uomini evoluti che hanno più o meno sangue divino nelle vene, compiono atti prodigiosi nel folto della foresta umana.
Queste cose semplicissime hanno dato origine a filosofie astruse. Chi di voi si diletta di cabala ebraica, vi troverà tutta l'algebra letterale di una speciale forma di ermetismo che si chiama sofica, cioè di sapienza astrusa, sibillina, dove si legge e si vede chiaro che quando la si sa leggere si è già un maestro dell'arte.
I numeri, pitagoricamente, riducono l'esposizione simbolica di queste idee semplici a forma più intelligibile pei profani alle astruserie.
La legge del mondo è una, sempre eguale e costante. Un principio attivo feconda un passivo che nutrisce e accresce la forma embrionale del primo, poi la distacca e la fa vivere di vita propria. L'uomo, la donna, il figlio.
Il sole, la luna, la creazione.
1 (attivo), 2 (passivo) = 1 +2 = 3, cioè attivo più passivo dà vita ad una forma che è la somma dei due.
In lingua volgare un numero è una quantità concreta, e la cifra è la sua rappresentazione grafica.
Nella esposizione di queste leggi, invece, il numero è la virtù nella quantità rappresentata dalla cifra: non è che l'indicazione della qualità della quantità.
1 è la virtù del primo principio e della prima sintesi.
Se si studia questa filosofìa integrale fino a trarne le conseguenze ultime, avremo chiarito un principio di controversia continuo e noioso, se esista o non esista un dio, e che cosa dobbiamo intendere fuori ogni religione con questa parola che le teologie hanno snaturata del suo significato vero: l'unità in sintesi.
1 è il principio dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande; due cose a cui la concezione umana non arriva. È il complesso di tutte le sintesi complessive in sé: è il valore numerico di tutto ciò che esiste. L'Universo è l'unità della sintesi del visibile ed invisibile creato.
1 è il concetto del dio unico. In sintesi Dio è vero, perché l'unità universale è vera. Concepire l'unità dell'esistente è concepire il Dio - concepire la immutabilità della legge universale è penetrare il mistero di Dio.
1 è l'uomo, la sintesi unitaria. 1 è l'umanità, la prima sintesi complessa.
àe l'universo è l'Intelligenza, dio unico.
L'uomo cammina verso l'ultima sintesi umana. Tutte le scienze d'investigazione mirano alla conoscenza della legge unica, quindi del dio che è sintesi ultima. Alcune scienze analizzano la prima sintesi, l'uomo; altre la seconda sintesi, la legge della natura che obbedisce all'unica legge universale. La scienza che studia l'uomo, involontariamente cerca la monade nella prima sintesi. L'astronomia, il cui fondamento è la matematica, scienza assoluta delle quantità, è il primo tentacolo che l'uomo tende per comprendere la sintesi più grande.
L'unità uomo è una nella mente umana — l'unità dio è una nella mente universale. La scienza positiva, finché non troverà un metodo investigativo esatto matematicamente della mentalità umana, non potrà assurgere alla conoscenza della mente universale o unità mentale della grande sintesi. La cellula sta all'atomo, e questo sta alla monade iniziale di vita come alla sintesi uomo e come questa alla sintesi universale o Dio. Così la mente umana sta alla intelligenza o mentalità universale, come il pensiero della prima monade sta alla mente dell'uomo:  tutto: 1.
La povertà del linguaggio umano non si presta ad esprimere le idee che non sono comuni a tutti gli uomini — ecco la necessità della formula, e la più completa e facile è il numero.
1 è la Mente. Che cosa è la mente? il complesso della causa e dell'effetto pensante. Dunque mente è moto o movimento. Per comprendere che cosa ermeticamente sia il moto, non lo dovete concepire in uno spostamento da luogo a luogo. Ermete deve farvi concepire il moto mentale al di fuori di ogni luogo, di ogni superficie, di ogni punto, diversamente avrete meccanizzato un qualche cosa che è fuori la legge meccanica e che appartiene alla matematica pura.
La mente 1 è moto nello spazio. Lo spazio, in questa sottilissima filosofia di Ermete, è ambiente mentale, non ha dimensioni e comprende tutte le dimensioni, diversamente diventa sinonimo di luogo per dimensioni.
Èdifficile? Lo spazio mentale, o ambiente della sintesi mente, è al di fuori di ogni valutazione aritmetica. Cosi le funzioni del pensiero non hanno limite e il moto libero può percepire e allargarsi nel moto della mentalità umana e nella sintesi divina o universale (3).
In che modo? L'universo 1 comprende la prima e la seconda sintesi, due sintesi estreme, unità e somma di tutte le sintesi. L'uomo si trova all'estremo più povero e può, analizzando il suo mentale o moto della mente nel suo spazio senza dimensioni, combaciare con la mente-moto universale, che deve avere lo stesso spazio, e ritrarne i pensieri e la conoscenza.
moto della vostra mente prescinde dal luogo e lo spazio in cui il moto si compie è senza dimensioni, la mente umana si trova nella stessa sfera di esplicazione della mente divina, divinità positiva o legge universale. Se la legge universale è 1, immutabile e costante nello stesso spazio, o il dio scende a voi, o voi assurgerete a lui.
Qui un corollario. Se concepite lo spazio del moto mentale senza dimensioni, e il moto al di fuori del luogo, il tempo nelle operazioni della mente non esiste (4).
La mente umana (se ermeticamente penetrate questa funzione) s'immedesima alla mente universale senza tempo, ne ritrae una virtù divina che si muta in poteri miracolosi, quantunque non siano miracoli che solo per i volgari che ignorano la legge universale (5).

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(3) Se concepite bene questo Spazio, ambiente senza dimensioni valutabili, avrete la chiave mentale dei fenomeni e vi spiegherete il perché della telepatia, della chiaroveggenza, ecc., poiché lo spazio mentale senza dimensioni non conosce distanze, e vedrete come s'ingannano coloro che non credono come fenomeno attivo il moto in questo spazio.
(4) Lo provate nei sogni. Il tempo e il luogo nei sogni sono un mito, tutta una lunga funzione mentale si svolge in un baleno. Nelle visioni, per ipnosi procurate o per magnetismo, il succedersi delle immagini è sempre fuori luogo e tempo e si prolunga solamente per la relatività delle funzioni umane.
(5) L'eternità del paradiso e il nirvana sono formule simbolizzanti il libero moto mentale che combacia con la mente universa da cui procede lo stato di beatitudine che è la visione del Dio.

 

X.

Avendovi dato un saggio di ciò che il primo numero, o 1, rappresenta come sintesi grande, omologa alla sintesi più piccola, devo discorrervi del secondo numero.
Se 1 è sintesi, principio attivo, universo immenso (macrocosmo dei magi), uomo (microcosmo), il 2 è il principio passivo della sintesi.
1 è sintesi che agisce sulla parte passiva di se stesso, il numero 2; è il primo equilibrio compensativo della grande sintesi.
Di qui il dio ermafrodito delle primissime mitologie.
Osiride e Iside nell'abbracciamento di amore. Il maschio e l'utero delle forme nella creazione.
2  quindi rappresenta il binario, la passività.
Se l'Assoluto universale è unitario, ogni sua manifestazione sensibile è il riflesso di se stesso nella materializzazione del moto e dello spazio, moto e spazio di realtà meccanica, sotto l'impulso generatore della volontà prima.
L'uomo è 1. La donna è 2.
Dio è 1. La Materia o il Diavolo è 2.
Il bene è  1. Il male è 2.
Cosi la luce e l'ombra, l'estate e l'inverno, il giorno e la notte, sapienza e follia, piacere e dolore, forza e debolezza, amore e odio, giustizia e ingiustizia.
Questo è il vero nell'assoluto e nella relatività dei tempi.
Non puoi concepire la luce senza l'ombra, suo contrario; così il piacere senza il dolore, la forza senza la debolezza. Il valore delle cose attive emerge dal loro contrario.
Le due colonne del tempio sono l'eterno simbolo delle due forze, attiva e passiva, che reggono tutto ciò che è nella vita universale e nella particolare di ognuno di noi e delle nostre società. Chi sogna un attivo o un passivo senza il suo contrario, è un matto che nega la prima legge dell'universo.
Avete voi concepito, cioè pensato ermeticamente, la Mente-Moto-Spazio senza luogo, dimensione e tempo? Se sì, svegliatevi alla realtà delle cose e pensate alla Mente nei limiti delle dimensioni, nella necessità dei confini, nella relatività del tempo. E ritornate alla materia, al caos, al primo utero e grande utero in cui la volontà universale della Grande sintesi getta il suo seme. Eccovi nel campo volgare. Nel concepibile dai volgari, dove tutto appare, cresce, diminuisce e scompare.
Il pensiero del Dio Legge Assoluta è concetto jeratico.
La Madonna, la Maria, l'Iside, l'Astarte, la Proserpina e Minerva sono la concezione della fede volgare relativa alla grazia temporale e alla materia.
1.  Assoluto — Universo — Libertà creativa.
2.  Relatività — Natura — Servitù.
Questa è la legge dei due fattori creativi. Nel primo termine v'è la libertà assoluta. Nel secondo, la servitù relativa.
E questa legge è vera, immutabile, inesorabile di tutte le cose, siano pensate o attuate.
Voi siete liberi di compiere la prima azione, nel concepire il primo pensiero. Appena pensiero e azione sono liberamente espulsi dal vostro essere, diventate schiavi della vostra concezione in atto. È il seme che cade nell'utero del mondo e genera la necessità della forma.
Cos&iigrave; l'1 sta al due come la libertà di creazione  - 1 - sta alla necessità di subirla - 2.
Se così non fosse, l'unità universale sarebbe sterile — co­sì l'assoluto contiene in sé e per sé il germe del suo ostacolo, della limitazione della sua libertà, della causa del suo determinismo effettivo. Ecco perché, come il dio androgino, così alcune sette definirono il Dio metà bene e metà male, un Dio diavolo a metà.
Il Dio Androgino è un simbolo della legge; l'uomo nella prima fase fisiologica, ermafrodito, il contrasto fra il potere virtuale e la creazione in atto, la disarmonia nell'armonia dei due opposti.
Il numero 2 è la valorizzazione della virtù dell'1. — È utero della realizzazione possibile, ed è, come utero, la necessità di passaggio dal pensiero alla forma creata.
Infatti non è concepibile una unità attiva per sé.
Per essere attivo è necessario un campo in cui la virtù dell'atto si esercita. Questo campo è una passività di fronte ad un attivo; di conseguenza è un utero, perché nella natura visibile come nell'invisibile, per omologia, ogni azione produce una reazione, ma questa reazione non è un passivo per sé, ma la conseguenza di un attivo su di un passivo. Dalla chimica, dalla fisica alla vita sociale potete ricavarne esempi: la luce illumina: chi riceve l'azione di luce è l'ombra, cioè la negazione della luce. Il risultato di questo contrasto è la visione, cioè l’apparire degli oggetti nella lotta tra attivo e passivo, tra luce e ombra.
In questo esempio, visione è 3 — cioè il frutto dell'azione sull'elemento passivo, ed essendo 3 è 1, perché contiene i 3 termini della prima trinità o prima sintesi trinitaria: l'attivo, l'utero e il risultato.
Osiride agisce su Iside, nasce Horus.
3 è il ternario, è Mercurio, è il frutto, il generato del primo binario.
Un antico iniziato, in una canzone del periodo neoplatonico, alla voce che gli parlava la verità, domanda: «Chi sei tu?». E quella risponde in un ammaestramento di aritmetica pitagorica, che si può tradurre così:
«Io sono in te e per te. Non sono te (cioè tua mente). Tu hai pregato, cioè sotto forma di preghiera hai impregnato l'amorosa invisibile. Frutto del vostro atto sono la voce che ti parla, sono mercurio di vostro intelletto».
Infatti il primo problema che si presenta all'iniziando a questa scienza integrale è di domandare alla sua luce ermetica, di cui nessun uomo conosce la fonte: chi sei tu che ti manifesti portandomi la verità?
Chi dice:  sono io, il mio ingegno (6).
Chi dice: è un angelo (7).
Chi dice:  è un demone o un dio.
Se non capisce la legge espressa con tanta semplicità dalla cabala non la capirà mai — come i mistici ispirati delle forme religiose di ogni genere. Ebbene, quella voce, di sua natura essenzialmente ermetica, dovrebbe rispondere: Io non sono te, ma non sono cosa estranea a te. Sono in te e per ragion tua, e non sono te.
Ecco il maestro ignoto, sapiente, che si avvicina.

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Cioè in-genius ovvero genius in me.
(7) Angelus, messaggero.

 

XI.

L'erudizione  elementare  delle  scienze  occulte,  spiritismo compreso, fa credere che l'uomo sia formato di tre parti distinte: corpo, perispirito, e anima o spirito. Ma questa credenza volgare non è pitagorica perché, analizzata nel suo enunciato dei primi tre termini della legge, non risponde come logologia alla realtà.
Perché?
Perché l'universo deve, come l'uomo, concepirsi come sintesi e come unità. L'Infinitamente grande sintesi è come la piccola sintesi umana. Ogni unità che si immagina divisa in parti cessa di essere tale, se non si trova una parola che queste parti chiami non divisioni ma componenti organici o essenziali, parola non ancora trovata.
Se vi presentano un bicchiere di acqua e vi dicono che è ossigeno e idrogeno, non è più acqua. Combinati, sono l'acqua; ma l'acqua, divisa nei suoi elementi componenti, non è più il liquido che dovete bere.
Pregovi di riflettere che questa non è una questione di pedanteria linguistica, ma una determinazione della sintesi nei valori assoluti dei termini.
La filosofia assoluta non può ammettere la concezione di parti nell'unità.
Se dico che l'universo si divide in mente creativa attiva, Realtà sensibile, e legge di continuo ricorso {per servirmi di una espressione del Vico), non avrò esposto nell'enunciato il concetto unitario della grande sintesi. Poiché nell'Universo la prima (Mente) non si manifesta che per la seconda (Realtà) e per la terza (Legge). Quindi le tre parti componenti la sintesi Unità sono talmente l'una alle altre compenetrate, che qualunque divisione fino alla monade contiene i tre fattori senza separarli mai.
Chi vuoi comprendere l'enunciato della Trinità nella religione cristiana cattolica deve aver compreso i primi tre numeri della cabbala; e qualunque volgarizzamento, anche quello delle dottrinelle simboliche dei parroci, è una eresia della cabbala che ha presieduto alla sua enunciazione. Le diatribe bizantine, che tendevano al volgarizzamento delle verità cabalistiche nella religione più comprensivamente classica (8), le costrinsero a diventar dommi, cioè enunciati di fede in cose apparentemente assurde (9). Enunciare che una vergine ha concepito senza il concorso di uomo è inintelligibile per un moderno che non si riferisca all'assoluto nella esplicazione della legge. La trinità è la manifestazione dommatica di questa legge della manifestazione divina nell'uomo. Il primo attivo (Padre), l'uomo materia (Figlio). Spirito santo è l'azione manifesta della intelligenza o mente universale nell'uomo figlio di Dio. Quindi dove l'uomo volgare s'inchina ad un domma o lo disprezza, la cabbala o aritmetica pitagorica trova la legge, la filosofia assoluta e ideale, che non appartiene al cattolicesimo solo, ma a tutte le religioni filosofiche.
Ma ritorniamo all'uomo.
Gli  spiritualisti  lo  dicono  di  tre  parti,  impropriamente.
La chiesa di due, corpo e anima: una parte mortale, una immortale.
Noi diciamo che, come l'universo infinito e l'infinitesima monade, l'uomo deve obbedire alla stessa legge trinitaria di un attivo, di un passivo, di un prodotto o risultante. È la stessa legge che regge ogni combinazione della chimica.
Ma obbedire a questa legge non significa che l'uomo è diviso in parti e tanto meno che ogni elemento esista per sé. Ricordatevelo bene per non cadere nella volgarizzazione antiscientifica della concezione pura.
L'uomo è una sintesi risultante di un attivo, di un passivo e di un prodotto, tal quale come nell'universo infinito, compenetrati, e stabiliscono la legge dell'essere, cioè di ciò che è, ente o eone.
Noi compiamo la vita in un modo unico, cioè nel mentale.
La Mente (Mens), cioè l'intelligenza nel suo meccanismo umano, che non può prescindere dal sensibile.
Se noi pensiamo è perché sentiamo, tocchiamo, vediamo, gustiamo, odoriamo — o abbiamo le idee relative.
Il dire che la Mente prescinde dalle sensazioni è contro la prova di fatto, non solo perché non esiste pensiero che direttamente o indirettamente non si riferisca a ricordi sensitivi, ma è anche sperimentalmente dimostrato che nei fantasmi di viventi (10) la sensibilità è trasferita dal corpo grave al corpo tenue.
Ma tra la Mente e la sensazione v'è un principio discernitore che è l'intelletto assoluto — e i tre elementi sintetici sono così compenetrati tra loro che la sutura divisionale è introvabile come nella sintesi acqua.
Questa sintesi universale è la stessa dovunque, in qualunque particella dell'uomo e del creato. Quindi l'enunciato spiritualista non deve essere inteso come una divisione, ma una combinazione degli elementi, compenetrazione che neanche deve intendersi come in chimica.
E, come vi ho detto innanzi, non credere, o uomo, chi tu sia anima e corpo e considerati uno come l'universo; ora che l'universo abbiamo definito nella triade essenziale della sua esplicazione, devo dirvi: come l'universo, considerati sempre uno nella legge trinitaria.
Un attivo mentale (mente, spirito), una forma materiale (corpo),una attività risultante dai fattori, intermedio delle due nature, materiale e mentale (perispirito).
L'anima cristiana e un corpo che diventa cenere, così come volgarmente è creduto, non rispondono alla legge. L'uomo non può sfuggire alla legge trinitaria.
E come conseguenza: la morte non divide il corpo fisico da un corpo invisibile intelligente — e quindi non esistono spiriti di morti — quindi non è possibile l'evocazione reale dei morti, né la loro evocazione mentale nel senso che comunemente si crede.

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(8) Classico da clao, chiudo.
(9) Credo quia absurdum.
(10) Espressione impropria perché non esistono fantasmi di morti. Quelli che si presentano nelle sedute medianiche sono fantasmi di vivi con truccature di morti. Sono evocazioni di forme.

 

XII.

Per intendere questa roba, direte voi, occorre l'equilibrio, lasobrietà, la luce ermetica? Ma son cose che qualunque persona, più o meno intinta di teosofia, può capire e stemperare in un volume!
Si, ma non comprenderle. Per comprenderle, come io intendo, occorre che altro sale vi entri in zucca, invece di farne scaturire disquisizioni voluminose, voi potete e dovete trovarvi la legge del miracolo cui aspirate — il miracolo, per eufemismo, che cangia voi uomini in superuomini — e che vi dà i poteri delle virtù.
Poiché in questo vi prego di credermi: non esiste conquista di verità che non conferisca con l'esercizio di essa un potere o su di voi o sulle cose o sulle nature a voi inferiori. La integrazione dovete intenderla non arcadicamente, cantando pastorali e facendo filosofie, ma acquistando il diritto e la forza di servirvi della verità rapita ai cieli secreti della natura.
I santi del cristianesimo, i santoni dell'islamismo, i perfetti tra gli indiani, hanno ed hanno avuto dei poteri. Ciò significa che qualche cosa di sopra ai cristi, ai maometti e ai buddi, è comune a tutti i popoli della terra: la legge della integrazione. La scuola nostra ne dovrebbe far ricerca col metodo del proprio laboratorio portatile degli alchimisti: su di sé ed in sé, fuori tutte le relatività dei miti e degli altari. Dove il gesuita può vedere la mano di Stanislao Kotska, e il prete l'intervento del quadro miracoloso di Valle di Pompei, voi dovete intuire la legge del miracolo apparente, cioè di un fenomeno che la volgarità dell'uomo non ancora può produrre a volontà — e non l'infrangimento delle leggi di natura.
È l’Ars Magna, la Grande Arte, la pratica. È l'alchimia o superchimica delle trasmutazioni delle bestie in dii; è l'unguento prezioso che fa diventar asino un uomo che voleva mettere le ali d'aquila; è la rosa che ridona il sembiante umano e sacerdotale all'asino d'oro.
Questa dottrina ermetica si completa con l'ideografia dei rituali di magia, cose a primo aspetto balorde, ma che il vostro progresso vi fa guardare con occhio scrutatore, affinché nel nome del demone vediate quale secreto si nasconda e quale fondamento ha la pratica. Ecco perché la cultura mentale aiuta la decifrazione delle cose vecchie, rancide, di forma arcaica, di cui per erudizione è bene saper molto; per metodo e intendimento, però, bisogna rifuggire il più lontano possibile dal fare, su di esse, apprezzamenti e considerazioni sciocche, perché al lume delle odierne cognizioni non si possono valutare cose che devono, per essere spiegate, scaturire da altra preparazione. Il suggello di Salomone, che è passato nel regno delle fiabe che si raccontano ai fanciulli, si traduce e si incontra in un geroglifico magico che si trova nelle chiese, sul frontespizio di molte bibbie, e perfino nelle logge massoniche. Ridere di quelle sei linee ornamentali è facile ed è giustificabile per chi non ne capisce il senso. Ma se Ermete ve ne svela il significato, voi capirete perché tutti gli spiriti delle leggende buie hanno confessato sempre il più sacro terrore per un suggello simile, che chiude in una morsa di acciaio tutte le nature demoniache ribelli. Infatti, chi ne sa la pratica, e ne conosce perfettamente l'uso, non può aver paura degli spiriti e delle entità di qualunque origine.
Io mi son domandato tante volte perché persone erudite e intelligentissime hanno guardato tutti i segni che stanno nelle opere di Cornelio Agrippa come delle sciocchezze grafiche che non hanno nessun valore: neanche i così detti medi scriventi che tante volte involontariamente ed in istato di prima ipnosi tracciano incoscienti e considerano tali segni come di nessun valore. E se un valore l'avessero e grande?
Ma lasciamo correre per l'Agrippa: ebbe troppa fama di incerta fede — perché fece, come si direbbe oggi, lo spiritista alla Allan Kardec e se ne dovette dolere — ma gli eruditi che hanno letto la steganografia di Tritemio, che hanno fermato il loro sguardo sul solo titolo del libro e non si sono arrestati a giudicare l'opera come un mezzo qualunque di corrispondere con altri assenti in linguaggio convenzionale? Giovanni Tritemio, abate benedettino, maestro di magia naturale perfettissimo, come è stampato sull'edizione di Darmstad del 1621, ad occhio e croce è classificato tra gli autori dei cifrari telegrafici moderni. Non l'hanno letto. Se l'avessero aperto, vi avrebbero trovato (a pag. 81) trentuno ideogrammi di spiriti, e (a pag. 138) nientemeno che il giuramento che deve fare il discepolo al maestro prima di imparare quest'arte — ars per occultam scripturam animi sui voluntatem absentibus aperiendi certa — e (a pag. 139) anche uno scongiuro che il maestro deve dire prima che il discepolo entri nel secreto dell'arte — coniuratio — che comincia con questi versetti di una lingua ignota:
Mesari cosmeniel archea fameorcritas
Drico mosayr usio nos veso tureas.
Era il maestro perfettissimo e, soprattutto, un abate, un matto o un ciarlatano? o uno scrittore di frottole la cui chiave non si otteneva senza giurare per sanguinem Domini Nostri Jesus Christi...?
Perciò io desidero un insegnamento teorico in forma piana, spoglia di ogni ebraismo, parco di lunghe filosofie, senza critiche vuote e parolaie, prima di aver praticato e capito sotto qual punto di vista debbono interpretarsi le cose che per noi non hanno senso conosciuto, fino a quando non ne comprendiamo il significato. Non sono graffiti molto curiosi pei bambini i geroglifici delle colonne egizie?

 

XIII.

E vi farò innanzi tutto comprendere una cosa che invano cercherete di capire nei libri classici: che gli antichi conoscevano e praticavano due magie, la eonica e la trasmutatrice, la prima isiaca, cioè lunare; la seconda ammonia, cioè solare.
Per avere un concetto esatto delle due magie, bisogna comprendere che cosa voleva indicare il sole e che cosa la luna, Amun Alzobar e Iside-Astarte (11).
Amun, dio solare, è dipinto cosi in uno scongiuro magico: Tu sei il bello e splendente imperatore della terra, hai le corna del maschio caprone che dà il latte alle pecore, sei la forza che cangi l'arena in oro, la pietra dura (silice) in gemma, e tutto trasmuti in ceneri, uomini di oro e terra preziosa (sic); tu fai il fulmine e dissipi il fulmine, dai l'acqua ai fiumi e sangue alle vene; tu fai invincibile il leone, tu calmi le tempeste in mare, tu tocchi e generi, tu tocchi e rendi sterile; tu sei il fortissimo trasmutatore che tutte le dee amano e temono.
Si comprende da questa traduzione approssimativa che la forza attiva della natura in tutte le sue trasmutazioni attive era Amun o Sole.
Iside-Astarte è dipinta cosi: Bella, la più bella dea, utero di oro, che Amun ha baciato (impregnato), le tue poppe innumerevoli sprizzano latte, e ogni goccia del tuo latte è una mutazione di grazia; i tuoi occhi fontana di luce perché Amun il vittorioso vi ha raddolcito (temperato) il suo fuoco...
Nella dea era l'azione della trasmutazione nel periodo gestatorio della sua manifestazione reale, di cui un utero, Iside-Astarte o Luna, si incaricava.
Quindi due magie che prendono nome dai due fattori della realizzazione: Ammonia la magia della forza capronica, capace di imporre la trasmutazione nel mago e fuori; Isiaca quella che utilizza le forze come le trova e pei fini a cui possono servire.
Alla prima non è possibile pensare per ora, è la magia dei pochissimi che arrivano vivi ad essere dii o numi. È della seconda magia, magia bianca o lunare, argentea e quasi di forma religiosa, di cui noi ci occuperemo largamente e liberamente: quelli che percorreranno trionfalmente tutta la magia eonica troveranno l'iniziatore ammonio che li aspetta.
Perché la magia lunare si chiama eonica?
Perché si fanno e si ottengono realizzazioni per mezzo degli eoni.
Eoni vuoi dire esseri o enti.
Enti visibili o invisibili, ogni essere che arriva alla nostra cerchia attiva noi utilizzeremo per un atto benefico. Questi esseri non sono spiriti di morti, che per noi non esistono, sono spiriti vivi che la nostra volontà di amore ci richiama. Sono maschi, sono femmine, sono più o meno evoluti o evolutissimi, sono capaci di evolvere fino alla perfezione.
Spero che non crediate che io voglia velarvi delle verità e che m'ingolfi in un simbolismo poetico, perché gli eoni non sono ipotesi, ma realtà, e bene o male l'Ermete vostro ve li farà intuire e sentire, forse ne conoscerete qualcuno personalmente in visione tangibile e quasi umana.
Se noi cinque ci riuniamo e colleghiamo in catena, formando una costellazione di luce, intorno a noi, piano prima, rapidamente poi, si avvicineranno gruppi di eoni che, attirati dalla umanità dell'opera nostra, non domandano di meglio che di essere comandati e compensati. La nostra opera isiaca se ne avvantaggerà e se ne servirà nei molteplici casi in cui il loro intervento è utile. La scuola fa la sua pratica collettiva. Essi sono forze e sono intelligenti. Per amore servono. Per odio intralciano ogni cammino e sono nemici implacabili di coloro che rompono e violano i patti. Imperfetti di fronte all'uomo integrato nei suoi poteri, sono obbedienti all'imperio magnetico dell'uomo. Non sono angeli, perché gli angeli, nella forma con la quale ce li presenta la religione, non esistono. Non sono diavoli come ce li dipingono i mistici. Sono degli esseri che analogicamente all'uomo vivono in un ambiente che solo Ermete può lasciare penetrare a coloro che gli saranno fedeli. E sono le uniche entità compagne dell'uomo che stanno sulla terra, che è il nostro grande teatro. Più in su non vi sono che le intelligenze ammonie, che percepiscono la sintesi del mondo e figuratamente si dice che vedono dio.
Tutte le religioni, tutte le tradizioni popolari ci danno la certezza di esseri non terreni o, almeno, di origine non terrestre, che si avvicinano all'uomo e possono entrarvi in contatto. Il cattolicesimo specialmente e i teologi cristiani se ne sono occupati con fervore, con sottigliezza, con ampiezza, distinguendoli, classificandoli, dando loro virtù, specializzandoli.
Dio ci guardi dagli esploratori del regno divino — specie quando avessero, come li hanno avuti, bargelli e carceri per chi non credeva!
Il concetto dell'Intelligenza, dello Spirito, dell'eone e del genio, secondo la intuizione cabalistica e magica, non ha niente a che vedere con le discussioni dei santi sulla costituzione del corpo degli angeli e sulla differenza di questi dal corpo dei demoni. Sono matasse ingrovigliate da opinioni tutte sante, tutte buone, tutte rispettabili, ma che non ci riguardano. La concezione di quelle nature speciali, extra umane, extra planetarie, nebulose e mistiche, non ci tocca, per ora, che come curiosità.
Nel Palagio degli Incanti del Gentiluomo teologo Vicentino Di Strozzi Cicogna, si legge:
«È cosa molto difficile il volere trattare che cosa siano gli angeli, perciocché per dimostrazione naturale non ne possiamo sapere, si può dire, nulla, e per scienza rivelata dalle scritture sacre, assai poco».
Nonpertanto, il valentuomo vì si indugia per una gran parte del volume. Non vi è mai tanto da dire quanto si può dire sugli argomenti ignoti alla scienza diretta dell'uomo. Ma di più: vi è molto da battagliare, quando vi sono legioni di scrittori che hanno manipolata la faccenda in tutte le salse.
Sant'Agostino dice che l'Angelo è spirito di sostanza incorporea, invisibile, sensibile, ragionevole, intellettuale e immortale.
Se siete contenti, provatevi a capire Sant'Agostino. Il prefato patrizio cosi continua:
«L'accademia dei Platonici risolse che l'ordine di tutte queste sostanze e di questi spiriti avesse corpo, eccetto che la prima creatura da Dio creata. Questo parere fu seguito da molti Teologi della Chiesa Santa, come da Origene, il quale affermò essere impossibile che cosa alcuna possa vivere senza corpo eccetto il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo e in un altro luogo dice che gli angeli hanno l'anima a guisa degli uomini. Il medesimo conferma Tertulliano nel libro De carne Christi. E questo dissero cavare dalla scrittura sacra in quel passo videntes filii Dei filias hominum quod essent pulcrae, acceperunt sibi uxores ex omnibus quas elegerant».
Faccio grazia del resto. Se ne son dette di tutti i colori, e tra santi autorevoli e santi teologi i dispareri sono stati infiniti. Dallo spirito incorporeo di Agostino, si arriva all'angelo che prende moglie con la relativa suocera.
Di Lucifero, che se ne è scritto! Fu l'angelo più bello e il primo da Dio creato — il principe degli angeli. La concezione di quest'angelo perfettissimo che si ribella per superbia, e che Isaia fa parlare di ambire la sede del suo creatore, non è forse allusiva alla conquista dell'uomo al regno dei Cieli e ai poteri divini? E la battaglia che si impegna nel cielo per precipitare Lucifero sulla terra e che assume la forma del serpente tentatore? Quomodo coecidisti de coelo, Lucifer? come perdesti tu la battaglia, o bellissimo tra gli angeli?
Ora, il concetto della redenzione è un corollario logico di tutta la dottrina della caduta. Cadde l'uomo e cadde un angelo che è il primo dei creati. L'aspirazione è in alto. I decaduti vogliono la riconquista. È una questione sociale delle anime che assorgono e aspirano ai cieli e a Dio.
Negli Elementi di Magia naturale e Divina, nel Mondo Secreto io mi sono espresso con chiarezza insolita intorno al problema dell'aspirazione alla divinità. Chi mi ha potuto intendere, mi ha perfettamente compreso.
Le intelligenze sono facce della Divinità — i neoplatonici non dettero altra interpretazione alla parola angelo. Le cose semplici sono tali per natura loro e solo il sofisma degli ignoranti arriva a denaturarle.
Ma, come quelli che pubblicai, sono elementi di magia nella sua grandiosità e magnificenza, nell'azione su noi individui e sulla umanità, nella Preparazione (12) io cercai di definire le concezioni di dii, di demoni, di uomini. I gravi, i leggieri, gli evanescenti.
I dèmoni (eoni, genii, intermediarii tra l'uomo e gli dii, intelligenze o facce della divinità) da Apuleio, che ripete Platone, sono considerati come di una materia più sottile e meno densa delle nuvole. Non sono, come le nuvole, composti di materia impura... sono di una materia rara, brillante e sottile e i nostri occhi non possono vederli per la loro trasparenza... questi dii sono suscettibili di pietà, di collera, di tristezza e provano gli stessi sentimenti dello spirito dell'uomo... cosi sono esposti a tutti gli uragani e tumulti dei pensieri in cui si agitano il nostro cuore e il nostro spirito.
Gli dii, o intelligenze, hanno perpetuamente lo stesso stato di spirito.
Il  dolore e il piacere non hanno presa sul loro essere e non mai si commuovono per ragione esterna. Il dio dei cieli non deve compiere nessuna funzione temporale, sia donando aiuti, sia sentendo affezioni; cosi non sente né collera, né pietà; non l'agita né la tristezza, né la gioia; non ha desiderio né affezione per alcuna cosa.
Alla natura dei demoni (genii-eoni) convengono tutte le passioni umane.
Per definirli esattamente, continua Apuleio, si può dire che i demoni sono degli esseri animati, ragionevoli per lo spirito, ma con l'anima passiva, il corpo aereo e la durata eterna.
Animati, ragionevoli e passivi come gli uomini, hanno speciale la formazione del loro corpo: sono eterni come gli dèi, ma dagli dèi differiscono per le loro passioni.
L'anima dell'uomo, mentre è nel corpo, può essere chiamata un demone o un dio ma demoni propriamente sono quelli che mai furono legati a corpi materiali, e che hanno possanze più estese e tra le quali il sonno e l'amore hanno due facoltà opposte, l'amore di risvegliare, il sonno di assopire.
In tale esercito numeroso di genii sublimi, Platone pretende che ogni uomo abbia il suo, arbitro sovrano della sua condotta, sempre invisibile ed assiduo testimone dei suoi pensieri... non avviene nessuna cosa, né dentro né fuori di voi, che il vostro genio non vegga e non senta fin nelle più ascose profondità del vostro cuore.
L'angelo della pura concezione cristiana è l'intelligenza divina nello stesso eterno stato di spirito. Sono angeli, perché messi, cioè mandati; sono facce dell'Unico Dio e della Legge Trinitaria Unica. Quindi, non sono eoni o genii o demoni.

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(11) Cosi come dagli antichi rituali.
(12) Anno 1898, pag. 62 e seguenti.

 

XIV.

Dal basso si va in alto.

Dall'angelo custode, che è il genio tutelare, a Dio Immenso, cioè alla conoscenza della Legge, si passa, si procede, si sale; la scala di oro continua e monta.
Michael, Uriel, Luciferus... la concezione purissima della Miriam celeste, intorno al cui capo sfavillano le dodici stelle luminose dello zodiaco....

Io parlo di una scuola integrativa dell'uomo e non tocco il concetto e il piano splendido della grande magia religiosa e collettiva, come quella in cui rifulge splendida e intensamente purificante l'immagine del Cristo che, immolandosi nell'atto di carità sublime, trasmuta una intera epoca in una migliore — io parlo di un ascenso e rinnovamento individuale fuori il misticismo, nella vita razionale, in cui l'Ermete nostro possa arrivare al genio tipico più perfetto, che ci ami di amore vero e ci porti alla perfettibilità nella legge che nessuno può violare — e che solo la pazzia teologica concepì violata nel miracolo, attribuendolo a Dio Uno e Trino, che è legge.
ùoltre? Niente. Niente altro che materia, spiriti della materia e spiriti di vivi.
Guardate il cielo stellato. Quanti mondi, quante terre! E che vi siano esseri anche in quelli, di materia analogicamente costituiti come noi, non è semplice sospetto. Se è possibile un fantasma di vivi sulla terra, non sono possibili dei fantasmi di vivi lassù? E quando voi avrete intuita la formula pitagorica dello spazio senza dimensioni e il moto nello spazio, non potete sulle ali delle possibili fantasie pensare che organismi più completi possano allontanare il loro fantasma per milioni di miglia e influire sulle cose terrestri?
Direte che, volendo fondare una Scuola Integrale con principii positivi, comincio a viaggiare nelle nuvole. No. Voglio semplicemente ricordarvi che forse i genii planetari e interplanetari, di cui tutta una lunga pratica l'antica magia ammonia ci ha trasmesso, non sono né simboli né poesia. Forse Sirio e Giove non possono avere degli abitanti che, occorrendo, diventino ausiliarii di compagni amati quaggiù? — Siamo nelle nuvole ma non vi veleggio. Camillo Flammarion se ne è riservato il compito. Io passo innanzi.

XV.

Resta il problema della morte. Roma, o miei garbati compagni, è piena di oche: Ajo Locuzio, dice Cicerone, parlò fino a quando non lo riconobbero per dio, poi tacque. Ora Locuzio ha già la sua statua a Roma e a turbare la poesia dello spiritualismo estremo, che assume forme morbose di propaganda, è una cosa sconveniente. Budda, Cristo e Maometto non si sono trovati d'accordo sul destino di questo grosso insetto presuntuoso della terra che si chiama homo sapiens. Non è meraviglia che se io mettessi innanzi le conchiusioni della scienza d'integrazione magica si troverebbero queste più certamente disarmonizzanti con le altre... cioè, che la morte non esiste che come uno spauracchio dei vivi.
La materia è sempre viva. Spirito è efflato — è fiamma che trasmuta chimicamente la materia grave in una materia eterea. Nella parola spirìtus vi è il radicale del pir, che è il fuoco fiammante, urente, da cui l'Uriel, l'angelo trasformatore per fiamma di amore. Nella materia che in basso si combina, l'angelo presiede alla mutazione di stato e alla trasfusione delle forme e delle virtù. In una superchimica più intensamente intesa, amore è morte, come morte è amore integrativo di forme novelle — più precise, più consentanee ai bisogni del creatore, nella autocreazione della propria novella umanazione.
Cosi gli spiritualisti hanno ragione: se, per un'elaborazione continua, efficace, realizzante, la nostra materia eterizzata in una intelligenza unitaria forma ciò che comunemente si chiama anima, questa deve essere di materia immortale anche nella sua unità eterea e pensante.
L'integrazione delle virtù occulte dell'organismo umano deve permetterci uno stato di lucida coscienza, per guardare in faccia a questo terrorizzante simbolo della disintegrazione delle materie più gravi già sfruttate nel lavorio di una vita. La viltà presente è tutta cristiana — cioè propria del falso cristianesimo che ha rese le masse e i sapienti increduli dell'inferno a base di girarrosti e del paradiso ozioso e vuoto, dove la vita è impossibile perché non vi è amore e non vi è morte, non delirio di piacere, non spasimi di triboli superumani. Gli antichi precristiani dovevano temerla meno questa ora di mutamento in cui si depone una maschera per assumerne una nuova. Oggi, si suicidano i disperati nella follia della non speranza — ieri, si suicidavano allegramente uomini valorosi, filosofi e poeti illustri. Dunque, siamo in decadenza proprio quando si tenta di farci coraggio con le frottole dello spiritismo, per dirci che andiamo a godere una vita più libera per pensiero, per moto, per poteri. Benedetta la santa parola! ne abbiamo bisogno. Dopo aver desiderato un paradiso senza topografia accertata, ci permettiamo blandamente il lusso di credere ad un paradosso: che senza il corpo umano terrestre noi possiamo continuare a pensare, a vivere, a amare, a soffrire, a viaggiare senza velivoli e senza tariffe ferroviarie attraverso mari e continenti... Beati coloro che credono!
Per farsi coraggio, basterebbe pensare che quando l'ora è sonata — cioè che quando il carbone è finito nella perfezionata carcassa che è gran parte di noi stessi — il morire è cosa così semplice che tutte le creature della terra lo fanno senza protestare. Muoiono piante, animali, minerali — muoiono milioni di uomini ogni ora, perché dovremmo aver paura di una cosa che è così facile e che ci annunzia semplicemente il compimento di una legge, l'unica legge eguale per tutti? Io non ne stupisco: vi è in noi imperfetti una occulta, incosciente premonizione che il periodo posteriore al sonno della morte è più temibile della gelida e reumatica vecchiaia? È la paura di una disintegrazione anche del nucleo etereo che si chiama anima immortale? Non risponde la scienza officiale, mal rispondono, e disarmonicamente, le religioni. Ecco la necessità di un credo spiritista.
Integrandosi nei poteri latenti, chi vede in sé, vede nel regno delle ombre. Il grano fruttifica e muore. Il chicco di grano è l'anima che ritenta la resurrezione e, appena la rugiada di un'aurora primaverile bacia la terra in cui è nascosto, germoglia — tutto ritorna così. Ritornano le rose e le viole, ritornano sull'orizzonte gli astri luminosi o scintillanti, ritornano gli uomini che hanno conservata integra la propria unità eterea; si disfano i grani guasti, le rose senza polline, le viole divorate dai bachi e dai coleotteri.

 

XVI.

Il cristiano dice: io credo nella resurrezione dei morti.
Però la chiesa non vi crede che per l'epoca sola del giudizio universale. Vattela a pesca quando verrà questo giudizio vaticinato dalla melanconica pazzia apocalittica! Il volgo, il povero volgo paziente, lavoratore, che paga le tasse e beve il vino di Barletta, deve ignorare la data del giudizio che lo fa ritornare tra i fiammeggianti litri della Enotria Classica — ma non dobbiamo, non devono saperlo coloro che assumono la seccantissima missione di condurre le folle alla conquista della coscienza umana e civile?
Questa scienza integrativa svela alla turba il secreto delle mummie egizie: l'autoformazione della umanità intelligente è un mistero e un arcano pei sacerdoti di una grande setta, non per gli adepti di una scuola. La tua formazione, o vilissimo e orgoglioso verme della terra, homo da humus, è opera graduale delle tue vite. Muori e ritorni se sei il chicco di grano biondo e non bacato, pronto e sensibile alla rugiada della primavera, che è un bacio di amore della natura.
Muori e non ritorni se la tua anima eterea è graveolente come il fango della tua materia corporea.
Nel primo caso ascendi, nel secondo discendi. Angelizzati e diventi angelo in corpo umano. Imbestialisci e ridiventi verme.
La reincarnazione è una legge inesorabile come la morte. Nascono milioni di uomini in un'ora, così come muoiono. Le nuvole si disfano, le stelle, che sono nuclei luminosi, riappaiono sull'orizzonte. Le iniziative sacerdotali preparavano e plasmavano i nuclei eterei umani. La scuola lo tenta oggi. L'integrazione dei poteri è subordinata allo stato di coscienza che aspira alla potestà ammonia. La coscienza del gallo fa ponzare alla gallina l'uovo in cui, in germe, si nasconde la creazione del pollastro perpetuante la specie, che un atto di amore ha suggellato. Questa è fisica, non metafisica — la metafisica è laguna di parole e di spiriti delle parole, è pantano isiaco dove le invenzioni della biologia spirituale creano e danno un corpo alle larve delle psicopatie sofiche. L'universo è dio e dio è legge. Il Grande Architetto dell'Universo è una formula matematica da cui non si esce che per equilibrio di materia cerebrale. L'origine e l'evoluzione della specie, anche nel solo campo della osservazione, dovrebbe esaminarsi attraverso i risultati di questa formula. La sola vanità umana ci ha voluto far credere che la matematica di questo dio massone o muratore non riguardasse noi come esseri pensanti. La vanità dei falsi filosofi ha fatto il resto, leccando le zampe alla vanità dottrinaria del volgo. La storia dei dolori umani prende radice in questa vanità immensa della stirpe orgogliosa, che aspira alla conoscenza dei poteri divini passando di sopra alla barriera della legge assoluta e unica. Il tipo adonico è l'uomo volgare che deifica se stesso oltre e malgrado la legge, che ammira la propria immagine per proiettarla nei cieli al posto di dio: è l'anticristo del cristo figliuolo della legge che, come uomo, sentì la strazio del sangue.

 

XVII.

Morte e rinascita: disfacimento e reincarnazione: mezzo trasmutatorio, l'identico uriele che presiede alle combinazioni della chimica dei laboratori, alla formazione dei cristalli, alla caduta del polline dalle antere, alla pretuberante sovranità del caprone in un gregge di pecore, all'amore degli uomini, alle crisi grandiose degli elementi che distruggono e vivificano.
Ho detto che l'integrazione richiede tutto il vostro equilibrio mentale e corporeo... Cari amici, le mie prime parole vi fecero un po' pietà — ma se non diverrete spietatamente equilibrati, certi problemi integrali positivi, che prescindono da tutte le morbose forme delle passioni terrestri, è impossibile affrontarli. La Morte e la Reincarnazione sono in questo piccolo numero di questioni, che la volgarità dei sentimenti temporali fa ritorcere a beneficio delle piccole deità, di cui è seminato il campo intellettuale e investigativo di ogni creatura umana. La positività degli studi contemporanei su problemi di apparenza più semplice, il sonno fisiologico e gli stati ipnotici per esempio, è scarsa appunto per la obbiettività e non subiettività delle esperienze. Scarse esperienze condite da enormi volumi di vaniloqui mostruosi, appunto perché il misticismo della scienza è un prodotto della vanità e della non neutralità dell'osservatore umano. Poiché per una scuola integrativa ogni problema scientifico deve trovare non il professante la scienza, ma il sacerdote immune dalle correnti vanitose della umanità, che rende sospette le sconfessioni di teorie accettate o volute, o desiderate, o acconciate ai desiderii e alle passioni orgogliose dell'uomo (13).
Volete conoscere il post mortem?e non vi siete mai domandato la sera, andando a letto stanco, se la morte è come quel sonno che voi sapete temporaneo, in modo incerto, perché potreste non risvegliarvi più? E, svegliandovi, per voi è certo che avete vissuto la vita cosciente otto ore innanzi, eppure otto ore sono una lacuna della vostra coscienza di uomo sveglio. Cosi della morte. Rinascendo, sapete voi ciò che avete lasciato prima di rinascere interrotto o compiuto? Perché dell'oblio? E vi siete fatta l'identica domanda la mattina svegliandovi tra le lenzuola del vostro letto? Non è l'oblio nelle otto ore di sonno che vi farà rinnegare la vostra opera umana di otto ore innanzi — come non ricordate vivente ed adulto il giorno in cui avete poppato al turgido seno della vostra mamma, eppure lo sapete che vi avete succhiato latte e vita.
Tra la vanagloria religiosa e il non meno vanaglorioso misticismo di una scienza professata in pubblico e per il pubblico, l'integrazione vostra deve spogliarvi da ogni cointeressenza alla fede delle due forme mistiche e rendervi sottratti ed emancipati dalla autorità ieratica e scolastica per esaminare gli enimmi della vostra storia interiore (14).
La mia non sembri una irriverenza agli spiritisti e agli uomini di valore che preparano le generazioni attuali a stati più civili, ma la porta della magia (magia — sapienza assoluta e relativa), più piccina delle famose 72 dei cabalisti, è questa del metodo della soggettività, senza sforzo immane di preparazioni debilitanti che ci avviano per la via maestra al manicomio della sofia per autorità, con turiboli fumanti incenso a questo o a quel superuomo laureato. Gli spiritisti soprattutto non prendano a gabbo i miei predicozzi, perché io insegno per questa porta a non credere ai medium, alle medianità, alle psicopatie fenomeniche delle comunicazioni di oltre tomba, agli stati patologici e istero-epilettici o epilettoidi di tutti i poveri disgraziati che cadono in trance per far ballare seggiole e tavolini — come insegno a non credere ai dommi di qualunque genere —, a non credere neanche a quel che dico e predico io, se non dopo l'autoesperienza, cioè dopo che il metodo soggettivo di investigazione sia diventato il fondamento del giudizio sereno e concreto. È giovato che siano apparsi Allan Kardec e i suoi seguaci perché si sia arrivati a prendere in considerazione lo studio di speciali organismi produttori di fenomeni fisici come la Paladino, il Miller, il Politi, e tanti altri — forme nevropatiche o patologiche generali che rasentano il campo del meraviglioso — ma la verità è nella investigazione che una scuola prettamente positiva deve compiere in sé e per sé, cioè che ogni discepolo o affratellato deve dirigere, dalla sua coscienza normale, agli stati profondi della volgare incoscienza in cui si rinviene l'archivio delle nostre esistenze passate, prossime, prossimissime e lontane. E il problema della morte e della resurrezione per rinascita va studiato cosi.

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(13) Errat amor coecus, non est arbiter aequus
Nam deforme pecus judicat esse decus;
Quisquis amat ranam, ranam putat esse Dianam,
Quisquis amat cervam, cervam putat esse Minervam
Quisquis amat lenam, lenam fore censet Helenam
Quamvis foedatur, semper placet id, quod amatur.
(14) La purificazione sacerdotale imposta al neofita era appunto questo mondarsi delle coscienze, aspiranti alla luce, di ogni suggestione appresa nel volgo. Le feste Thesmoforie, istituite da Cerere, avevano la preparazione o ritorno all'innocenza, le processioni trasportavano un bambino e un serpente di oro chiusi in una cesta e l'auptosia, o visione della verità, veniva in ultimo con l'apparizione dell'Hierophante svelatore delle cose sacre, vestito come il Demiurgo, il dio moderatore dell'universo, accompagnato dal Sacro messaggero Ermes o Mercurio.

 

XVIII.

Tutti gli uomini sono eguali innanzi alla legge. — Il giudice umano, che applica ai rei le pene sancite dal diritto comune, ha fatto pensare ai balordi che il dio giudice, che è il dio legge, abbia codificate le massime della sapienza intelligente universale, tal quale come Napoleone il codice francese. Di qui tutta una serie di empiriche pratiche di pietà per accattivarsi la benevolenza di questo giudice supremo che mette alla pari innanzi al suo banco di giustizia Torquemada e Michelangelo, e trova premiabile il primo per lo zelo di cristiano e appena condonabile il secondo per aver compiuta la basilica di Pietro. Nel campo profano più ancora: eguali diritti tra una testa di rapa e una intelligenza magistrale; gli errori delle classi nell'insegnamento delle scienze, nella concessione dei titoli accademici, nel riconoscimento di diritti acquisiti. L'uomo non ammette, in massima, che un suo simile possa o debba avere diritti superiori ai suoi e, socialmente, coloro che emergono sullo stesso volgo son colpiti dalla manifestazione multiforme dell'invidia; è una conseguenza logica della tendenza egoarchica di cui tutti i componenti una classe si sentono pieni. Le leggi umane mettono un freno alla violenza che rappresenterebbe la vendetta dei non riusciti contro i pochi arrivati. Il concetto informatore da cui scaturisce questo sentimento è falso — poiché gli uomini non sono eguali tra loro, né per la storia di ciascuna delle tante anime, né per l'anormalità degli organismi terrestri. Innanzi alla Legge Unica, intelligente e meccanica, che è rappresentata dal Dio Universo, siamo eguali nel senso che ogni anima è pesata secondo il suo diritto specifico — e una delle più grandi conquiste moderne della scienza positiva è appunto questo nuovo modo di intendere le inferiorità morali nella delinquenza inferiore, nella quale lo stato morboso è determinato dalla insufficienza delle anime a percepire un mondo morale più alto e più ampio. Il presupposto della non eguaglianza delle anime dà la giustificazione della schiavitù di gruppi umani di fronte a gruppi più avanzati (15).
È un paradosso il mio che giustifica le caste intellettuali?
Non proseguo per tema di essere linciato dai rabagassi della popolarità a base di eguaglianza di diritti e di doveri, delle otto ore di lavoro e del diritto al riposo festivo — e non trascendo, dalla serenità della discussione di una tesi dell'anima integrativa, alla applicazione della teorica assoluta dei valori mentali, ad una riforma sociale impossibile fin che i preti di tutte le religioni laiche o mistiche saranno una piaga necessaria della società volgare, nella cui azione bestiale gli uomini più furbi vanno a racimolare proseliti per comodo della loro temporalità. Riserbiamoci per ora il campo astratto della legge universa di fronte alle anime che evolvono — e mentre non possiamo che predicare la non eguaglianza dei diritti di ciascuno di noi dinanzi al problema della morte, ci mettiamo a cantare l'inno della sovranità delle masse volgari sulle anime evolute per sentimento e per sensualità.

*  *  *

Dalla disuguaglianza animica, la mutabilità del destino.
Il destino plastico dei pagani e degli iniziati oggi, con un barbarismo di moda, si chiama karma. La lettera K non è latina né italiana.
È spiegata la parola in occidente con lavorio di analisi proprio alla psicologia orientale. La sintesi latina faceva del Destino un dio allegorico figliuolo del Caos e della Notte: e nella mente larga e comprensiva del mitologo, dava con due tratti le sembianze alla fatalità di vite e di vicende umane.
Il corollario di un teorema dimostrato è vero se non esce dai limiti della dimostrazione che lo precede. Ogni vita, come ogni avvenimento, ha il suo epilogo inappellabile, perché ogni vita, come ogni avvenimento, è un teorema che si presenta sotto l'aspetto di un romanzo e la vita resurrettiva ne è l'epilogo. La parola in questa nostra esistenza è il fatum inviolabile, non trasgredibile, di ciò che fummo prima. Da forfaris, parlare o pronunziare, fatum è la parola detta che nessun dio ha la potestà di cancellare. L'onnipotenza di ogni qualsiasi nume, di qualunque cielo religioso, è impotente a cancellare il passato. L'avvenire si crea o si modifica; il passato fu ed è, nelle sue conseguenze, ineluttabile. Un dio può farti obliare ciò che hai compiuto, non può modificare o distruggere o fare come non avvenuta l'azione che ieri compisti. La mente occidentale, l'anima latina e greca, comprese lo svolgimento dell'epilogo di una vita vissuta in un carattere determinativo di avvenimenti preparati nel buio di esistenza ignota al presente (16) e determinò il destino come un carattere, un sigillo che nessuno sapeva raschiare e distruggere. Il karma, invece, dal carattere sintetico scende alla disamina della reazione al compiuto, dente per dente, capello per capello, pensiero per pensiero, e non lascia al libero arbitrio un minuto di requie e di pace, fino a che il film, non trovo altra parola, non si svolge completo e pone il saldo alla nota dei debiti(17). È un martirio non augurabile neanche a chi ci ha strozzato un figlio rigoglioso di salute! È un concetto di persecuzione che rassomiglia molto alla eternità della pena nella prima immagine dell'inferno dei teologi. Il pagamento si compie, spasimo per spasimo, sorriso per sorriso, ferita per ferita.
E dove è più l'uomo, il libero uomo che assurge e si purifica e migliora, se ogni volta che paga, una stimmata nuova e profonda si riproduce nella camera oscura e misteriosa dell'anima sua in attesa di ripetere come creditore ciò che oggi ha mostrato di restituire? Modello di orologio a ricarica automatica, questa psicologia non trova comprensione in noi, che della ascensione di noi stessi per volontà efficace facciamo un assioma indiscutibile. Il destino è più largo, più logico, più comprensibile, anche dinanzi al lumicino della ragione volgare che lo traduce con l'atavismo, quando atavismo vuol dire eredità psichica ed eredità degli elementi fisici costituenti il corpo saturniano e grave dell'uomo vivente della eredità generatrice.
Un'anima che si disincarna, per quanto eterea, conserva gli elementi sublimati del suo corpo fisico che lascia, e psichicamente conserva la memoria latente di tutti gli avvenimenti che si sono svolti sotto i suoi sensi corporali. Se un processo reincarnativo è possibile, la sua reincarnazione è determinata dalla maggiore affinità e simpatia dei caratteri psichici e fisici dei genitori putativi che si va a scegliere o che è costretto a scegliersi. I consanguinei sono più certamente i preferiti e, tra i consanguinei, quelli che più psichicamente gli rassomigliano. L'atavismo, eredità psichica e morbosa, vuol dire già una predestinazione del rinato a un fine e ad una evoluzione di vita che ha carattere determinativo. L'atavismo psicologico e costituzionale è già un destino in embrione.
Ma il fanciullo, rinato, è costretto nella morsa della educazione e della imitazione incosciente nei primi anni d'infanzia. All'epoca della pubertà, nelle prime crisi di amore indefinito, il suo essere storico comincia a riaffacciarsi e l'adattamento all'ambiente nuovo diventa totale se per sua natura è passivo di suggestione, o parziale se il suo individuo occulto è ribelle a metà, o non vi è adattamento possibile se l'anima storica di lui è in contraddizione assoluta con i fattori della nuova vita. Il suo destino, nel primo caso, è in gran parte determinato dalla storia e dal carattere atavico; nel secondo, dall'atavismo cosi come ora è inteso e dal ricordo più caratteristico della sua esistenza precedente; nel terzo, dalla personalità occulta che nettamente delinea la vita nuova. È chiaro che, in ognuno dei tre casi, qualche cosa o tutto di ciò che avverrà di lui è ineluttabile: questo è destino, latinamente inteso nella sua semplicità comprensiva.
L'uovo ha il suo destino di mettere fuori un pulcino, se è fecondo. Il briacone di ieri non guarderà oggi il vino come un veleno. L'omicida non sarà un uomo di pace e non tarderà a trovare chi ricorderà la sua ferocia. Se a tutto questo vi contribuisca l'influenza siderale o meteorologica che ha determinato il suo concepimento nell'utero di una donna, o se vi graverà il carattere specifico della climatologia di una o altra regione, è affare che si può discutere e vedere, se le così dette panzane astrologiche hanno o no un valore positivo (18).
Ora il Karma, col cappa, non è niente di tutto questo: è la corda occulta di un orologio vivente automatico di cui il corpo umano segna le ore. Il comando dato ad un sensibile in istato profondo di ipnosi lo obbliga sveglio a mangiare una scodella di lupini: questo comando in via di espletamento è il Karma del soggetto sveglio. Se questo identico caso avviene in un uomo che muore col desiderio intenso di voler mangiare i lupini, alla rinascita costui non desidererà che di mangiarli.

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(15) I fisici sanno che i corpi si riconoscono dal peso specifico, così l'oro, cosi il rame, così il piombo. Mercurio porta in mano il caduceo (cadosh, separato, è sinonimo di santo ed è anche un grado massonico) che è simbolo di libertà e leggerezza — ermes è interprete libero, per la cui fortuna il peso aveva raggiunto la massima attenuazione, e i Greci lo chiamarono anche Psicopompos, dux manium o condottiere delle anime. I Fenici lo chiamarono Cillenio che significa ultima consummatio, la parte più eterea della materia mortale ed immortale.
(16) La Notte, madre del destino, è il dimenticato nell'Ombra.
(17) Se questa non è la definizione teosofica, certo tutti quelli che vi credono me l'hanno tradotta così.
(18) Astrologia nel senso jeratico è la parola dell'ombra o del buio, altro che stelle!

 

XIX.

Così solamente è possibile conservare ancora per l'uomo un tantino di rispetto alla sua libertà psichica; diversamente, l'umanità sarebbe mutata in una società di sonnambuli, che scontano e rifanno colpe in eterno senza via di uscita. Solo in questo modo è possibile una Schola che indichi, ai contemporanei reduci dalle battaglie religiose e investigative della psiche, una porticina terra terra che li introduca nel regno dei misteri delle anime per assurgere ai cieli. Se non hai una relativa libertà di te stesso, non puoi osare, non puoi volere, non puoi tacere: osare, volere e tacere sono tre indici della libertà delle anime.
V'è una scienza ancora occulta in pieno secolo XX, perché è difficile per molti uomini studiosi di mille scienze più o meno positive, di ritornare alla semplicità delle idee semplici. Cosi io desidero, per tutti coloro che tentano di varcare questa soglia del Labirinto, di ridurre tutte le cose alle proporzioni ragionevoli e di non credere alle diatribe e agli arzigogoli dei superuomini che spuntano a tonnellate. Con questo metodo delle idee semplici, bonariamente semplici, intese con semplicità, tutti i misteri religiosi, tutte le mitologie ci sono svelati e il minotauro dell'imbroglio è immolato. Leggete il nome degli dèi mistici, vedetene le origini e ne farete conoscenza intima e li trarrete dalle nuvole delle teogonie fiorite nel campo oggettivo della vostra visione intelligente. Osiride, Iside, Ammone, Horus, Giove (Iupiter cioè Ieovpater), Mizraim, Febo, Moloh, Adonai, Achad, Achac, e poi Maria e poi Cristo figliuolo di Dio, tal quale come i re di Siria che si chiamavano Benachad o Benadad figliuoli del Signore unico Dio... poi Baal, Hecate, Hera, Aserot, Astaroth, Adirdagash... faciem quidem habet mulieris, omne reliquum corpus piscis definit in piscem (19) mulier formosa superne... da cui la rete che i cretesi mettevano in mano all'Iside o per indicare il destino che coinvolge gli uomini o la Luna che governa la produzione del mare — Artemisia mulier futuri presaga.
Poiché, amici miei, i misteri si trovano nelle parole sacre come le rose negli spineti, e per capire, investigare, penetrare il senso occulto delle parole non occorre solo un patrimonio di filologia volgare, ma una certa dose di sale della sapienza ermetica che dà il senso classico dei parlari sacerdotali antichi. Virgo è tradotto vergine e se io dico che la parola latina sacerdotale virgo valeva vir-agens, i maestri di scuola mi salteranno addosso. Vir-agens, l'uomo agitantesi o l'uomo operante, non può avere alcun significato soddisfacente, nuovo, che apra la mente dei grammatici, ma io che lo so, io che so, come voi saprete domani, che l'uomo operante o agente è la forma o il simbolo della magia isiaca, non potrò ribellarmi alle canzonature pedagogiche. Maria è una Vergine: Virgo potens — come Iside, cioè: il tipo dell'uomo che agisce con potenza; la femmina, l'immagine  muliebre  dolcissima  e radiante  è  virgo,  in quanto che determina la potenzialità dell'agente. Il fuoco sacro era mantenuto acceso dalle Vestali vergini — e dovevano conservarsi tali se no il fuoco si spegneva. Rea, la madre comune degli dèi e degli uomini, era una Vergine; Cibele frigia, piena di mammelle come l'Astarte, nel Lazio (20), dà il nome alla mistica Vestale vergine che partorisce i gemelli Romolo e Remo, il binario, ed è sepolta viva perché doveva sparire nella terra vegetante dell'Urbe.
E si potrebbe stampare una biblioteca su questa filologia sacra che nessuno capirebbe, se prima non fosse addottrinato nella pratica dei poteri divini, nell'Olimpo ermetico — e gioverebbe solo a creare dei rompicapi e degli indovinelli per far gridare i critici conservatori della sapienza volgare.
Ma io insisto. Studiare le parole che appartennero alle religioni morte è un bene per chi vi riesce anche a metà. Non bisogna illudersi che oggi si conosca più che gli antichi conoscessero, poiché gli antichi, nella scienza dell'anima umana, furono profondi e sapienti come la scienza delle università moderne non lo sarà per altri secoli. Integrarsi è capire la forza e la virtualità dell'anima propria e dalla conoscenza soggettiva il velo delle religioni simboliche è sollevato. E vi si scoprono tesori che passano inosservati come mucchi di cenci buoni a nient'altro che ad infiorare la poesia dei rari evocatori delle età in ruina.

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(19) Anche i primi cristiani col pesce indicavano il figlio del Padre; Iside Dictinna portava in mano la rete per prendere il pesce. Oculato lettore, vedi un po' se gli apostoli del cristianesimo furono pescatori per caso o a ragion veduta, e che pesci avevano prima del Cristo pescato.
(20) Latium a latendo, tal dissero il cielo nascosto della latinità.

 

XX.

Il piccolo nucleo dei commensali di Villa della Speranza si strinse in amichevoli e fraterne riunioni, e molte piccole e brevi conferenze, senza ordine preconcetto di stabilire con un metodo filosofico i capisaldi di un filosofia scientifica nuova, io tenni, che non saprei ripetere, ma non tutti, se io le ripetessi,  potrebbero intenderle bene senza la conoscenza, vasta o meno,  delle dottrine o pseudodottrine della psicologia e dell'animismo contemporanei.  Intorno  a  noi  cinque,  molti  altri,  fratelli  di una fratellanza intellettuale, si riunirono e il nucleo diventa già una piccola legione di praticanti ed intellettuali assetati di fare, di pensare, di progredire, seguendo un metodo e un indirizzo prettamente tradizionale e magico. Ecco la necessità di pubblicare un libriccino che, per quanto lo consenta l'argomento difficile, in forma piana dica e esponga senza rancori, senza delirio, senza papeggiare e dommatizzare, in che cosa noi differiamo dagli altri — per gli altri sentendo tutto il più profondo rispetto possibile — perché tutte le scuole su questi problemi profondi dell'anima hanno pensatori e scrittori ammirevoli, ricercatori che, pur allontanandosi dalle nostre conclusioni, portano alla scienza,nella sua entità astratta, il loro contributo di investigazione.
In Francia, in Inghilterra, in America, nella nostra stessa Italia ormai si contano a centinaia gli scrittori e gli studiosi di occultismo sotto le forme più diverse, dal misticismo spiritualista alla teosofia, dalle società di psichismo sperimentale alle piccole riunioni di increduli intorno ai medium in istato di produrre fenomeni. In Francia specialmente vi è un rifiorire, nell'ultimo ventennio, di tutta una biblioteca quasi mistica di tante piccole religioni e scuole che hanno reso possibile un libriccino come questo, fra noi che per storia e pratica religiosa siamo un po' i meno entusiasti a crearci le nuove chiese (21). Eppure il tentativo di una scuola prettamente italiana, nel significato del buon senso italico, ci pare possibile ora che tutto il mondo non più guarda come panzane i resoconti delle sedute spiritiche, siano o no spiriti di vivi o di morti quelli che sbrodellano stupefacenti spettacoli. Si capisce pedestremente che roba di tal genere scombussola le anime quiete, aspiranti al quietismo delle idee fatte: basta metter fuori l'annunzio di una commedia per dividere il pubblico tra indulgenti e critici demolitori, figurarsi poi in un'ora come questa in cui una scuola si annunzia, anche piccina e terra terra, se le frombole non si armeranno d'inchiostro e argomenti per seppellirci sotto un cumulo di proiettili più o meno filosofici... Marte ci protegga, ci lascino fare, perché le premesse nostre, se false, ci daranno risultati negativi e dichiareremo fallimento al tribunale dell'opinione psichica, ma ci lascino fare perché, come ho detto, noi siamo tolleranti fino all'inverosimile e speriamo un trattamento approssimativo da tutti coloro che già sono cristallizzati nelle opinioni predicate.
Se domani un signore garbato ci verrà a dire: — Io son convinto che siete dei citrulli perché non credete nella comunicazione dei vivi coi morti — non credete nella immortalità dell'anima — non credete nello sdoppiamento corporeo (ubiquità) del corpo umano... noi risponderemo solo: egregio amico e mecenate, voi non ci avete capito. Noi siamo scuola di razionalismo sul problema spirituale, e non siamo dei mistici. Il nostro credo è esposizione di concrete idee che rispondono ad un metodo generale effettivo. Se ci direte che la comunicazione con gli spiriti dei morti è vera, vi domanderemo se voi, proprio voi, letteralmente voi, avete comunicazioni con gli spiriti senza intermediari di pretesi medi. Voi direte di sì, noi vi crederemo e tenteremo anche noi di comunicare e intenderci con le unità intelligenti che hanno vissuto la nostra vita. Non riuscendoci, diremo: il signor Tale dei Tali ha il preclarissimo dono di entrare in conversazione coi defunti; è una eccezione, come le comete improvvise, ma l'uomo in genere non comunica coi morti — a meno che non si vogliano chiamar tali gli spiriti reincarnati che nella loro coscienza profonda ricordano la personalità antica — e diremo perché non è possibile una vita mentale in assenza di un qualunque corpo più materializzato e organizzato per un movimento di nutrizione e di ricambio — e perché le evocazioni mentali e le proiezioni plastiche delle forme dei defunti, quantunque vere, non provano niente della vita dei disincarnati, e che quando lo spirito di un morto veramente appare, è di già legato ad una vita animale e terrestre, quindi un vero caso di sdoppiamento corporeo di un uomo in vita... diremo tante cose, ma non creeremo una legge né un domma, non diremo: gli spiriti dei morti parlano ordinariamente coi vivi attraverso la mediazione di un sensibile in «trance»... Anzi diremo qualche cosa di più: quando nelle rare volte una seduta spiritica diventa intelligente, cioè manifesta una intelligenza superiore alla normalità del medio e alla massima normale degli assistenti, sono eoni, genii, o demoni che fanno le carte... quindi crediamo nella immortalità dell'anima in quanto si reincarna e nello sdoppiamento corporeo solo in quelli che hanno un secondo corpo (perispirito o corpo lunare) capace di sentirsi per sé separato ed unito ad un corpo animale saturniano.
Non mancheremo di rispetto a nessuno — e tanto meno a chi vorrebbe trasformar noi in mistici, nel senso volgare della parola, e appiopparci una fede nell'incredibile senza ragione scientifica — perché io, che mi sono assunto il grave compito di sintetizzare questi criteri di scuola, insegno e pretendo che fino a prova certa in sé e per sé (cioè nel proprio organismo mentale) nessun ascritto a questa scuola integrativa creda o giuri in assiomi e postulati di assiomi letti sui libri.
Ho detto: non credere alla chiesa che ci dice formati di anima e corpo — non credere agli spiritisti che ci vogliono di un corpo, di un perispirito e di uno spirito — non credere ai teosofi che ci vogliono divisi in sette parti. Ho detto: integra in te la coscienza e i poteri occulti e impara che cosa sei.
Dirò di più: per l'ordine unitario dell'Universo, noi dovremmo e potremmo essere due, tre, sette parti in una unità, se arriveremo nella nostra autocreazione a diventar due, tre, cinque, sette — ma di qui a dire che siamo, che l'uomo è così o così, ci corre, sarebbe lo stesso che dire che tutti i mammiferi hanno le corna solo perché il bue e la capra le hanno.
Quello dello sdoppiamento corporeo non è un assurdo né una cosa che tutti gli uomini possono e debbono ottenere; per ottenerlo bisognerebbe che un secondo corpo sidereo o lunare esistesse per sé bello e formato in tutti gli uomini, e questo non è. Esiste la legge trinitaria, la quaternaria degli elementi, la quinaria dell'elemento spirito, ma ogni cellula, ogni molecola, ogni atomo del corpo umano ne possiede i fattori. Prima che la legge della possibilità diventi un possibile realizzato, cioè un fatto, ci vogliono molte tonnellate di risotto alla milanese per arrivarci. Dicono che le scuole sacerdotali-magiche abbiano avuto o possedessero dei metodi abbreviativi perché questo corpo sidereo si costituisse presto: se io dicessi che conosco questo metodo, dovrei chiederne la protezione all'ufficio delle patenti dello Stato per la privativa, e provarlo... quindi mi limito a sospettare solo che questo mezzo o metodo possa e debba esistere ancora oggi, se gli antichi lo sapevano. In astrale (cioè nel cielo non lucente) tutto ciò che fu è conservato, è evocabile e realizzabile.
Se fu conosciuto il segreto magico, questo segreto deve potersi rievocare, integrare, e sarà merito della scuola che lo realizza.

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(21) In meno di un secolo la Francia ha avuto la Teofilantropia di G.B.Chemin, la chiesa di Ménilmontant col padre Enfantin, la chiesa francese dell'Abate Chatel, Vintras, l'Abate Julio, Boullan e la chiesa gnostica. In Italia appena  appena  degli  eretici  scomunicati  e  del  modernismo.

 

XXI.

Io non ho nessun secondo fine, voglio che molta gente, che rifugge da questi studi come da vaniloqui, si convinca con la pratica che a qualche cosa si approda, specialmente, ripeto come in principio, se italianamente riduciamo le cose alle proporzioni intelligibili e giuste:  né mistici, né increduli.
In secreto non ho che un desiderio: provare che le conquiste possibili di studi e pratiche per integrarsi possono aver riscontro utile in tutte le contingenze della vita e possono seminare e produrre il bene, sotto tutte le forme, a noi e agli altri. In America, la produzione libraria di questo genere va a ruba, perché tutti credono di convertire in dollari le leggi secrete, e gli autori dei libri che promettono di dare il gran secreto per il successo quotidiano  hanno scavato vere miniere.
Ma questa è industria non permessa in Italia, terra di poeti e prosatori, che sanno come il camaleonte e gli scrittori vivano di aria: tanto meno quelli che si occupano di tali cose hanno bisogno di quattrini, perché hanno sempre pronta un po' di polvere di proiezione per mutare le barre di ferro dei giardini pubblici in verghe di oro! La nostra scuola, quindi, se vuole evitare i primi inciampi, non deve chiedere niente che suoni pecunia ed io ogni applicazione delle forze vostre vorrei vedere rivolta solo a risolvere in pratica un problema che non ancora le università del Regno possono proporsi. È possibile rivolgere le forze latenti di un organismo, che si reintegra, alla terapia delle infermità umane? Quella forza, che nelle Eusapie e nei Politi fa comparire fantasmi o suonare un mandolino, può diventare un agente provvidenziale per lenire un dolore? Dove può arrivare il potere taumaturgico che irradia questa forza benefica? può sostituire il medicamento di laboratorio? può coadiuvarlo? può ottenere ciò che nessun farmaco ottiene?
Ecco l'unica serpe che conservavo nel sacco e la metto fuori, aprendo l'ombrello perché una gragnuola di vituperi dei clinici delle università italiche non mi accoppi; e, di sotto lo scudo, spero che la scuola integrale ermetica possa creare o propiziare un tentativo di miracolo senza tempio, pro salute populi.
E vi accenno brevemente.
Dalla integrazione si può ottener tutto, il bene e il male.
È fama però che quelli che si dettero alle buone pratiche non fecero che il bene. È logico. Ottenendo dei progressi, intellettuali e psichici, non si può concepire il male, non si saprebbe praticare il male, il quale è una concezione restrittiva della natura e una fisionomia bassa dell'Universo. Perciò i tradizionali Rosacroce furono praticanti della taumaturgia e taumaturghi furono tutti i grandi iniziati alle scienze sacre. Una scuola d'integrazione non è possibile senza un fine di realizzazione e il fine, un fine di nobile carità civile, è il far convergere le forze occulte, che si integrano in noi, allo scopo di alleviare le sofferenze umane. Alleviare i dolori umani non significa risuscitare i morti e tanto meno far prolungare la vita di un corpo organizzato oltre i limiti consentiti dalla forza vitale di ogni singolo organismo. L'uomo che si avvia alla pratica della scienza deve credere al possibile, non all'illogico: diversamente, diventa non un superuomo ma un soggetto da manicomio. I Rosacroce furono tipi di ermetici cristiani di cui le torbide leggende teutoniche non ci hanno che denaturato il concetto cabalistico. Rosenkrauz ci entra come i cavoli nella pratica della Rosa e della Croce e le frottole empiriche su tali personaggi non ci toccano — tanto meno ci riguardano i mistici che fanno i rosacruciani per stupire il mondo — e meno di meno le interpretazioni dei moderni romanzieri delle scienze occulte.

 

Qui riproduco un simbolo, il Character Adeptorum, che serve da frontespizio ad un libro stampato ad Amsterdam nel 1666 da autore incerto che la sapeva lunga. È il simbolo e la chiave del Rosacroce iniziato, vero ed operante.

porta ermetica

 

IN CRUCE SUB SPHAERA VENIT SAPIENTIA VERA

Riporto il simbolo su cui molti, che posseggono dei rudimenti di lingua latina, vi possono leggere tante cose che, prese diritte e a rovescio, danno la chiave di verità inaudite ai giorni nostri.
Il circolo eterno è una rosa.
È un simbolo, un carattere, null'altro. Ma è la chiave di ciò che facevano i Rosacroce, di ciò che praticavano e del come producevano i miracoli grandi e piccoli de Fharmaco Catolico. Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
Cosi sia anche per la scuola integrale.
Umili al punto di non imporre neanche con le chiacchiere le nostre generose utopie a nessuno, facciamo appello a tutti gli uomini di giudizio retto e di buona intenzione: si chiamino filosofi, professori di università, medici illustri o naturalisti, noi invochiamo la partecipazione di tutti all'opera di questa realizzazione ermetica.
La medicina non è un'industria, è una scienza che prescinde dalle botteghe, e i medici sono o devono sentirsi sacerdoti innanzi al dolore che travaglia un corpo infermo. A questo sacerdote, fatto e preparato nelle scuole esperimentali, manca in mille momenti, mille volte in un giorno, l'anima di sentirsi in possesso di uno spirito vivificante e creatore, eminentemente ermetico, che possa ridare la salute a un organismo che si sfacela. La scienza umana è imperfetta. Dove arriva la clinica, l'esame chimico e microscopico, non arriva il potere terapico:  tante le scuole, tante le imperfezioni. Similia similibus e contraria contrariis sono due vie  che  portano  alla vittoria  quando  la Natura (un  simbolo astratto che sa di paganesimo) est optima medicatrix.  Quando no, le due vie conducono inesorabilmente al camposanto. Dove si combatte il morbo inafferrabile coi processi biochimici insufficienti e non si riesce, si ricorre all'elettricità, alla opoterapia, ai sieri — ma le forme tormentose di certi sfaceli organici, si chiamino tubercolosi,  diabete,  morbo  di  Adison,  malattia  di Brigh, si chiamino semplicemente isterismo ed epilessia...  trovano la terapia impotente. Ho visto un medico illustre morire di cancro e domandare un rimedio ad una strega di campagna. Dunque, io non denigro la scienza e la conquista progressiva della mente umana, e parlo al cuore generoso di quanti medici sanno che l'arte è manchevole anche quando la scienza della cattedra è profonda — e domando il loro ausilio intelligente a partecipare a questo tentativo di psicurgia e taumaturgia rosacruciana o ermetica.
L'uomo ha delle forze in sé che sono terapiche per eccellenza. Sono emesse da noi, nello stato sano, delle invisibili, imponderabili correnti di vita animale che possono in molti casi donare all'organismo dolorante quel tanto di complemento di attività molecolare da determinare una convalescenza. Proviamolo. Mettiamoci al servizio dell'umanità. La scienza dei laboratori se ne impadronirà dopo. È avvenuto così del magnetismo mesmeriano, diventato oggi ipnotismo in terapia. È un mezzo empirico passato alle università e adoperato a fine di bene. Tutti gli altri rimedi, dalla camomilla al chinino e al mercurio, ci son venuti dall'empirismo. Così di queste correnti ermetiche; di queste forze esteriorizzate che il corpo nostro irradia sotto certe impressioni o in certi stati speciali.
È magnetismo lo stesso? è una corrente molecolare di virtù terapica? è una esteriorizzazione atomica di certe elaborazioni periferiche o centrali dell'apparecchio vitale umano? è una emissione amorfa di forza psichica, capace di assumere tutte le forme possibili dei medicamenti elaborati?
Non lo so. Non debbo e non dobbiamo saperlo ora.
È oggi innegabile che degli organismi eccezionali, in condizione di sonno patologico o no, chiamato trance o stato di trance, espellono parte di se stessi, oggettivando dei fenomeni di luce, di calore, di moto. Ora luce, calore, moto sono tre elementi di vita. Io affermo che ho sempre ottenuto dei miracoli dove la terapia comune era insufficiente e dei risultati rapidissimi nei casi opposti. Ho detto miracoli: non si creda che io voglia fare il Dulcamara dell'Elisir d'amore. Io non ho risorto dei cadaveri che puzzavano da tre giorni, come Cristo; non ho ordinato a un paralitico per emorragia interna di vincere una corsa podistica; non ho dato la vista a due orbite vuote... ho fatto delle piccole, piccolissime cose che non hanno diritto di essere chiamate miracoli dal pubblico ansioso di spavalderie, ma che sono veri miracoli, per quanto piccoli, per chi pratica la medicina. È il piccolo tentativo della pila per arrivare all'illuminazione elettrica. È il coperchio che il vapore di una marmitta solleva e che dà l'idea della macchina a vapore.
Ed ero solo. Ora siamo parecchi. Credo per certi miei calcoli, non so se giusti o meno, che se io solo, come unica pila, ho potuto far suonare un campanello, molte pile faranno suonare una campana a stormo. Il circolo magico, di cui presento un'antica figura, doveva essere appunto una serie di focolari psichici che sintetizzavano una mèta a realizzarsi. La nostra scuola farà questo e sulla sua opera disinteressata, generosa, di fratellanza ideale e umana domando la benevolenza di tutti gli sperimentalisti di buona volontà.
La pace sia con noi. Non rubiamo clienti a nessuno. Dove il medico cura, le nostre forze, se tali le nostre elaborazioni psichiche possono chiamarsi, coadiuveranno alla riuscita. Aiuteremo il medico e costui l'ammalato, o coadiuveremo le medicine prescritte, affinché diventino intelligenti al punto di obbedire all'idea e alla buona volontà del terapeuta.
C'è tanta gente che prima non credeva alle forze psichiche o nervose esteriorizzate e oggi vi crede — forse di qui a pochi anni si crederà anche a questo che ora è un paradosso.
I grandi uomini verranno dopo di noi.

 

CONCHIUDO

A S. Remo, nella Villa della Speranza, ho ragionato così: Le idee utili fanno cammino malgrado ogni ostacolo e ogni indifferenza — questa idea nostra, pregna di molto amore, spoglia di ogni boria, che non lede il diritto di nessuno, che porta un contributo sperimentale alla sapienza umana, farà cammino. Dove noi saremo inefficaci e impotenti, verranno le menti più chiare a far meglio. Dice il Filalete, commentando la lettera del Ripley a Enrico IV di Inghilterra: Se le operazioni sono regolari e le premesse vere, il magistero ermetico è raggiunto. È a questo che l'integrazione umana deve mirare. Denudato da tutte le follie e le goffaggini dell'empirismo magico, l'ermetismo, come via di pervenire all'ideale della angelizzazione umana, deve tentare di affermarsi nel campo sperimentale e con un fine di bene indiscusso. La medicina integrale o ermetica compie il prodigio della resurrezione alla ragione illuminata.
Io rido se la gente inetta, scettica per inerzia a pensare, dirà che siamo dei perditempo. Non perderemo neanche un minuto, cammineremo provando, saggiando, correggendoci, indagando, ricercando per servirci di una virtù divina che pari il mondo non conosce, nedum exacte sibi similem. Di essa si servirono Lullo, Avicenna, Paracelso, G.B. Van Helmont, Pico della Mirandola, Borri, Cagliostro. Avremo stavolta maggiore fortuna? Di successo in successo arriveremo a Roma per curare le piaghe dei pellegrini apostolici e, chi sa?, gli occhi a Galileo e le scottature a Giordano Bruno.