Kremmerz e il sacerdozio di hermes
(A cura della redazione)
Ieri leggevo Hermete Trismegisto e mi colpirono queste parole:
«Ricordandoti questi principi, ti ricorderai facilmente delle cose che ti ho esplicato ampliamente e che si trovano riassunte. Ma evita di parlarne alla folla, non perché io voglia impedirle che le conosca, ma non voglio esporti alle sue canzonature».
Dunque il sacerdozio di Ermes non credeva che la folla potesse partecipare serenamente e intelligentemente ai suoi insegnamenti, e allora gli insegnamenti del tempio erano filosofici e scientifici insieme. Per Ermes il popolo non era fatto per intendere la verità di cui avrebbe fatto un’indigestione vomitante beffe.
«Queste lezioni devono avere un piccolo numero di ascoltatori o ben presto non ne avranno più uno. Esse hanno questo di particolare: che spingono i cattivi verso il male... bisogna dunque guardarsi dalla folla... L’umana specie è portata al male, il male è la sua natura e le piace».
Questa volta vuol dire che le verità non sono per la folla e il popolo sovrano è trattato male come un ammasso di malfattori: che differenza dalla concezione della cultura popolare contemporanea!
«Se l’uomo impara che il mondo è creato e tutto si fa secondo la Provvidenza e la Necessità, che la necessità e il destino governano tutto, riuscirà a disprezzare l’insieme delle cose perché sono create, attribuirà il vizio al destino e non si asterrà da alcuna opera malvagia. Bisogna dunque guardarsi dalla folla, perché l’ignoranza la renda cattiva facendole temere l’ignoto».
Da questo spunto si può conoscere la interferenza tra l’antica superstizione sacerdotale teocratica ereditata dalle religioni successive che limitarono la ricerca in ogni campo e il carattere moderno della scuola laica, profana, redentrice della coscienza plebea dalle catene delle antiche cognizioni aforistiche e dogmatiche che sono ancora profondamente ribadite nella coscienza popolare.
Ermes dice a Thot:
«Tutto è sommesso al destino, o figlio mio, e nelle cose corporali niente succede fuor di esso, né bene né male... è fatale che colui che ha fatto male sia punito e agisca in modo da subire la punizione della sua colpa. Tutto è prodotto dalla natura e dal destino e non vi è luogo vuoto di provvidenza. La provvidenza è la ragione libera del Creatore celeste, vi sono due forze spontanee: la necessità e il destino. Il destino è sottomesso alla provvidenza e alla necessità; alla necessità sono sottomessi gli astri. Essi sono gli strumenti del destino e per esso compiono tutto nella natura e nell’umanità».
Dunque la cultura e l’idea critica della direttiva nuova è un parto del destino umano? oppure anche esso è una dominazione della sapienza che s’impone?
Oggi crediamo invece opera altamente civile quella d’indirizzare al popolo un’opera attiva prettamente scientifica, prettamente umana, specificatamente antisuperstiziosa.
Noi vogliamo far capire a voi, lettori di oggi e di domani, che senza l’intercessione di spiriti di morti, il pensiero psichicamente inteso è una forza. Non una forza morale che si converte in materiale quando si fa tradurre dalla parola di un oratore o di uno scrittore, ma una forza e potere in sé e per sé, che agisce sulle cose vicine, sulle più lontane, sulle lontanissime, che vi arriva con mezzi di comunicazione visibili o senza mezzi visibili di comunicazione, come nelle due telegrafie: con fili o senza.
Noi vogliamo concorrere a questa dimostrazione con un’applicazione pratica che entri nella categoria generale dei benefici da dare in copia maggiore al popolo migliorato dalla cultura generale e sottrarlo alla superstizione di qualunque origine: additargli la fonte del bene e del male che è la mente umana e fargli intendere come sia elemento principale in ogni idea civile e di interesse principale per tutti, che la nostra mente si educhi al bene e la volontà diventi buona volontà, attivamente buona.
Voi, o lettori, sappiate che la mano aperta è simbolo di liberalità e di franchezza e ai nostri compagni di studio che la parola accompagnano alla pratica, noi non ci stanchiamo mai di ripetere che, come cittadini, devono essere sempre esempio costante di rettitudine e, come uomini, di solidarietà e altruismo, inteso nel senso classico di carità e amore, nella vita privata e pubblica, onde nella serena concezione della vita, possano trovare l’equilibrio che apra nell’animo la parola di quell’Ermete misterioso e divino che porta la luce e il potere di una buona volontà, attiva nel bene, tollerante della inferiorità morale dei meno evoluti e perpetuamente pronti a soccorrerli col pensiero, l’azione, la parola, senza speranza di un premio anche morale, perché i bambini e gli uomini inferiori sono essenzialmente ingrati.
Queste nostre parole non sono dei predicozzi untuosi fatti per le anime pie; sono pensieri che i discepoli della buona idea devono vivere e praticare; è questa pratica che prelude alla iniziazione dei primi poteri o virtù terapeutiche.
Virtù è un altro dei nomi abusati e denaturati. Virtù proviene da vir, maschio, uomo forte; vis è forza in latino e in greco significa eroe, cioè forte quanto un dio; l’astrazione della forza maschia attiva è virtù, e per dire astrazione voglio indicare una qualità del mentale umano, e ciò è una della potestà di spiritualizzazione dell’uomo e di tutte le cose di origine materiale e inferiore. Le astrazioni, ridotte a parole, essenzialmente rappresentano l’intuizione mentale dello SPIRITO della cosa o azione praticamente bruta. Amore, bellezza, crudeltà, ferocia, libertà, sono spiriti mentali dell’azione di amore, della cosa bella, dell’animale crudele o feroce, della cosa libera, cioè non costretta.
La virtù di fare o pensare o concedere il bene, non è che spirito della mente o anima, attivo e gestante e la sua radice è nel centro o nucleo mentale, o anima o spirito.
Se la fonte in cui lo spirito prende radice vuol diventare VIRTÙ, cioè vuol diventare agente o attiva, efficace e realizzante, deve permutarsi in buona, cioè – nell’intima sua costituzione – permanentemente concepente il bene.
Vedete che io insegno la magia bianchissima e semplice senza misticismo, la magia dell’amore che diventa virtù essenziale. Praticarla è diventar mago... ma bisogna praticarla e sentirla, non farvi su una bella chiacchierata e poi mettere tutto a dormire.
Sciocchi quelli che vogliono tutto ottenere dai circoli magici, dai caratteri geroglifici, dalle formule evocatorie e dagli scongiuri... nonché dalla sola cibazione dei cavoli e delle barbabietole.
Il primo fondamentale strumento magico è il bene o la bontà diventata costituzionale dell’animale uomo.
I nostri misti o novizi sono intenti e invitati a questa preparazione; affinché acquistino o realizzino la VIRTÙ terapeutica e la trasmettano.
Per questo cumulo di ragioni abbiamo pregato tutti i critici di professione di darci il tempo di mutare e preparare gli elementi e non farci abortire per intossicazione al quarto mese. La nostra scuola è pubblica in questa esposizione pratica di dottrina e chi non fa che seguire e praticare i nostri consigli, toccherà con mano che... diamo a mano aperta.
Giuliano Kremmerz