Considerazioni sugli esseri umani
La maggior parte degli uomini sono come i frutti dell’ippocastano: hanno l’aspetto delle castagne vere ma non sono commestibili. (Nel Kural di Tiruvalluvar si dice: “La gente comune ha l’aspetto di esseri umani; non ho mai visto qualcosa di tanto simile all’uomo!”) Moltissimi sono un amalgama di cattiveria e stupidità, tratti che in loro sono difficili da distinguere. L’espressione inglese a dull scoundrel (una stolta canaglia) li designa nel modo più efficace. Goethe, in perfetta sintonia con il suo carattere, mi scrisse sul libro degli ospiti:
“Se vuoi godere di ciò che vali,
devi dar valore al mondo in cui vivi”
Io preferii però pensare con Chamfort: “È meglio lasciare gli uomini come sono piuttosto che prenderli per quello che non sono… Niente è più ricco di un grande se stesso!” Quasi ogni contatto con esseri umani è una contamination, un defilement. Essi sono di tal fatta che più saggio di tutti è colui che durante la sua vita ha avuto a che fare con loro il meno possibile. Secondo Eckermann, Goethe ha deplorato il contrario. Dobbiamo essere in tutto e per tutto convinti, e tenerlo sempre presente, che ci siamo calati in un mondo popolato da esseri moralmente e intellettualmente miserabili di cui non facciamo parte, e di cui perciò dobbiamo evitare in ogni modo la compagnia: ci si deve considerare e comportare come un brahmano tra sudra e paria. I pochi esseri superiori, nella misura in cui lo sono, debbono essere stimati e onorati. Quanto agli altri, siamo nati per insegnare loro, non per stare in loro compagnia. Dobbiamo abituarci a considerarli come una specie a noi estranea, che è soltanto la materia del nostro operare. Sulla loro miseria morale e intellettuale dobbiamo meditare quotidianamente, proponendoci di non averne bisogno e di tenercene lontani. Poiché l’infimo e il peggiore sono pur sempre nostri simili per molti aspetti, fisici e morali, essi cercheranno costantemente di metterli in evidenza, ponendo invece in secondo piano ciò per cui noi siamo migliori. E giacché hanno considerazione soltanto per la forza e il potere, bisogna o renderli innocui o evitarli. A causa dell’invidia propria della natura umana è fatale che coloro che sono ottusi e privi di ingegno nutrano una latente antipatia per coloro che sono mentalmente superiori. La stessa cosa proveranno i malvagi e i reietti per gli onesti e i nobili, sebbene a volte traggano vantaggio e sollievo da questi oggetti del loro latente astio e dunque, temporaneamente, li cerchino. Analogamente coloro che cercano sempre negli altri, ma invano, la stessa nobiltà di sentimento e lo stesso grado di chiarezza dell’intelligenza che posseggono loro, alla fine non possono non cominciare a disprezzarli tacitamente. Da ciò dipende il doppio isolamento di ogni individuo eccelso, del quale il bipede finge di non vedere la superiorità, quando l’abbia notata, con lo stesso istinto con cui un insetto si finge morto – la nasconde a se stesso.
Arthur Schopenhauer